di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

Il 16 giugno è in scadenza il pagamento della prima rata dell'Imu 2022, con molte conferme e poche novità rispetto allo scorso anno.

Come di consueto, il pagamento della prima rata deve avvenire calcolando il tributo sulla base delle aliquote e delle detrazioni deliberate ed efficaci nell'anno precedente (2021) (vale a dire quelle le cui deliberazioni sono state approvate entro il termine di approvazione del bilancio di previsione e che risultano correttamente inviate per la pubblicazione al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 14 ottobre 2021 e conseguentemente pubblicate nell'apposito sito entro il 28 ottobre 2021).

Le aliquote che il Comune delibera per l'anno 2022 dovranno essere utilizzate solo in sede di calcolo della seconda rata, a dicembre, allorquando si provvederà al conguaglio rispetto a quanto già pagato a giugno (articolo 1, comma 762, legge 160/2019). Peraltro, il Comune può deliberare le aliquote per l'anno 2022 entro il prossimo 30 giugno, vista la recente proroga della scadenza del bilancio alla medesima data (Dm 31 maggio 2022). Nel caso in cui il Comune abbia già approvato il bilancio e deliberi successivamente (o modifichi) le aliquote Imu per il 2022 (sempre entro il 30 giugno), non dovrà riapprovare l'intero bilancio, ma sarà sufficiente adeguare le relative previsioni nello stesso contenute in occasione della prima variazione di bilancio utile (articolo 13, comma 5-bis, Dl 4/2022). Ancora nel 2022 i Comuni potranno differenziare le aliquote in forma libera (sempre nel rispetto dei parametri di legge e dei classici limiti dell'azione amministrativa, quali l'arbitrarietà e la ingiustificata discriminazione). Non è infatti ancora stato emanato il Dm che dovrebbe stabilire le modalità di differenziazione delle aliquote, previsto dall'articolo 1, comma 756, della legge 160/2019.

Nel caso di mancata deliberazione entro il 30 giugno si intendono confermate tacitamente le aliquote e le detrazioni valide ed efficaci per l'anno precedente. Ciò vale anche per la ex maggiorazione Tasi, vale a dire la facoltà concessa ai Comuni, che hanno applicato lo sforamento del limite massimo delle aliquote Imu e Tasi senza soluzione di continuità dal 2014, di mantenere questa maggiorazione anche per il 2022 e gli anni successivi (o al limite di ridurla ma non di aumentarla). Come chiarito dal ministero dell'Economia e delle Finanze con la Rm 8/df/2021.

A decorrere dal 2022 tornano esenti dall'Imu i cosiddetti "immobili merce", vale a dire i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga questa destinazione e non siano in ogni caso locati (articolo 1, comma 751, legge 160/2019). Questi immobili, dopo essere stati esentati dall'Imu sin dal luglio 2013, ma soggetti alla Tasi dal 2014 al 2019, sono tornati soggetti a Imu nel biennio 2020-2021, in seguito all'abolizione della Tasi, seppure con una aliquota massima dello 0,2 per cento. La norma del comma 751 ha ripreso infatti l'esenzione decorrente dal 2022, prevista, in materia di Tasi, dall'articolo 7-bis del Dl 34/2019, senza tuttavia stanziare, a differenza della norma del 2019, alcun trasferimento compensativo del minor gettito in favore dei Comuni. La giurisprudenza della Cassazione ha più volte ribadito, con riferimento al periodo ante 2020, che l'esenzione spettava solo a condizione che il contribuente avesse presentato la dichiarazione Imu nei termini di legge (articolo 2, coma 5-bis, Dl 102/2013), tenuto conto della natura decadenziale che la legge attribuiva all'adempimento dichiarativo. In vigenza della nuova disciplina dettata dalla legge 160/2019, invece, pur riscontrandosi l'esplicito obbligo dichiarativo in capo al contribuente che vuole fruire dell'esenzione (articolo 1, comma 769, legge 160/2019), non è più stabilito che la sua omissione determini la decadenza dall'agevolazione.

Altra novità di rilevo che dovrà essere considerata in sede di prima rata è la norma dell'articolo 5-decies del Dl 146/2021, la quale ha stabilito che, dal 2022, anche nel caso in cui il nucleo familiare del contribuente abbia residenze anagrafiche o dimore separate, ubicate in immobili siti in Comuni diversi, l'agevolazione prevista per l'abitazione principale compete sempre ad uno di essi. Innovando rispetto alla precedente disciplina che, secondo la rigorosa interpretazione fornita dalla Cassazione, precludeva l'accesso al beneficio a entrambi gli immobili di residenza dei coniugi nel caso di residenze anagrafiche separate in Comuni diversi. In attesa della decisione della Corte costituzionale in merito alla legittimità costituzionale della norma previgente.

Inoltre, nel 2022, sale dal 50 per cento al 62,5 per cento la misura della riduzione d'imposta prevista in favore dell'unità immobiliare a uso abitativo, non locata o data in comodato d'uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l'Italia, residenti in uno Stato di assicurazione diverso dall'Italia (articolo 1, comma 743, legge 234/2021).

(*) Vice-presidente Anutel

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