Urbanistica

Valutazione di impatto ambientale, Atelli: «Limitiamo i poteri delle Sovrintendenze per i progetti di rinnovabili nei siti industriali»

Parla il presidente della Commissione Via/Vas del ministero della Transizione ecologica

di G.Sa.

«Per l'Italia la transizione ecologica pone un problema in più: la necessità di trovare un punto di equilibrio tra ragioni di tutela del paesaggio, da un lato, e ragioni della sostenibilità dello sviluppo, dall'altro». Massimiliano Atelli, presidente della commissione Via-Vas del ministero della Transizione ecologica, vive questa tensione, come le molte altre che riguardano sviluppo e ambiente, ogni giorno nel lavoro della commissione.

Come si può sviluppare questo punto di equilibrio?
Partiamo dall'assunto che paesaggio e sostenibilità dello sviluppo sono due polarità degne di analoga attenzione e rispetto, anche reciproco. La bellezza non ha solo valore in sé ma è anche una straordinaria risorsa turistica, che incide su Pil e posti di lavoro. D'altra parte il processo di decarbonizzazione non è sfida un po' glamour per èlite annoiate ma strada ormai obbligata, da percorrere con decisione e ad andatura sostenuta, per evitare dirette e fatali conseguenze sulla vita delle persone. Non più solo un'opzione per superare una evidente non autosufficienza, dal punto di vista energetico, del nostro Paese.

Come si va avanti, dopo la premessa?
Se le due polarità hanno entrambe rilevanza, è necessario costruire un contesto, anche culturale, che deassolutizzi il più possibile l'una e l'altra. Trovo ragionevole, per esempio, l'approccio che cerca quel punto di equilibrio facendo leva sui luoghi che la bellezza l'hanno già in tutto o in parte perduta. In astratto, non sarebbe impossibile ritrovarla, ma in concreto vi osta spesso la presenza di impianti, legalmente autorizzati a operare ancora per anni e che sovente sono attivi nell'area da un tempo non breve. Sto parlando dei siti industriali, che nel dibattito alcuni individuano come soluzione propizia per l'installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili come fotovoltaico ed eolico. Considerato lo sforzo colossale che il nostro Paese si è impegnato a realizzare nei prossimi anni su questo fronte è improbabile che possano essere sufficienti i soli siti industriali per installarvi tutti gli impianti necessari. Tuttavia, per superare quei conflitti esasperati che spesso creano tensione collettiva e diffusa nel Paese, oltre che paralisi, trovo sarebbe un significativo passo avanti sviluppare una robusta e unanime convinzione che - quantomeno nei siti industriali - le ragioni della tutela del paesaggio possano ridursi un po' di intensità.

Perché dice "sarebbe"? Nella pratica non è così?
Dico sarebbe perché anche di recente è stato opposto un formale parere negativo, in nome delle ragioni di tutela del paesaggio, all'insediamento di un parco eolico in un sito industriale in Sardegna.

Si riferisce al parere della Sovrintendenza ai beni archeologici sullo stabilimento Eni di Porto Torres?
Non posso entrare in dettagli, c'è una procedura in corso. Mi pare però che non aiuti quel percorso di ricerca di punti di equilibrio utilizzare schemi ispirati a forte presuntività, chiamando in causa l'impossibilità di escludere la presenza di testimonianze archeologiche sepolte nell'area dell'intervento.

Quindi in realtà il passo avanti non c'è. Siamo al solito muro contro muro?
Tutte le posizioni sono rispettabili e il confronto è l'unica strada per conciliare la serietà degli impegni che il Paese prende in sede internazionale e nazionale sulla decarbonizzazione con il legittimo desiderio di conservare luoghi belli che ci sono cari. Ma se non si riesce a trovare un punto di piena intesa neppure sulla utilizzazione dei siti industriali, allora dobbiamo prendere atto che il nostro problema non è riuscire a fare molta strada, ma piuttosto riuscire ad evitare di rimanere fermi ai blocchi di partenza.

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