Amministratori

Non c'è abuso d'ufficio per condotta illecita senza prova concreta di dolo specifico

Il dolo intenzionale non può essere desunto in automatico, va dimostrato con prove puntuali e concrete

di Michele Nico

Con la pronuncia n. 3656/2022 la Corte di cassazione penale, sezione VI, ha annullato la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro nei confronti di due amministratori di un Comune calabro, condannati per abuso d'ufficio in relazione alla triplice proroga del contratto di lavoro a tempo determinato intervenuto tra un architetto e il Comune stesso.

La decisione della Suprema Corte è interessante, perché ha evidenziato alcuni aspetti della fattispecie criminosa prevista dall'articolo 323 del codice penale, che si configura ogniqualvolta un soggetto procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, ovvero arrechi un danno ingiusto, ancorché non patrimoniale.

La Corte di Appello aveva ravvisato nella condotta degli amministratori l'elemento psicologico del reato, ritenendo che il dolo specifico preteso dalla norma penale fosse di per sé dimostrato dalla situazione di dissesto economico del Comune interessato, nonché dal fatto che l'incarico al professionista e le relative proroghe erano avvenuti in contrasto al divieto di procedere a nuove assunzioni, imposto agli enti locali dall'articolo 76, comma 7, del decreto legge 112/2008, convertito in legge 133/2008.

La Cassazione non ha condiviso questa linea interpretativa e ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata in ragione del fatto che, nel corso del giudizio, è stato dimostrato che l'architetto incaricato non era in rapporti di amicizia né con gli amministratori imputati, né con altri esponenti della maggioranza consiliare, tant'è che lo stesso professionista era stato incaricato anche dalla precedente amministrazione, con le medesime modalità e procedure adottate in seguito dagli esponenti del nuovo governo locale. Di conseguenza, hanno concluso i giudici, il fatto non costituisce reato.

Oltretutto, la Cassazione non si è limitata a registrare la situazione di dissesto in cui versava il Comune allorché è stato stipulato il contratto di lavoro in seguito prorogato, ma ha dato rilievo alla prova addotta in giudizio secondo cui la vicenda contrattuale in questione aveva consentito alla pubblica amministrazione di beneficiare di prestazioni tecnico-specialistiche e, allo stesso tempo, di risparmiare rispetto ai costi che l'ente locale avrebbe dovuto sostenere per l'assunzione di un dipendente a tempo indeterminato da assegnare alle stesse mansioni.

Le circostanze ora descritte hanno spinto gli Ermellini ad adottare una linea più garantista rispetto a quella seguita dalla Corte di appello.

La Cassazione ha poi precisato che, esclusa l'esigenza di un accertamento dell'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, la prova del dolo intenzionale che qualifica la fattispecie dell'abuso d'ufficio può essere desunta anche da altri elementi, quali, ad esempio:
• la macroscopica illegittimità dell'atto compiuto;
• l'erronea interpretazione di una norma amministrativa, il cui risultato si discosti in termini del tutto irragionevoli dal senso giuridico comune, tanto da apparire frutto di un'arbitraria decisione.

La Corte d'Appello aveva ritenuto che gli atti posti in essere dagli imputati dovessero considerarsi macroscopicamente illegittimi, senza tuttavia addurre prova della reale ed effettiva sussistenza dei presupposti sopra indicati.

La pronuncia non si discosta dalla sentenza n. 8057/2021 della medesima Sezione, secondo cui, per quanto nel reato di abuso d'ufficio la prova del dolo intenzionale non presupponga necessariamente l'accordo collusivo con la persona che si intende favorire, l'accertamento della fattispecie criminosa «non discende dal mero comportamento non iure dell'agente, dovendo risultare anche da elementi ulteriori concordemente dimostrativi dell'intento di conseguire un vantaggio patrimoniale o di cagionare un danno ingiusto».

In altri termini, «la macroscopica illegittimità dell'atto compiuto» integra la fattispecie dell'abuso d'ufficio soltanto se risulti provato in concreto il dolo intenzionale volto a procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, o volto ad arrecare un danno ingiusto, ancorché non patrimoniale.

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