Amministratori

Codice antimafia in «stand by»

Si fa più incerto il destino del nuovo Codice antimafia, con i suoi 36 articoli che estendono le misure di prevenzione personali e patrimoniali, ampliano il ricorso all’amministrazione giudiziaria potenziando le incompatibilità degli amministratori, puntano a favorire la ripresa delle aziende sequestrate e rafforzano composizione e competenze dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati. Pesa la netta opposizione del centrodestra, Forza Italia in testa, ma anche qualche tentennamento nel Pd. Con il presidente Matteo Orfini che con un tweet sembra riaprire i giochi: «Le sollecitazioni di Cantone sul Codice antimafia meritano di essere approfondite. Lo faremo appena il testo tornerà alla Camera».

I lavori in Parlamento
Parole che da un lato aprono la strada al via libera finale in Senato, slittato a oggi dopo la bagarre ieri in Aula del centrodestra, Forza Italia in testa, che ha prima cercato in ogni modo di far tornare il testo in commissione (richiesta respinta dal presidente Pietro Grasso) e poi ha di fatto battuto la maggioranza sul calendario dei lavori deciso dalla Conferenza dei capigruppo. Ma le stesse parole, dall’altro lato, mettono un’ipoteca pesante sul Ddl, bloccato nelle secche di Palazzo Madama da novembre 2015, quando fu licenziato dalla Camera. Perché modificare il disegno di legge a Montecitorio non era nei patti (nelle diverse riunioni di maggioranza dei giorni scorsi l’accordo era quello di blindare il testo per vararlo in tempi rapidissimi) e rischia di far finire l’articolato su un binario morto.

La perplessità
Il fatto è che le perplessità di Raffaele Cantone, seguite da quelle di altri giuristi come Giovanni Maria Flick e Carlo Nordio, del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e di Luciano Violante, hanno fatto breccia tra i democratici più scettici. Il presidente dell’Anac ha ribadito ancora ieri i suoi dubbi non sul complesso della riforma, ma sull’articolo 1, che allarga le misure di prevenzione agli indiziati di truffa aggravata ai danni dello Stato o di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la Pa, dalla corruzione alla concussione. Sulla stessa norma, corretta la settimana scorsa per restringerne le maglie e invisa a Fi e alla Lega, si è però espresso favorevolmente il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.

Sintetizza il senatore Gaetano Quagliariello (Fl-Idea): «Il Codice ha messo d’accordo garantisti e giustizialisti nel dire che questo provvedimento è sbagliato e non va bene». Ma il relatore alla Camera Davide Mattiello (Pd) non nasconde l’amarezza: «Bisogna rassicurare i critici sulla ragionevolezza dei presupposti per l’estensione del sistema di prevenzione: non c’è soltanto l’elemento soggettivo, ma anche quello oggettivo. E occorre ricordare il miglioramento dell’intera procedura di sequestro e confisca, che rappresenta i due terzi della riforma: tempi certi, difesa dei diritti dei terzi creditori, distrettualizzazione del giudicante».

L’approvazione
Per il “sì” finale, il Pd conta in Senato sull’appoggio dei bersaniani di Mdp e degli alfaniani di Alternativa popolare, sponda del centrodestra nella maggioranza e protagonisti della mediazione sulla confisca allargata ai corrotti. Però gli stessi centristi gradirebbero volentieri un rinvio per evitare bracci di ferro su provvedimenti scomodi (compreso lo ius soli), come ha dimostrato ieri la richiesta della capogruppo Laura Bianconi di fissare una nuova capigruppo per rivedere il calendario «con animo più sereno». Molto simile alla «pausa di riflessione» invocata dalla Lega.

Intanto l’Unione delle camere penali è già sul piede di guerra: ha proclamato l’astensione dalle udienze e una manifestazione nazionale a Salerno per il 18 luglio, convinta che la riforma «certamente contribuirà ad abbassare in maniera consistente lo standard delle garanzie e a collocare l’Italia al di fuori dei parametri indicati dalla giurisprudenza Cedu». Dura la reazione della Cgil, che con Libera e altre associazioni sostiene il Ddl: «Il vero obiettivo è uccidere alla radice il sistema delle misure di prevenzione».

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