di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel

Nella determinazione delle tariffe della Tari è sempre necessario fornire adeguata dimostrazione della loro quantificazione. È quanto ha chiarito il Tar Campania con la sentenza n. 2851/2022.

La vicenda riguarda la delibera tariffaria della Tari di un Comune che ha fissato una specifica categoria per le "sale da gioco", senza tuttavia fornire, a parere del Tar, idonea motivazione giustificativa della quantificazione della relativa tariffa.

Il Tar campano ha rammentato in proposito la giurisprudenza amministrativa in materia, in base alla quale i provvedimenti relativi alle tariffe Tari devono essere caratterizzati da "una congruenza esterna", nel senso che "devono essere idonei a rivelare la ragionevolezza del percorso logico seguito dall'amministrazione nel processo di individuazione dei coefficienti per le diverse aree del territorio" (Consiglio di Stato, n. 3781/2015; Consiglio di Stato, n. 5908/2011; Consiglio di Stato, n. 750/2009; Tar Lazio, n. 11052/2016; Tar Lazio, n. 5788/2020).

Le tariffe della Tari, nell'ipotesi di tributo presuntivo, vengono determinate, di norma, facendo riferimento al "metodo normalizzato", contenuto nel Dpr 158/1999. Quest'ultimo ha stabilito che per le utenze non domestiche la parte fissa della tariffa è fissata, per ogni tipologia di attività, sulla base di un apposito coefficiente relativo alla potenzialità di produzione dei rifiuti (stabilito dall'ente all'interno di un range fissato dal Dpr per fasce geografiche), mentre quella variabile sulla base della produttività di rifiuti per unità di superficie (coefficienti Kd).

Le categorie di attività in cui sono classificate le utenze non domestiche, e alle quali sono abbinati i coefficienti, sono fissate dal Dpr. La possibilità per il Comune di modificare queste categorie, introducendone di nuove ovvero suddividendole in ulteriori sottocategorie, è sempre stata discussa, pur se, secondo l'interpretazione prevalente, ciò appare possibile. Tuttavia, quanto sopra richiede una adeguata istruttoria per la determinazione dei coefficienti di produttività dei rifiuti della specifica categoria, non definiti dalle tabelle del Dpr 158/1999.

Il Tar della Campania, a fronte della scelta dell'ente impositore di creare una categoria tariffaria apposita per le "sale da gioco", fissando peraltro la tariffa più elevata tra quelle previste per le utenze non domestiche, ha evidenziato come questa scelta avrebbe dovuto essere accompagnata da un'adeguata istruttoria e dalla esternazione delle ragioni che hanno accompagnato la scelta.

Seppure la deliberazione tariffaria Tari appartiene alla categoria degli atti a contenuto generale, non soggetti all'obbligo di motivazione previsto dalla legge 241/1990, la stessa, come evidenziato a suo tempo dal Consiglio di Stato, presuppone una serie di valutazioni connesse alla ripartizione dei costi tra le utenze e alla definizione di coefficienti, parametri la cui fissazione, pur rientrando per determinati ambiti della discrezionalità amministrativa, non può sfuggire a qualsiasi forma di controllo e, quindi, di motivazione. Tutto ciò, per regola generale dell'azione amministrativa, deve avvenire entro i termini naturali dell'uso proporzionato, ragionevole e adeguato della discrezionalità tecnico-amministrativa, il cui superamento per consolidata giurisprudenza è sindacabile in giudizio (Consiglio di Stato, sezione V, n. 1162/2019).

Nello specifico, se la fissazione dei coefficienti relativi alle categorie stabilite dal Dpr 158/1999 richiede una motivazione, specie se nella scelta degli stessi ci pone per le diverse categorie in diverso rapporto rispetto al massimo o al minimo di legge, ancora più evidente è la necessità del puntuale onere motivazionale, basato su fattori tecnici, volti a giustificare la stima della potenzialità di produzione dei rifiuti riferiti a categorie di attività o sottocategorie non contemplate nel decreto e, quindi, privi dei coefficienti ministeriali.

(*) Vice presidente Anutel

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