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«Caro materiali, la soluzione del decreto Sostegni non funziona: serve una revisione prezzi automatica come nel resto d'Europa»

INTERVENTO. Sbagliato anche accanirsi su pubblicità e commissari: i ritardi delle opere dipendono dalle autorizzazioni a monte, non da ostacoli nelle gare

di Edoardo Bianchi (*) e Antonio Ciucci (**)

Vi è qualcosa che non torna nella azione del legislatore, vi è un disallineamento tra i propositi e le azioni concrete; andiamo con ordine.

Con la conversione a fine anno del Dl 152 (legge n. 233 del 29 dicembre 2021), è definitivamente tramontata la speranza che la pubblicità possa soprintendere ai bandi di gara per i lavori del Pnrr. Qualsiasi forma di trasparenza è venuta meno perché, non solo la procedura negoziata viene elevata, senza limiti di importo, a procedura principe per le gare del Pnrr ma addirittura è contemplato che «… la pubblicazione, di cui al periodo precedente, non costituisce ricorso ad invito o bando di gara a seguito del quale qualsiasi operatore economico può presentare offerta …».

Come Ance abbiamo, inoltre, serie perplessità che il trascorrere infecondo dei tempi dal giugno 2019 (Dl Sblocca cantieri) ad oggi possa costituire un valido presupposto dell'utilizzo della procedura negoziata atteso che la legge recita che la stessa è attivabile al «… ricorrere di situazioni di estrema urgenza derivanti da circostanze imprevedibili». Quali sarebbero le circostanze imprevedibili? Il trascorrere infruttuoso del tempo rispetto alla data finale di ultimazione dei lavori fissata al 2026? Quelle relative alla ricostruzione del Polcevera erano circostanze imprevedibili, non queste.

Come Ance abbiamo sempre sostenuto che i tempi e le modalità di gara, in disparte le considerazioni sopra richiamate, non costituivano il vero vulnus che influiva sulla mancata apertura dei cantieri. Altre erano le criticità che non consentivano il decollo dei lavori ed erano, per lo più, da individuare nella fase a monte della gara; in quella fase cioè dove si perfezionavano tutti i sub procedimenti finalizzati all'ottenimento delle autorizzazioni propedeutiche alla definizione dei progetti. Non fummo ascoltati e nella figura dei "commissari", ricorrendo ad una scorciatoia senza risolvere il vero problema, vennero riposte le aspettative di chi voleva aprire i cantieri; ampio potere hanno i commissari dovendo rispettare "solo" la norma europea, la norma penale e la norma antimafia.

Qualche settimana or sono è stato presentato uno studio sull'attività dei commissari, ricordiamo che ci sono 49 commissari per 102 opere per un importo di circa 100 miliardi. Le opere oggetto di commissariamento sono di varia natura quali lavori stradali, ferroviari, portuali, idrici, edili e per il trasporto rapido di massa.Ebbene, lo studio dimostra puntualmente che le criticità che condizionano l'operato dei commissari sono tutte ricadenti nella fase a monte della gara. I cantieri non decollano per cinque macro questioni: le problematiche ambientali incidono in ragione del 20%, le problematiche finanziarie per il 27%, le problematiche archeologiche/paesaggistiche per il 15%, le problematiche tecniche per l'11% ed infine le problematiche procedurali per il 27%.- Non vi è alcuna problematica legata alla fase a valle del bando di gara ma, giova ribadirlo, sono tutte criticità riconducibili alla fase a monte del bando di gara.

Come Ance in forza di quanto precede non comprendiamo l'accanimento sulla fase più delicata, perché non più endoprocedimentale e perché connotata da passaggi sensibili in termini di trasparenza e concorrenza, quale la selezione delle imprese da invitare. Tralasciamo in questa sede, il danno (enorme) che dalla scelta del legislatore si crea a tutte le piccole/medie imprese con la liquidazione, di fatto, dell'istituto delle Ati. Purtroppo vi è di più perché, quandanche si arrivasse alla individuazione di una impresa affidataria, i recenti aumenti che hanno condizionato, e stanno tuttora condizionando, l'approvvigionamento dei materiali e delle forniture renderanno di fatto ineseguibile qualsiasi contratto di appalto. Di recente si è tentato di fornire una risposta al problema della congruità dei prezzi attraverso l'articolo 29 del Dl n. 4 del 27 gennaio.

Pur apprezzando l'intento che soprintende il provvedimento in esame, non può non rilevarsi come la soluzione ipotizzata sia assolutamente inidonea a fornire adeguate e tempestive risposte al problema sul tappeto. Sul piano generale, la norma ripropone un sistema che – sia pure con alcune variazioni, tra cui l'abbassamento dell'alea al 5% - replica, sostanzialmente, il precedente meccanismo compensativo previsto dal Codice De Lise, nonché per il caro-materiali 2021, con tutti i "se" ed i "ma" che quel meccanismo ha comportato. Le nuove previsioni, infatti, necessitano di molteplici provvedimenti ed adempimenti successivi, tali per cui nulla sarà operativo prima (della fine) del 2023.

Basti pensare che l'Istat procederà a definire la nuova metodologia di rilevazione delle variazioni dei prezzi dei materiali più significativi per l'esecuzione delle opere pubbliche, che verranno poi recepite dal Mims ai fini della determinazione delle eventuali compensazioni.Quanto poi all'adeguamento dei prezzari (che resta una facoltà e non un obbligo) alle nuove condizioni di mercato, si rischia di non giungere in tempo perché le prossime gare di appalto siano bandite con prezzi congrui. Infatti, al netto della (sola) facoltà di adeguare i prezzari ai nuovi decreti sulle variazioni, viene stabilito che tra Mims, Istat, Consiglio superiore dei Lavori pubblici e la Conferenza Stato-Regioni si attivi un concerto (anche attraverso la emanazione di linee guida) tale da consentire una definizione dei prezzari regionali utilizzati dalle stazioni appaltanti come base per l'aggiornamento dei progetti. Rischiamo seriamente che chi parteciperà a gare di appalto prive di prezzari in linea con i reali valori di mercato non riesca a realizzare i lavori nel rispetto delle obbligazioni contrattuali assunte.

Se tutto filasse per il verso giusto, con il meccanismo sopra delineato, potremmo trovarci con prezzari adeguati non prima dell'autunno 2022, e solo a quel punto i nuovi prezzari potrebbero essere utilizzati dai progettisti per le progettazioni che da quel momento verrebbero elaborate. Troppo tardi. Significherebbe che per il biennio 2021/2022 verrebbero bandite gare con progetti non adeguatamente valutati sotto un profilo economico a fronte di uno tsunami che tutti riconosco in pieno svolgimento.

Di recente è stata addirittura paventata, da più parti, la possibilità di una rivisitazione delle opere rientranti nel Pnrr proprio a causa del rilevante aumento dei costi. Ci chiediamo, per inciso, anche quale potrà essere l'atteggiamento della Corte dei Conti in tutti i casi nei quali il mancato o il solo formale aggiornamento dei prezziari incidesse sulla esecuzione dei lavori creando rallentamenti nello svolgimento degli stessi causando un maggior costo dell'opera che si rendesse necessario per la ripresa ed ultimazione dei lavori. Il mancato aggiornamento dei prezziari non è solo un problema della gara, che coinvolge le imprese più serie costrette a non partecipare, ma è un problema dell'intera collettività che vede realizzate opere con un notevole ritardo e con una inaccettabile lievitazione dei costi in termini anche di danno da disservizio. Perché allora non si è adottato un provvedimento automatico, nella attesa della norma a regime, che sin da subito fornisse una soluzione al problema, com'è previsto in tutta Europa?

Come Ance abbiamo formulato diverse proposte che andavano in questa direzione; soluzioni sempre aperte a possibili rideterminazioni, anche in diminuzione, una volta che i prezzi calassero rientrando nella normalità. E allora perché continuare a gravare le imprese italiane di questo "svantaggio di Stato", che le porrà costantemente un passo indietro rispetto agli altri competitor europei? In assenza di prezzi congrui per eseguire i lavori le opere del Pnrr non rispetteranno il crono programma condiviso con l'Europa.Prezzari di partenza congrui e adeguamento del prezzo di appalto in presenza di situazioni eccezionali, non costituiscono alcun regalo alle imprese perché quando non potremo rispettare i termini di ingaggio pattuiti con la Europa sarà il Paese, e tutti i contribuenti, a pagare dazio.

(*) Vicepresidente Ance con delega alle opere pubbliche
(**) Vicepresidnete Acer con delega alle opere pubbliche

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