Personale

Legittimo il collocamento in disponibilità del vigile che perde lo «status» di agente di pubblica sicurezza

Il ricorrente era l'unico agente di polizia municipale in servizio presso il piccolo ente

di Gianluca Bertagna e Salvatore Cicala

È legittimo il provvedimento di collocamento in disponibilità, secondo l'articolo 33 del Testo unico sul pubblico impiego, disposto da un'amministrazione comunale nei confronti dell'unico dipendente assegnato al servizio di polizia locale per sopravvenuta perdita della qualifica di «agente di pubblica sicurezza», il cui riconoscimento e revoca sono disposti con provvedimenti prefettizi. Questa la conclusione cui giunge la Corte di cassazione, sezione Lavoro, con sentenza n. 5241/2022.

Il fatto affrontato
Un ente locale, a fronte della perdita della qualifica di agente di pubblica sicurezza dell'unico dipendente assegnato al servizio di polizia locale, ha adottato una delibera di giunta con la quale ha disposto il collocamento del dipendente in disponibilità per esubero, secondo quanto previsto dall'articolo 33 del Dlgs 165/2001. La motivazione a fondamento dell'atto deliberativo risiede nel provvedimento prefettizio di revoca della qualifica di agente di pubblica sicurezza in capo al dipendente, qualifica che ha l'effetto di abilitare alle funzioni pubbliche previste dall'articolo 5 della legge 65/1986 (legge quadro sull'ordinamento della polizia locale) e all'esercizio dei connessi poteri, funzioni che rientrano tra quelle indicate dall'articolo 2, comma 1, lettera a) del Dpcm 174/1994.
Per il dipendente, però, l'atto assunto dall'amministrazione comunale sarebbe illegittimo, in quanto lo status di agente di pubblica sicurezza costituirebbe una prerogativa accessoria ed eventuale rispetto alle funzioni di servizio dell'agente di polizia municipale.
Sia il giudice del lavoro sia la Corte di appello hanno ritenuto di accogliere la posizione dell'ente e il ricorrente ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione
In primo luogo La Cassazione offre una ricostruzione delle norme e degli orientamenti interpretativi della magistratura che regolano lo status di agente di pubblica sicurezza.
Aderendo pienamente alla ricostruzione della corte d'appello, rilevano come nel contesto del piccolo ente, con un solo addetto in un determinato servizio, è rilevante e giustificante il provvedimento adottato il fatto oggettivo del verificarsi di un'eccedenza di personale in relazione alle concrete esigenze funzionali dell'ente, dal momento che mantenere il lavoratore in servizio avrebbe comportato per l'amministrazione o la rinuncia a garantire il servizio di pubblica sicurezza o la necessità di bandire un concorso per l'assunzione di una nuova unità, con ulteriore esborso cui tale amministrazione non poteva essere costretta.
Nello specifico, si legge nella sentenza, la corte territoriale ha, quindi, congruamente valorizzato la circostanza che il ricorrente era l'unico agente di polizia municipale e che l'avvenuta perdita della qualifica di agente di pubblica sicurezza aveva reso la sua prestazione non più consona alle esigenze funzionali del Comune (il quale, per garantire il suddetto servizio ausiliario, connaturato al ruolo di agente di polizia municipale e da questo non separabile, avrebbe dovuto procedere all'assunzione di altra unità).
Nella fattispecie, la funzione ausiliaria di pubblica sicurezza è stata adeguatamente rapportata all'organizzazione; del resto la caratterizzazione di ausiliarietà delle funzioni di pubblica sicurezza non si riferisce alla figura del singolo agente di polizia municipale, ma è legata in via precipua alla funzione in senso generale.
Sulla base del quadro sopra delineato, la Cassazione ha rigettato il ricorso promosso dall'agente di polizia locale.

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