Amministratori

Rifiuti, il sindaco deve controllare la gestione

Viceversa è reato in concorso con il responsabile dell’ufficio tecnico

di Paola Ficco

Il sindaco che omette il controllo dell'attuazione concreta degli indirizzi per la gestione dei rifiuti commette il reato di gestione non autorizzata di cui all'articolo 256, Dlgs 152/2006, in concorso con il responsabile dell'ufficio tecnico.

Il principio è stato stabilito dalla sentenza n. 18024/2023, con la quale la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dai ricorrenti in qualità di sindaco di un Comune calabrese e di responsabile dell’ufficio tecnico comunale, che avevano omesso di provvedere allo smaltimento dei fanghi prodotti dal depuratore comunale.

I ricorrenti eccepivano che i fanghi dovevano raggiungere la “palabilità” e che al momento del controllo era «in itinere una delibera per effettuare lo smaltimento». Il che ha consentito alla Corte di ricordare che, ai sensi dell'articolo 127, Dlgs 152/2006, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti «sia nel caso di mancato trattamento nell’impianto di depurazione, sia quando il trattamento venga effettuato in luogo diverso o in modo incompleto, inappropriato o fittizio».

Sul punto la Corte richiama la sua precedente decisione 36096/ 2011 e, con riferimento alla posizione del sindaco, ricorda che aveva già avuto modo di prenderla in considerazione con riferimento al Dlgs 267/2000 (testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

L'articolo 107, comma 1, di tale testo, infatti stabilisce che ai dirigenti degli enti locali spetta la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, che devono uniformarsi al principio per cui «i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo», mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita «ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo».

Alla luce di tale principio, la Corte ha richiamato anche la propria sentenza 37544/2013 con la quale ha affermato che sebbene la norma operi la indicata distinzione «è evidente che il sindaco», dopo aver esercitato i poteri che gli sono stati attribuiti dalla legge, non si può semplicemente disinteressare “degli esiti di tale sua attività”. Infatti, da parte sua è necessario “anche il successivo controllo sulla concreta attuazione delle scelte programmatiche effettuate”.

Il sindaco deve anche attivarsi quando gli siano note situazioni che pongano in pericolo la salute umana o l’integrità dell’ambiente, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico — operative.

La Suprema corte ha inoltre condiviso la decisione del giudice di merito che aveva escluso la non punibilità per particolare tenuità del fatto (ex articolo 131-bis del Codice penale) perché il giudizio era stato fondato sulla non occasionalità della condotta «in ragione della presenza di anomalie nell’impianto di depurazione».


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