Urbanistica

Bonus edilizi, così le correzioni sugli errori non solo formali sulle comunicazioni per cessione o sconto

Dai dati sull’opzione per la cessione all’omessa comunicazione nei termini per chi ha fruito dello sconto in fattura

di Giorgio Gavelli

Seguendo le istruzioni della circolare n. 33/E/2022, quasi tutte le situazioni di errore emergenti dalle comunicazioni di cessione o sconto in fattura sui bonus edilizi predisposte in questi mesi possono essere corrette oltre il quinto giorno del mese successivo all’invio, comprese le omissioni. Restano nell’ombra due fattispecie piuttosto controverse: quella in cui il cessionario/fornitore non collabora all’annullamento e quella in cui il medesimo ha già proceduto a compensare parte del credito acquisito. Qualche difficoltà sembra emergere anche sulle cosiddette «cessioni a catena» già intervenute.

Iniziamo dalle situazioni più semplici (ed anche più frequenti).

In tutti i casi in cui l’errore commesso nella comunicazione sia di natura formale (un utile elenco esemplificativo è presente al paragrafo 5.2 della circolare), la soluzione è immediata: fermo restando l’intervenuta transazione e l’utilizzabilità del credito d’imposta, è sufficiente inviare tramite Pec all’indirizzo indicato in circolare una segnalazione che spieghi l’errore indicando i dati corretti, a cura del soggetto che inviò la comunicazione originariamente errata. Unica complicazione: le tante segnalazioni già effettuate in questi mesi (generalmente agli uffici locali) non verranno prese in considerazione ma occorre ripetere la correzione con la nuova procedura.

Via libera anche ai tanti di casi di omessa comunicazione nei termini: chi ha fruito dello «sconto in fattura» nel 2021 o ha ceduto nel medesimo anno il bonus (o le rate residue emergenti dalle spese sostenute nel 2020), ma ha “saltato” la scadenza del 29 aprile scorso, rischiava di poter utilizzare la quota di detrazione solamente in dichiarazione, capienza permettendo. Ora, invece, è chiaro che – in presenza dei requisiti di legge – è possibile ricorrere entro il 30 novembre prossimo all’istituto della «remissione in bonis», inviando la comunicazione omessa e versando (secondo le istruzioni che verranno rese note) i 250 euro di sanzione (non ravvedibile).

Stesso comportamento potranno tenere (con tempi più stretti) i soggetti Ires o dotati di partita Iva che “mancheranno” la scadenza del 17 ottobre prossimo (si veda il Sole 24 Ore del 7 ottobre). Sarebbe opportuno, in proposito, che l’Agenzia chiarisse le scadenze per i soggetti «non solari», dimenticati sia dal legislatore che dalla prassi.

Acquisite le modalità di invio di una nuova comunicazione quando nel modulo originario è stato erroneamente indicato un ammontare del credito ceduto inferiore alla detrazione spettante o una spesa inferiore a quella sostenuta (paragrafo 5.2.2 della circolare), è ora possibile affrontare le ipotesi di errore sostanziale, ossia rilevante ai fini della determinazione della detrazione spettante (compresi i casi dell’indicazione di spese sostenute o di credito ceduto superiori ai valori effettivi).

Fondamentale, in queste fattispecie, è distinguere tra accettazione del fornitore/cessionario già intervenuta o meno. Nella seconda ipotesi occorre concordare con quest’ultimo soggetto il rifiuto del credito, così da mettere nelle condizioni il primo beneficiario del bonus (se non l’ha già fatto) di ripetere la comunicazione, eventualmente fruendo della «remissione in bonis». Ed è qui che potrebbe esserci un problema. Se il fornitore non collabora, l’invio della nuova comunicazione corretta duplica potenzialmente gli importi in piattaforma e potrebbe innescare un utilizzo indebito. Il cedente, quindi, ha tutto l’interesse a comunicare formalmente tanto alle Entrate (con la solita Pec) quanto al cessionario/fornitore che l’importo relativo alla prima comunicazione non può essere utilizzato e va annullato tramite rifiuto. Sul punto, la circolare ribadisce più volte che l’Agenzia non può incidere sull’accettazione o sul rifiuto, atti di stretta competenza del cessionario/fornitore.

Qualora, invece, il cessionario/fornitore abbia già accettato il credito, entrambi i soggetti (cedente e cessionario/fornitore) devono sottoscrivere l’istanza di annullamento, utilizzando il modello di richiesta allegato alla circolare, per poi eventualmente procedere con una nuova comunicazione. Due le osservazioni in proposito. In primo luogo, atteso che «con l’annullamento dell’accettazione del credito il plafond del credito compensabile in capo al cessionario viene contestualmente ridotto del relativo importo» (paragrafo 5.3 della circolare), cosa accade se il credito (attualmente per spese del 2020, ma in futuro anche per quelle successive) è già stato in parte compensato? La singola quota compensata, infatti, si rivela eccedente. Inoltre, il cessionario potrebbe sua volta averlo ceduto a chi lo ha già in parte utilizzato.

Su questi aspetti la circolare non si sofferma, per cui rimane in dubbio come incidere sulle cessioni successive e, soprattutto, come ravvedere l’utilizzo indebito (è facile immaginare che vi saranno problemi nell’inquadramento della relativa sanzione, in considerazione delle divergenze tra Entrate e Cassazione sui concetti di «credito inesistente» e «non spettante»). In secondo luogo, se è vero che la procedura sembra poter funzionare senza troppi problemi con un fornitore o cessionario “privato”, non siamo così sicuri che il “legale rappresentante” di Poste o degli istituti di credito sia già disponibile a sottoscrivere le istanze di annullamento richieste dalle Entrate: l’impressione è che i tempi per queste istanze non saranno brevi.

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