Fisco e contabilità

Imposta di soggiorno, l'alt al peculato non elimina gli oneri del gestore come agente contabile

Il contrasto degli orientamenti genera incertezza per gestori e Comuni sugli adempimenti da effettuare

di Giuseppe Debenedetto

La sentenza 9213/2022 della Cassazione ha chiarito che i gestori delle strutture ricettive non rispondono più del reato di peculato in caso di mancato riversamento ai Comuni dell’imposta di soggiorno incassata dai propri clienti, anche per fatti precedenti al 19 maggio 2020 (si veda l’articolo «Imposta di soggiorno, per i gestori cade il reato di peculato con effetto retroattivo»).

Il cambio di orientamento giurisprudenziale è dovuto alle modifiche intervenute in sede di conversione in legge del Dl 146/2021, che con una norma interpretativa (avente quindi efficacia retroattiva) stabilisce che il gestore della struttura ricettiva deve qualificarsi responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno anche per il periodo precedente al 19 maggio 2020, data di entrata in vigore delle modifiche apportate dal Dl 34/2020 (articolo 5-quinquies legge 215/2021).

Venuta meno l’ipotesi di peculato anche con effetto retroattivo, resta però da capire se i gestori delle strutture ricettive devono continuare ad essere qualificati agenti contabili. La questione non è puramente teorica ma ha risvolti concreti rilevanti, perché si tratta di stabilire se gli albergatori sono obbligati a presentare il conto giudiziale (modello 21) e se, conseguentemente, i Comuni devono procedere alla parifica degli stessi e all’invio alla Corte dei conti.

L’orientamento della Cassazione emerso dopo il Dl 34/2020 sembra propendere per l’esclusione, in capo al gestore, della qualifica di agente contabile, essendo venuta meno la funzione di incaricato di pubblico servizio della riscossione dell’imposta o di custode del denaro pubblico incassato per conto del Comune, restando il gestore obbligato solo in via solidale al versamento dell’imposta di soggiorno (Cassazione VI Sezione Penale n. 19680/2021, n. 23904/2021, n. 33568/2021).

Tuttavia sulla questione è sorto un contrasto tra le diverse sezioni regionali della Corte dei conti, che finiscono per esprimere tre posizioni divergenti:

1) il gestore della struttura ricettiva continua ad essere considerato agente contabile (Sicilia sentenza n. 432 del 2/9/2020; Veneto n. 50 del 24/3/2021; Lazio n. 568 del 7/7/2021; Emilia-Romagna n. 325 del 14/10/2021, n. 408 del 24/12/2021, n. 27 del 18/2/2022 e n. 28 del 24/2/2022);

2) il gestore non è più agente contabile ma continua ad essere giudicato dalla Corte dei conti (Toscana n. 95 del 12/3/2021, n. 162 del 20/4/2021, n. 199 del 6/5/2021, n. 457 del 9/12/2021 e n. 464 del 14/12/2021; Calabria n. 195 dell’11/6/2021);

3) il gestore non è più agente contabile e la giurisdizione non appartiene più alla Corte dei conti ma al giudice tributario (Lombardia n. 38 del 12/2/2021, n. 159 del 6/5/2021, n. 289 del 22/10/2021 e n. 6 del 17/1/2022).

Si tratta di un contrasto che andrebbe risolto quanto prima, attraverso un intervento delle Sezioni Riunite della Corte dei conti o del legislatore, se si vuole eliminare l’incertezza per gestori e Comuni sugli adempimenti da effettuare (presentazione del conto di gestione, modello 21, da parte dei titolari delle strutture ricettive; parifica del conto e invio alla Corte dei conti, a carico dei Comuni).

In attesa di un intervento chiarificatore è consigliabile continuare a trattare le strutture ricettive come agenti contabili, anche al fine di non incorrere in eventuali responsabilità.

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