Personale

Nessuna giustificazione è valida per il funzionario che si appropria di risorse pubbliche

La condotta perpetrata nel corso di anni da parte del dipendente è idonea a ledere il vincolo fiduciario

di Pietro Alessio Palumbo

In tema di licenziamento disciplinare del lavoratore per giusta causa, ai fini della valutazione di proporzionalità della sanzione non è sufficiente un'indagine che si limiti a verificare se il fatto addebitato sia riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l'irrogazione dell'espulsione: è sempre necessario valutare in concreto se il comportamento tenuto, per la sua gravità, sia suscettibile di minare la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per le funzioni della Pa. L'appropriazione di risorse pubbliche perpetrata nel corso di anni da parte del dipendente costituisce condotta idonea a ledere il vincolo fiduciario tra l'ente e il suo lavoratore. E in tali circostanze a nulla vale – ha chiarito la Corte di Cassazione (sentenza n. 27132/2022) - l'esistenza di gravi patologie del funzionario necessitanti di cure mediche e persino la restituzione delle somme in questione: il pentimento non fa venir l'insanabile frattura del legame fiduciario.

La Suprema Corte ha evidenziato che non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva ai fini dell'apprezzamento della giusta causa del licenziamento; rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell'attività valutativa purché vengano valorizzati elementi concreti di natura oggettiva e soggettiva coerenti non solo con la scala valoriale desumibile dal contratto collettivo ma anche con i principi radicati nella coscienza sociale del momento storico. Comportamenti idonei a ledere irreparabilmente il vincolo di fiducia tra l'Amministrazione e il suo dipendente. Ciò con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti scarsa inclinazione ad attuare onestamente gli obblighi assunti e a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza che devono caratterizzare il rapporto di servizio.

L'accertamento dei fatti ed il successivo giudizio in ordine alla gravità e proporzione della sanzione espulsiva adottata sono poi demandati all'apprezzamento del giudice che - anche qualora riscontri l'astratta corrispondenza dell'infrazione contestata alla fattispecie tipizzata contrattualmente – è tenuto a valutare la legittimità e congruità della sanzione inflitta tenendo conto di ogni aspetto reale della vicenda; con giudizio che se sorretto da adeguatezza e logica è incensurabile persino in Cassazione. Nella vicenda al dirigente coinvolto erano state contestate condotte gravissime per un pubblico funzionario: l'appropriazione serialmente perpetrata nel corso di anni e anni di risorse pubbliche destinate al funzionamento stesso dell'Amministrazione; per un importo complessivo di quasi 200mila euro. Si era quindi verificata la non riparabilità della incrinatura dell'essenziale reciproca affidabilità tra funzionario e Pa datrice di lavoro; essendo irrilevante la mancanza di precedenti sanzioni disciplinari semplicemente perché l'agire illecito era stato occultato efficacemente.

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