Il CommentoPersonale

La Pa ha bisogno di più qualità non di meno regole

di Umberto Fantigrossi

Già Piero Gobetti, giusto un secolo fa, ammoniva che dovremmo limitare e migliorare la burocrazia ma non possiamo abolirla. Il motto “non disturbare chi vuole fare” che Giorgia Meloni ha annunciato nel discorso di insediamento del suo nuovo governo sembra piuttosto invocare quella zona franca temporale dalla burocrazia, intesa come pubblica amministrazione, che pure è stata di recente autorevolmente proposta dal rettore dell’Università Bocconi per realizzare le previsioni del Pnrr. Dobbiamo però chiederci se il problema sia davvero semplicisticamente risolvibile in termini quantitativi (meno regole, meno controlli) o piuttosto non ci si debba spostare sul piano della qualità dell’azione amministrativa, dato che ogni investimento richiede non solo di essere concepito e deciso, ma anche “messo a terra”, come si usa dire oggi e tale fase di realizzazione concreta non può prescindere da apparati pubblici efficaci e che operino in sinergia e collaborazione con la società civile e il mondo dell’impresa. Ha ragione quindi Meloni quando invoca «un nuovo rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, perché il cittadino non si senta parte debole di fronte a uno Stato tiranno che non ne ascolta le esigenze e ne frustra le aspettative», ma occorre essere anche consapevoli che un rapporto paritario e collaborativo, richiede che anche l’altra parte conosca, rispetti e utilizzi gli strumenti per un dialogo corretto e trasparente. Sul piano culturale serve quindi una crescita e una formazione permanente non limitata ai funzionari pubblici, ma estesa agli attori economici e ai cittadini. La leva formativa è stata ben avviata dal ministro Brunetta che a essa ha dedicato un capitolo importante del proprio impegno ed è di buon auspicio l’annuncio del suo successore Paolo Zangrillo di voler proseguire su questa strada, lavorando anche sul merito e sull’orgoglio di appartenenza. Se però si condivide l’esigenza di un salto qualitativo che riguardi anche chi con le Pa si interfaccia, l’azione formativa dovrà ampliare i propri orizzonti e coinvolgere non solo l’Accademia ma anche le formazioni sociali, economiche e professionali.

La fortuna di questo nuovo governo è che può contare su una prospettiva di medio/lungo periodo. Quella che serve per attuare rimedi per i tre principali ambiti della problematica delle Pa: l’organizzazione, l’esercizio delle funzioni e quello, fondamentale, dei mezzi.

Per l’organizzazione è presto detto il da farsi: una robusta cura dimagrante. Il rasoio di Occam dovrà cadere a livello centrale su alcuni ministeri, autorità indipendenti, enti autonomi, società partecipate e via elencando. Anche nei rami bassi del sistema pubblico va invertita la tendenza alle esternalizzazioni e disboscata la foresta dei corpi tecnici privi di legittimazione democratica.

Per quanto riguarda l’esercizio delle funzioni amministrative, è indispensabile riformare la legge generale sul procedimento amministrativo, adottando un codice amministrativo vincolante per qualsiasi tipo di ente e di ufficio pubblico, eliminando la possibilità che ognuno di essi possa farsi le regole da sé.

Va poi totalmente ripensato il sistema dei controlli e si dovrà anche alleggerire il regime delle responsabilità, che spesso inducono il pubblico funzionario a non decidere o ad assumere non la migliore decisione possibile, ma quella che comporta per lui il minor rischio di conseguenze. L’abolizione dell’abuso d’ufficio va nella giusta direzione e le preoccupazioni e le riserve che questa misura suscita possono essere superate proprio se, in concomitanza, si rendono più diffusi i controlli amministrativi, specie quelli tipici della vigilanza collaborativa.

Veniamo ora al punto più delicato: quello dei mezzi, cioè principalmente della tecnologia. Della pubblica amministrazione informatizzata si parla da oltre trent’anni. Piani e investimenti non sono mancati ma è unanime l’insoddisfazione per i risultati. Oggi le risorse che il Pnrr dedica a questo settore sono significative ed è un bene che il governo di questo processo torni a essere unitario e non più disperso tra ministeri diversi. Un appuntamento da non mancare è quello della migrazione verso il cloud delle banche dati pubbliche e dalla loro piena interoperabilità, sempre promessa e mai ottenuta, che è la premessa indispensabile per realizzare il principio di trasparenza.