Amministratori

Enti locali, il Consiglio di Stato «ridimensiona» i pareri legali

La giunta non può "scavalcare" gli uffici amministrativi del Comune

di Pietro Verna

La giunta comunale non può "scavalcare" gli uffici amministrativi del Comune e decidere sulla mera base di un parere legale, altrimenti si creerebbe «una sorta di amministrazione parallela» e verrebbe meno il «fisiologico legame che deve sussistere fra gli organi tecnici e quelli di governo dell'amministrazione». Lo ha stabilito il Consiglio di Stato (sentenza n. 4285/2023) che ha riformato la pronuncia con la quale il Tar Veneto, pronunciandosi sull'applicazione dell'articolo 6 della legge regionale n. 11 del 2004, che consente agli enti locali di «concludere accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti ed iniziative di rilevante interesse pubblico», aveva respinto il ricorso contro la delibera con la quale la giunta comunale di Verona, facendo proprio il parere di un legale, aveva deciso di non approvare un piano urbanistico attuativo (Pua) su cui gli uffici tecnici comunali si erano espressi favorevolmente in sede di conferenza di servizi istruttoria.

La pronuncia di Palazzo Spada
I difensori dell'ente locale avevano richiamato l'orientamento secondo cui «l'approvazione del piano attuativo di iniziativa privata non è un atto dovuto […] dato che il Comune non si limita a svolgere un semplice riscontro della conformità del piano allo strumento generale […] e pertanto può negare l'approvazione del piano attuativo facendo riferimento a ragioni interne al medesimo quali possono essere i temi dell'organizzazione urbanistica, viabilistica o architettonica dell'intervento» (ex pluribus, Consiglio di Stato, Sezione IV; sentenza 12 marzo 2013 n. 1479; sentenza 19 settembre 2012 n. 4977; Tar Puglia, Bari, sentenza 12 marzo 2015 n. 403). Mentre i proprietari dei terreni ricadenti nel piano urbanistico avevano sostenuto che la deliberazione di giunta che aveva disposto la restituzione del piano sarebbe stata illegittima per l'assenza di «una motivazione sufficientemente approfondita in relazione all'ampia ed accurata istruttoria che era stata svolta dagli uffici tecnici» e per il fatto che il parere legale era stato reso anche su profili attinenti merito del piano («eccessiva riduzione della superficie destinata alla realizzazione della zona sportiva») e su aspetti tecnici come la «modifica di alcune norme dello schema di convenzione riguardanti il collegamento tra opere di urbanizzazione, permessi di costruire e certificati di agibilità» e la «previsione nell'ambito [di] un edificio destinato a bar-ristorante, non previsto dal Repertorio normativo e dall'accordo di pianificazione». Tesi che ha colto nel segno. Il Consiglio di Stato ha affermato che la conferenza istruttoria, prevista e definita dall'articolo 14, comma 1, della legge 241/1990, pur non avendo una valenza decisoria, al pari della conferenza di cui al comma 2 del medesimo articolo, «costituisce il "luogo" individuato dall'ordinamento per effettuare l'esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo o in più procedimenti amministrativi». Motivo per il quale la giunta comunale, piuttosto che negare l'approvazione del Pua, avrebbe dovuto riaprire la conferenza istruttoria, in quanto gli uffici tecnici avevano attestato la conformità del Pua «alle norme e agli strumenti urbanistici vigenti» ed esaminato «tutti gli aspetti del progetto con riferimento alla sua incidenza sul territorio e all'organizzazione dei servizi pubblici». Da qui il principio affermato dall'Alto Collegio: «risulta violare la corretta dinamica del procedimento amministrativo quella decisione che esterna valutazioni di opportunità e di legittimità mediante l'integrale e non motivato recepimento di un parere legale […] senza investire nuovamente gli organi tecnici dell'amministrazione sui profili di ritenuta incompatibilità del progetto presentato con la pianificazione sovraordinata e sugli altri profili di illegittimità riscontrati dal parere, aventi carattere eminentemente tecnico [e] di opportunità».

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