Fisco e contabilità

Effetto split payment allargato sull’Iva

Lo split payment allargato pesa per oltre 11 miliardi sui bilanci delle imprese. È l’altra faccia della stessa medaglia con cui il Dipartimento delle Finanze evidenzia, dal canto suo, l’effetto della misura antievasione estesa dal 1° luglio scorso anche ai fornitori delle società controllate da pubbliche amministrazioni centrali e locali, nonché a quelli delle società incluse nell’indice Ftse Mib. Una misura in grado si garantire una crescita del gettito Iva sugli scambi interni nel 2017 superiore al 4,4% rispetto al 2016 (+465 milioni di euro). Non è tutto. A far lievitare gli incassi Iva ha contribuito anche lo spesometro, quello che il Dipartimento nella nota diramata ieri definisce, con lo stesso split payment «meccanismi di recupero dell’evasione fondati su una più efficiente e tempestiva trasmissione delle informazioni sulle cessioni e sugli acquisti da parte dei contribuenti». Tradotto in numeri l’Iva cresce complessivamente di oltre 5,2 miliardi di euro (+4,2%) sia sul fronte interno (+3,550 miliardi) sia sulle importazioni (+1,709 miliardi).

L’andamento delle entrate tributarie ha risentito favorevolmente anche dagli effetti delle varie definizioni agevolate ( dalla rottamazione delle cartelle a quelle delle liti pendenti). Se sulla chiusura del contenzioso tributario il Mef non fornisce indicazioni numeriche, sulla rottamazione delle cartelle esattoriali al contrario si mette in evidenza come la misura abbia contribuito sensibilmente a far crescere le entrate da ruolo. Che complessivamente chiudono a oltre 12,9 miliardi di euro con una crescita del +35% rispetto all’anno 2016. Di questi 7,230 miliardi arrivano da ruoli relativi a imposte dirette e 5,6 miliardi da imposte indirette. La rottamazione, stando ai numeri snocciolati dal Dipartimento ha prodotto effetti positivi sulla riscossione di entrate erariali negli ultimi 4 mesi del 2017 per oltre 3,4 miliardi di euro.

A chiudere il cerchio delle entrate legate a entrate una tantum è la voluntary bis. Il rientro dei capitali 2.0 ha garantito, restando ampiamente sotto le stime iniziali, poco più di 956 milioni. Un dato che influenza negativamente l’andamento complessivo delle entrate tributarie nell’ultimo biennio, visto che la prima edizione del rientro dei capitali è andata oltre i 4 miliardi di euro. Così, come evidenzia il Dipartimento, le entrate tributarie complessive , al netto di quelle derivanti dalla collaborazione volontaria crescono di 7,758 miliardi (+1,7% rispetto al 2016). Le imposte dirette (Irpef e Ires su tutte) hanno assicurato 245,887 miliardi di euro, con l’Irpef che cresce dell’1,5% (oltre 182 miliardi di gettito) e l’Ires pagata dalle imprese con poco più di 35 miliardi di euro (in flessione di solo 5 milioni).

Tra le altre imposte sugli affari, cala il canone Tv che si ferma a 1,921 miliardi (–191 milioni di euro, pari a –9,0%). Calo da imputare principalmente alla riduzione del prelievo passato dai 100 euro annui del 2016 ai 90 euro del 2017. Continua la crescita, invece, delle accise sui prodotti energetici, loro derivati e pro dotti analoghi (oli minerali), attestandosi a oltre 25,7 miliardi annui e del prelievo su energia elettrica e addizionali (2,584 miliardi) e sul gas naturale per combustione (gas metano con incassi di 3,4miliardi).

Pagano dazio invece le misure su giochi e sigarette che perdono rispettivamente in un anno il 2,8% (-384 milioni) e il 3,3% (-362 milioni).

Il bollettino delle entrate tributarie 2018

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