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La Pa si prepara a passare al nuovo ecosistema digitale

Il Pnrr garantirà le risorse economiche: in campo quattro datacenter per portare i benefici della «nuvola»

di Gianni Rusconi

Ogni processo di allocazione e gestione di ingenti quantità di dati in ambienti cloud mette in gioco il tema della sovranità digitale nella sua accezione più diffusa, vale a dire l’indipendenza tecnologica e il pieno controllo dei dati.

È su queste basi, e per rispondere a questa specifica sfida, che il Dipartimento per la trasformazione digitale e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale hanno lanciato a inizio 2022 la Strategia Cloud Italia, il cui fine ultimo è quello di assicurare una maggiore resilienza (e quindi sicurezza) dei servizi digitali utilizzati da cittadini e imprese.

La sovranità digitale è considerata, a ragione, un aspetto di grande rilevanza per il futuro dell’Europa e in questa direzione si muovono progetti come Gaia-X, che incoraggia l’autonomia del Vecchio Continente in materia di dati e infrastrutture cloud quale tassello indispensabile (nella visione dei vertici Ue) per assicurare alla macchina pubblica, alle organizzazioni territoriali e alle imprese private un paniere di soluzioni su cui fare completo affidamento per affrontare la trasformazione digitale. Il cloud sovrano è per l’appunto uno degli strumenti per dare sostanza a questa nuovo assetto strategico per la gestione delle infrastrutture e delle piattaforme su cui si basano applicazioni e servizi impiegati da milioni e milioni di utenti. L’ecosistema digitale europeo, sotto questo punto di vista, vive una fase di grande sviluppo e lo provano le diverse iniziative avviate per la transizione al cloud anche a livello di pubblica amministrazione. L’Associazione Cloud infrastructure services providers in Europe (Cispe), per esempio, ha l’obiettivo di definire gli standard ai quali i fornitori di servizi IaaS (Infrastructure as a service) devono attenersi per modulare le rispettive offerte e per garantire alle aziende loro clienti un trattamento dei dati conforme al Gdpr, il regolamento europeo sulla protezione dei dati.

Non mancano quindi le iniziative a livello di singoli Paesi, e nel nostro caso è proprio la Strategia Cloud Italia ad aver stabilito che dati e servizi digitali della Pa debbano migrare nella nuvola. Gli strumenti per portare a termine questo progetto sono definiti, il Pnrr garantirà tutte le risorse economiche necessarie e l’infrastruttura hardware che costituisce l’architrave di questo progetto è già operativa dallo scorso dicembre con i quattro nuovi datacenter (due nel Lazio e due in Lombardia) a cui è affidato il compito di portare i benefici del cloud agli enti della pubblica amministrazione sotto forma di maggiore scalabilità, interoperabilità e resilienza. La scommessa da vincere è nota e si chiama razionalizzazione: migliaia di piccoli data center dovranno essere dismessi e fatti convergere nei quattro grandi siti per ottenere un risparmio importante sui conti di gestione delle infrastrutture e sulle spese energetiche. Il viaggio verso il cloud nazionale e sovrano è dunque iniziato, passa dalla classificazione dei dati disponibili e dalla validazione dei servizi sui quali saranno appoggiate tutte le operazioni e la priorità rimane quella di garantire livelli di sicurezza adeguati a tutte le applicazioni e a tutti i dataset della Pa. La migrazione richiederà anni, ma è indubbio che si tratti di un passaggio chiave per il processo di innovazione digitale del sistema Paese: nel cloud andranno i dati e i sistemi informativi di Inps e Inail, di Regioni e aziende sanitarie, oltre che dei comuni con più di 250mila abitanti. Facile capire perché sia una sfida da vincere a tutti i costi.

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