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Def Infrastrutture: Giovannini «ancora 70 miliardi da fondi Ue e legge di bilancio»

Il ministro delle Infrastrutture ha illustrato l'allegato al Def: invito al governo a completare il lavoro con la finanziaria e alle regioni a non disperdere le risorse europee e quelle del Fsc

di Giorgio Santilli

I 70 miliardi che mancano per completare il piano infrastrutture "oltre il Pnrr" dovranno arrivare dalla legge di bilancio, dal Fondo sviluppo coesione (Fsc) e dalla ripartizione dei fondi strutturali Ue 2021-2027. Lo ha detto ieri il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, illustrando l'allegato Infrastrutture al Def (anticipato dal Sole 24 Ore il 6 maggio scorso) che pianifica gli investimenti nella mobilità (ma ci sono anche quelli per il settore idrico e per la rigenerazione urbana) andando oltre l'arco temporale del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si apre così la partita dei nuovi fondi europei, che sarà una partita fra governo e regioni: Giovannini intende giocarla per lasciare una pianificazione nazionale il più possibile unitaria, definitiva e stabile dei 298,5 miliardi di investimenti indicati dal Def come fabbisogno complessivo al 2036 (279,4 per la mobilità, 12,4 per l'acqua e 6,7 per l'edilizia sostenibile). Molto si è già fatto.

«Sono stati già ripartiti - ha spiegato Giovannini - 218,9 miliardi di risorse, mentre il fabbisogno residuo è di 75,9 miliardi, di cui 70 per gli investimenti nella mobilità». Il ministro cita ad esempio il buon lavoro fatto con le Regioni per la prima ripartizione da 5 miliardi del Fsc: risorse concordate per completare il quadro dei finanziamenti in un quadro nazionale. Un lavoro del genere andrebbe fatto anche per i fondi strutturali Ue, per cui è attesa a giorni la fima dell'accordo di partenariato. La novità di questa tornata è il divieto assoluto di finanziare infrastrutture nel Centro-Nord. Ma il Sud è, più in generale, la priorità assoluta. «Il 55% dei fondi andranno al Mezzogiorno», dice Giovannini, che erge la Strada statale 106 Jonica a nuova opera simbolo del riscatto meridionale. Poi lo conferma quando dice che al centro della strategia ci sono quattro fondamentali: «la transizione ecologica-digitale anche delle infrastrutture, la competitività delle imprese, la sicurezza e il benessere» ma soprattutto «la riduzione delle disuguaglianze tra Nord e Sud e tra città e aree interne».

Dei grafici e delle tabelle presentate da Giovanni ce n'è uno che racconta in modo immediato le ambizioni del ministro e i nodi fondamentali da sciogliere per centrare gli obiettivi (è pubblicato in alto in pagina). L'ambizione è proprio nel quadro temporale di riferimento che si estende fino al 2036, addirittura un decennio dopo la fine del Pnrr per dare «continuità». Le difficoltà stanno tutte in quella caduta di spesa annuale al 2027, da 15 miliardi a meno di 6, che permane nonostante il lavoro di Giovannini sia cominciato già da tempo, in particolare con il Fondo complementare nazionale. Non si parte da zero, certo, ma c'è ancora da fare un bel po' di strada. Il ministro ne è consapevole e per questo lancia per tempo il segnale a tutti: al governo, che comunque con la fine dell'anno completerà sostanzialmente la propria azione, e alle regioni che potranno collaborare per riempire - con i fondi destinati da Bruxelles - lo spazio bianco sopra le canne dell'istogramma.

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