Imprese

Edilizia e macchinari rendono l’Italia leader globale di investimenti

Imprese e famiglie scommettono sul futuro. Crescita record che ci trasforma da tartaruga a lepre: ora da non mancare l’occasione del Pnrr

di Marco Fortis

Fa molto piacere che l’«Economist» abbia incoronato l’Italia come nazione dell’anno. E che la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, in occasione del suo recente intervento all’Università Cattolica, abbia riconosciuto il successo della campagna vaccinale italiana targata Draghi-Figliuolo (che ha finora limitato più che in altri Paesi l’impatto delle varianti Delta e Omicron). La Von der Leyen ha altresì sottolineato che la nostra economia sta crescendo ad un ritmo che non aveva mai conosciuto in questo secolo.

Ma gli italiani non dovrebbero aver bisogno dei giudizi lusinghieri che ci arrivano dall’estero per capire che questo è un momento veramente magico per l’Italia. Dovrebbero acquisire loro stessi una maggiore consapevolezza della piega positiva che hanno preso gli eventi economici del nostro Paese e delle cause retrostanti. E anche recuperare un po’ di sano orgoglio nazionale.

Non è un rimbalzo.

Innanzitutto, andrebbe messo in soffitta il ritrito tormentone del “rimbalzo” (a cui sono ricorsi anche molti dei blogger disfattisti-populisti che hanno commentato negativamente, a caldo, il riconoscimento attribuitoci dall’«Economist». Della serie “Facciamoci riconoscere”…). Cioè bisognerebbe archiviare l’interpretazione sbagliata secondo cui la forte crescita del Pil italiano del 2021 si spiegherebbe esclusivamente col fatto che nel 2020 eravamo caduti molto (-8,9%).

Ricordiamo che il Fondo Monetario Internazionale a gennaio attribuiva all’Italia una modesta previsione di ripresa nel 2021 del 3 per cento. Il FMI e tanti altri previsori si sono poi dovuti clamorosamente ricredere. Infatti, nei soli primi tre trimestri dell’anno la crescita già acquisita dalla nostra economia è del 6,2% per cento. Abbiamo quasi completamente recuperato i livelli pre-pandemia, ben più rapidamente di altre nazioni. E l’Ocse prevede che anche nel prossimo biennio 2022-2023 l’Italia metterà a segno il più forte aumento cumulato del Pil tra le economie del G7 e anche rispetto alla Spagna: uno sfavillante +7,2 per cento. Dunque, non siamo (né saremo più) gli ultimi per crescita, come è successo ininterrottamente nei primi quindici anni di questo Secolo. Da lumache stiamo diventando lepri.

È importante capire le ragioni effettive per cui l’Italia nel 2021 ha sorpreso il mondo intero per rapidità e vigore della sua crescita. La realtà è che l’efficacia della campagna vaccinale ha permesso alla nostra economia di dispiegare le sue vele senza più rischi di lockdown e di esprimere in pieno un potenziale che già si era venuto accumulando nel quinquennio 2015-2019 precedente la pandemia: un periodo che, anche se pochi lo hanno capito, aveva rappresentato una svolta positiva sostanziale rispetto ai quindici anni precedenti.

La manifattura, in particolare, era stata trainata dal Piano Industria/Impresa 4.0 verso nuovi record in termini di crescita, investimenti, produttività, innovazione, competitività, export.

Ma vi era stata una accelerazione anche del commercio e del turismo grazie al recupero del potere d’acquisto delle famiglie italiane garantito dalla ripresa dell’occupazione nonché dagli 80 euro di Renzi e dalle integrazioni ed estensioni successive apportate agli stessi 80 euro dal ministro Gualtieri (come appare finalmente evidente in tutta la sua portata dai dati diffusi recentemente dal Mef e distribuiti ai sindacati).

Appena i lockdown sono venuti meno, quell’Italia più forte e competitiva, ormai già molto diversa dal Paese stagnante dei primi tre lustri del nuovo millennio, è ripartita subito come una molla.

Se confrontiamo i livelli raggiunti dalla nostra economia nel terzo trimestre 2021 con quelli del quarto trimestre 2020 (dopo che già era avvenuto il “rimbalzo” del terzo trimestre 2020), possiamo ricavare una chiara idea di quanto il sistema produttivo italiano non abbia avuto eguali per reattività e solidità della sua ripresa nel corso del 2021.

La corsa del Pil

Innanzitutto il Pil. Secondo gli indici destagionalizzati in volume dell’Ocse, nei primi tre trimestri del 2021 l’Italia è cresciuta del 5,7% rispetto al quarto trimestre 2021. Un risultato notevole, specie se comparato con quello di due altre economie europee complementari e concorrenti come Germania (+1,8%) e Spagna (+2,5%), più penalizzate di noi dalle carenze di forniture lungo le filiere globali e dai loro modelli di specializzazione eccessivamente concentrati in alcune industrie oggi in difficoltà.

La ripresa italiana, però, non è stata solo più forte ma anche più solida di quella delle altre economie più avanzate. Infatti, siamo stati nettamente i primi per crescita nel G7 e rispetto alla Spagna nel settore privato. Ciò senza godere di alcun sostegno da parte dei consumi finali del settore pubblico, che in Italia sono addirittura diminuiti dell’1,2% rispetto ai livelli del quarto trimestre 2020, mentre nel Regno Unito, ad esempio, essi sono aumentati dell’8% e in Francia del 3,2 per cento.

Consumi e risparmio

A livello di consumi privati l’Italia ha sbaragliato tutti i Paesi G7 e la Spagna per crescita nei primi tre trimestri del 2020 (+6,8%) precedendo Francia (+6,2%), Stati Uniti (+6,2%), Canada (+4,5%) e Germania (+4,4%).

Ma è stato soprattutto negli investimenti fissi lordi che abbiamo fatto la differenza. Infatti, la crescita degli investimenti totali in Italia nei primi tre trimestri del 2021 è stata dell’8,5% (sempre rispetto al quarto trimestre 2020): una progressione nettamente più forte che negli altri Paesi del G7 e in Spagna. A livello G20 siamo egualmente primi ex aequo con l’Australia. Gli investimenti fissi sono addirittura diminuiti in Giappone (-1,3%), Germania (-1,5%), Spagna (-2,1%) e Regno Unito (-5%), mentre vi sono stati solo modesti incrementi in Francia (+2,8%) e Stati Uniti (+2,6%).

In conclusione, politiche economiche finalmente ben calibrate ed efficaci, con la successione virtuosa dei piani Industria/Impresa/Transizione 4.0 (solo maldestramente interrotta per qualche tempo con il Conte 1) e gli incentivi (financo eccessivi) all’edilizia privata, hanno saputo mobilitare quel risparmio degli italiani che è uno dei nostri grandi punti di forza.

Infatti, nei primi tre trimestri del 2021 gli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto effettuati dalle imprese italiane sono aumentati del 10,5% (mentre in Germania, per un confronto, sono diminuiti del 3,5%). Analogamente, nello stesso periodo gli investimenti in edilizia residenziale sono cresciuti in Italia del 10,2% (soltanto dello 0,2% in Germania).

L’Italia di Draghi, in definitiva, è un’Italia che crede nel futuro e che oggi cresce di più delle altre maggiori economie perché innanzitutto ha saputo rilanciare gli investimenti privati. Con l’attuazione del Pnrr il nostro Paese ha adesso davanti a sé l’occasione storica di poter alzare ulteriormente il suo potenziale di sviluppo con le riforme da tempo attese di burocrazia, giustizia, istruzione e con investimenti pubblici mirati all’innovazione e alla transizione ecologica e digitale.

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