Progettazione

Edifici intelligenti/1. Luca Baldin (Smart building): In Italia norme disapplicate

di Mila Fiordalisi

Quanti sono gli edifici in Italia predisposti ad accogliere le infrastrutture in banda ultralarga? E - soprattutto - quanti sono quelli in regola con la norma (art. 135-bis del testo unico edilizia) che dal primo luglio 2005 obbliga alla realizzazione di cavidotti e sistemi ad hoc nei nuovi edifici e in quelli protagonisti di importanti opere di riqualificazione? La filiera delle costruzioni è adeguatamente formata? E quali categorie della filiera sono salite sul treno del cosiddetto edificio in rete?
Questi i temi all'ordine del giorno del roadshow 2017 che la "piattaforma" Smart Building Italia si prepara ad avviare a partire da Napoli il 27 aprile per poi fare tappa a Milano (19 maggio), Bari (21 settembre) e Torino (12 ottobre) e approdare il 15 novembre al Smart Building Expo, il primo evento nazionale interamente dedicato agli edifici "intelligenti". Il viaggio, alla sua seconda edizione, mira a sensibilizzare i protagonisti del comparto, anche e soprattutto perché allo stato dei fatti il "bilancio" - a quasi due anni dall'entrata in vigore della norma - si presenta tutt'altro che positivo. «Ci risulta che in Italia sono numerosi gli edifici che non sono stati adeguati, e ci sono ancora pubbliche amministrazioni che rilasciano le autorizzazioni a costruire senza pretendere l'allegato sull'impianto multiservizio necessario per il rispetto delle nuove norme», spiega al nostro giornale Luca Baldin, project manager di Smart Building Italia.

Baldin, quanti sono gli edifici coinvolti dalle nuove norme?
Da nostre stime siamo intorno ai 200mila edifici. Bisogna tener conto però che sul mercato ci sono tutta una serie di edifici per i quali le autorizzazioni sono state concesse prima di luglio 2015 ma che non sono ancora stati portati a termine. Il rischio, per questi edifici, è che siano formalmente a norma ma sostanzialmente obsoleti da un punto di vista dell'equipaggiamento impiantistico.

Come mai non esiste una mappa aggiornata?
Bisognerebbe interpellare i singoli Comuni per capire cosa sta succedendo. Una soluzione potrebbe arrivare dal coinvolgimento dell'Istat: nel censimento immobiliare andrebbe inserito un formulario ad hoc che consenta ai Comuni di certificare per quanti nuovi edifici sia stato rilasciato l'attestato relativo alla realizzazione dell'impianto multiservizio. In questo modo si avrebbe un quadro numerico preciso.

Quali sono le motivazioni alla base della mancata applicazione della norma? Ci sono problemi di costi?
Di sicuro non sono i costi a fare la differenza. Predisporre un edifico alla ricezione di impianti adeguati costa attorno a poche migliaia di euro, deducibile peraltro nell'ambito delle opere di ristruttrazione soggette a incentivi fiscali. Molti degli interventi possono essere effettuati anche semplicemente nel caso di un rifacimento di facciata, realizzando le sottotracce adeguate. Ma si può intervenire anche nel caso di rifacimenti del vano scale. Il cavo multifibra è più sottile del tradizionale cavo coassiale presente oggi in tutte le strutture, quindi spesso le canaline esistenti si possono prestare per accogliere i nuovi impianti. I costi dunque sono davvero contenuti. Il problema vero è però rappresentato dalla mancata conoscenza della norma, su cui non è stata fatta un'adeguata campagna informativa, e dalle scarse competenze in particolare di progettisti e costruttori. C'è poi un ulteriore elemento da considerare: il mancato rispetto della norma non prevede sanzione, e ciò non contribuisce a passare all'azione. Vero è però che i nodi verranno comunque al pettine prima o poi.

Cioè?
Intanto nel caso di vendita di un immobile la norma prevede che sia necessario fornire l'attestato della presenza dell'impianto. Esattamente come avviene per la certificazione energetica, con la differenza però che quest'ultima può essere prodotta in poco tempo mentre per ottenere l'attestato dell'impianto multiservizio è necessario che questo sia realizzato. Interventi ex post inciderebbero e non poco sui tempi delle operazioni di vendita. Non da sottovalutare poi la questione contenziosi: se il Comune fornisce il via libera senza pretendere l'attestato chi risponde in caso di mancata realizzazione dell'impianto? Il costruttore potrebbe rifarsi sulla pubblica amministrazione "colpevole" di aver autorizzato la costruzione e a catena il proprietario dell'immobile potrebbe imputare al costruttore la mancata realizzazione dell'impianto. Una situazione, insomma, che rischia di sfuggire di mano.

I bandi Infratel per la banda ultralarga negli edifici localizzati nelle cosiddette aree bianche (a fallimento di mercato) possono dare impulso alla realizzazione dei nuovi impianti?
In teoria sì, ma i bandi prevedono di portare i cavi alla base dell'edificio e non la realizzazione delle restanti opere.

Quante sono sul mercato italiano aziende che forniscono chiavi in mano l'impianto?
Ce ne sono molte, fra le più note Fracarro, Faip e Fibernet. Ma anche attori della domotica come Btcino e Gewiss si sono attrezzati per questa tipologia di opere. Insomma, la norma c'è, c'è la guida Cei 306/22 che identifica la tecnologia da utilizzare (fibra ottica), quel che manca è la sensibilità delle categorie interessate.

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