Fisco e contabilità

Milleproroghe, il decreto diventa un omnibus con 355 rinvii

Via libera in Aula al decreto dopo una nuova battaglia sui balneari che però resistono

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Dopo un’altra giornata di battaglia, vana, sul tema eterno dei balneari, l’Aula del Senato ha dato ieri il primo via libera alla conversione del decreto Milleproroghe con 88 voti favorevoli, 63 contrari e tre astensioni. Il testo licenziato ieri da Palazzo Madama è di fatto quello definitivo, perché l’obbligo di conversione entro il 27 febbraio non permetterà alla Camera di introdurre variazioni che comporterebbero una impossibile terza lettura.

Poche le novità dall’Aula, nonostante una ricca discussione. Tra queste va segnalata la nuova proroga, al 31 luglio, della possibilità per le società quotate di svolgere in modalità telematica le assemblee per l’approvazione dei bilanci, seguendo una prassi introdotta con la pandemia.

Gli animi, si diceva, sono invece tornati a riscaldarsi sul nuovo rinvio dei termini per chiudere il quadro delle regole sulle gare delle concessioni balneari. Lo stop and go pomeridiano, con tanto di sospensione della seduta, è stato spiegato dalle opposizioni con un’obiezione arrivata dalla Ragioneria generale dello Stato in termini di coperture finanziarie. Ma l’ipotesi, in effetti strana perché fra i tanti problemi delle gare per le spiagge non c’è quello dell’impatto sui tendenziali di finanza pubblica, è stata seccamente smentita dal ministero dell’Economia.

In ogni caso la proroga, che apre l’ennesimo fronte di discussione con la commissione europea, è rimasta nel testo che ora passa alla ratifica della Camera. Niente da fare nemmeno per un ordine del giorno, presentato sempre dalle opposizioni, che chiedeva un allargamento del tavolo tecnico chiamato a definire i parametri per le procedure selettive.

Sul punto, insomma, il governo non è tornato indietro, come accaduto invece su altri temi. Le regole più severe sulle plusvalenze delle società di calcio sono state presentate dal ministero dell’Economia per essere subito ritirate prima del (rischioso) esame di ammissibilità. E la stessa sorte ha riguardato gli incarichi retribuiti ai pensionati nelle nomine governative ai vertici di enti e istituzioni della Pa centrale, destinati a essere ripescati nel decreto Pnrr ter oggi pomeriggio sul tavolo del consiglio dei ministri. L’ostacolo di Palazzo Madama si è poi rivelato insormontabile anche per proposte più di nicchia come una norma sugli straordinari al ministero del Made in Italy e una proroga dei termini per la gestione dei crediti d’imposta sugli acquisti energetici in agricoltura.

Più plateale la giravolta sull’allungamento biennale, a fine 2025, dei contratti sui diritti Tv del calcio. L’estensione era stata approvata in commissione con parere favorevole del Governo, che però ieri ha poi presentato un emendamento soppressivo (al voto, in polemica, non ha partecipato il senatore Lotito, vicepresidente Fi della commissione Bilancio e patron della Lazio).

A guardare il testo partorito dal Senato, però, l’esame sull’ammissibilità degli emendamenti è stato condotto con un tasso di severità piuttosto altalenante. Il provvedimento è a tutti gli effetti un omnibus, che mette in fila 355 rinvii dei termini a raggio amplissimo, dalle assunzioni e stabilizzazioni nel pubblico impiego ai dehors liberi di bar e ristoranti, dalle rinegoziazioni dei mutui negli enti locali alle decisioni comunali sulla tregua fiscale. «Penso che questo Paese potrà dire di essere diventato più semplice quando supereremo l’emergenza ordinaria dei decreti Milleproroghe», ha commentato ieri Antonio Naddeo, massimo esperto di amministrazione pubblica oggi alla guida dell’Aran.

Ma oltre alle proroghe c’è di più. Dal credito d’imposta per i Policlinici alle pensioni dei medici, dalla sanatoria degli aspiranti presidi ai fondi per le Accademie musicali o le fondazioni, nelle 120 pagine abbondanti del provvedimento c’è di tutto. Tanto è vero che, per la prima volta nella sua storia il Milleproroghe, che per natura non dovrebbe contenere spese, è stato assegnato anche alla commissione Bilancio. Proprio come un omnibus

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