Il CommentoFisco e contabilità

Fondo crediti di dubbia esigibilità, un accantonamento da alleggerire e rendere più coerente

di Francesco Bruno

Nell'articolo «Rischio default per il 61% dei comuni siciliani» apparso su NT+ Enti locali & edilizia del 28 ottobre, viene perfettamente centrato il cuore del problema che provoca l'allarme, ossia la voragine creata dai buchi della mancata riscossione, e sottolineato che la questione supera anche lo stretto di Messina.

In Sicilia, probabilmente, la situazione è più difficile e complessa perché causata anche da una attività di riscossione coattiva affidata ad agente (Riscossione Sicilia Spa) di efficienza non eccelsa, oggi, fortunatamente – per gli effetti che si sperano positivi – assorbito da Agenzia delle entrate-Riscossione. Ma il problema investe anche buona parte dei comuni del meridione, a causa di ritardi nei pagamenti dovuti, spesso, a difficoltà economiche dei contribuenti.

Se le conseguenze negative si sostanziassero soltanto in problemi di cassa per mancata o ritardata riscossione, pur se gravi, l'allarme default non sarebbe così ampio. In realtà è l'obbligo dell'accantonamento, in bilancio e nel rendiconto, di una somma proporzionale ai mancati incassi che rende difficile chiudere i documenti contabili in equilibrio. E le condizioni per la chiusura dei conti nei comuni, a seguito dell'avvio della riforma contabile disciplinata dal Dlgs 118/2011 sono progressivamente peggiorate, come è dimostrato dal numero sempre crescente degli enti che sono in piano di riequilibrio o che lo stanno attivando o che sono in dissesto, per una serie di concause, di cui una delle principali è proprio l'istituto de Fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde).

Gli accantonamenti di risorse sempre crescenti che il sistema ha imposto hanno raggiunto livelli tali che molti comuni non hanno più margini significativi di ridimensionamento della spesa, non presentando più spese discrezionali, se non in misura irrisoria.

La soluzione può non risiedere necessariamente nel temporaneo abbattimento percentuale del FCDE come nei primi anni della sua applicazione. Più ragionevole e definitivo potrà essere l'adeguamento del principio contabile (punto 3.3. dell'allegato 4/2 del Dlgs 118/2011), che prescrive l'accantonamento al fondo in considerazione dell'andamento dei «crediti di dubbia esigibilità" negli ultimi cinque esercizi precedenti».

Non può, infatti, disconoscersi che una ritardata riscossione di crediti, a causa di tardive bollettazioni o di fisiologici ritardi nei versamenti da parte dei contribuenti, non qualifica necessariamente come «di dubbia esigibilità» i crediti stessi; con la conseguenza che i crediti saranno incassati, in buona parte, nell'esercizio successivo o, al massimo, nel corso del secondo esercizio successivo, senza necessità di alcuna azione di recupero, e che soltanto dopo potrà attestarsene effettivamente la «dubbia esigibilità».

Sarebbe anche più aderente alla ratio dell'Fcde l'accantonamento rapportato ai crediti per i quali si rende veramente necessaria una riscossione coattiva, rendendo il fondo più coerente alla reale consistenza dei «crediti di dubbia esigibilità».

Sarebbe forse un attentato al moloc dei principi contabili modificare il testo che regolamenta il Fcde disponendo che il calcolo del fondo va operato «in base alla natura e all'andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti il penultimo rendiconto approvato o i cui termini di approvazione sono scaduti», anziché «negli ultimi cinque esercizi precedenti»? Considerando nel rapporto accertamenti/riscossioni, relativo al bilancio di previsione, anche le riscossioni in conto residui.

Di certo, con tale aggiustamento, sarebbero più contenute le rese negative sul risultato di amministrazione, in sede di rendiconto, e si ridurrebbero gli effetti dell'accantonamento sui bilanci, liberando risorse per i servizi essenziali.

Non appare un problema insuperabile prevederne gli effetti non stravolgenti sull'indebitamento netto e compensarli in sede di legge di bilancio.