Amministratori

Consiglio di Stato, accordi fra pubbliche amministrazioni a recesso libero (purché motivato)

Il caso trattato riguarda l'intesa tra le Regioni Piemonte e Liguria sulla mobilità sanitaria

di Amedeo Di Filippo

Gli accordi fra pubbliche amministrazioni previsti dall'articolo 15 della legge 241/1990 hanno natura pubblicistica e pertanto ciascuna di esse ha il potere di recederne unilateralmente con atto motivato, senza obbligo di indennizzo. Lo afferma la terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5634/2022.

Il fatto
Le Regioni Piemonte e Liguria hanno concluso un accordo per la regolazione della «mobilità sanitaria», intesa quale fenomeno di migrazione degli utenti verso strutture operanti in una Regione diversa da quella di residenza. La finalità era di assicurarne la programmazione, contenere la spesa sanitaria e valorizzare le strutture di ciascuna Regione rispetto alle prestazioni di base. In anticipo rispetto alla scadenza, la Regione Piemonte recedeva dall'accordo e la Liguria adiva il Tar per l'accertamento del diritto al risarcimento dei danni conseguenti all'adozione della deliberazione di revoca. A seguito della dichiarazione del difetto di competenza territoriale del Tar Liguria, il Tar Lazio respingeva il ricorso per tardività della domanda di annullamento e infondatezza di quella risarcitoria. Con la sentenza n. 5634 del 6 luglio la terza sezione del Consiglio di Stato dichiara infondato l'appello e lo respinge.

Gli accordi
Rispetto agli accordi di cui all'articolo 15 della legge 241/1990, finalizzati a stabilire forme di collaborazione tra soggetti pubblici in attuazione del principio di buon andamento di cui all'articolo 97, comma 2, della Costituzione, si sono palesati due orientamenti: il primo è incline a privilegiare una costruzione privatistica o negoziale dell'intesa, richiamando per la loro disciplina, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili; il secondo la inquadra in ottica pubblicistica, muovendo dalla premessa che l'accordo è finalizzato ad esercitare una funzione pubblica consistente nel contemperamento di interessi pubblici affidati alla cura delle singole amministrazioni.
I giudici di Palazzo Spada rifiutano la «ricostruzione in senso panprivatistico», rimarcando che il secondo orientamento è quello maggioritario, nella considerazione che gli accordi dell'articolo 15 non sono negozi di diritto privato ma contratti ad oggetto pubblico mediante i quali sono esercitate potestà pubbliche funzionalizzate al perseguimento degli interessi pubblici di cui sono titolari le amministrazioni contraenti e, in quanto tali, soggetti alle regole generali dell'attività amministrativa, in parte diverse da quelle che disciplinano l'attività contrattuale privatistica. L'altro orientamento, oltre a non essere aderente al dettato normativo, non tiene conto del fatto che l'accordo ha natura organizzativa e non costituisce uno strumento idoneo a spostare le competenze in capo alle singole amministrazioni che lo stipulano, l'assetto di interessi definito dall'accordo non è disponibile da parte di una sola amministrazione ed è modificabile solo attraverso l'accordo di tutte le amministrazioni coinvolte, l'attribuzione ad una parte pubblica di un ruolo preminente è incompatibile con il regime dell'intesa, caratterizzata dalla paritaria codeterminazione dell'atto.

Il recesso
Le due opposte ricostruzioni hanno differenti conseguenze sul piano degli strumenti a disposizione delle parti per sciogliersi dal vincolo contratto con la stipula dell'accordo. Secondo i sostenitori della tesi privatistica, l'accordo sarebbe intangibile salvo l'intervento del mutuo dissenso; per i sostenitori della tesi pubblicistica non vi è invece un divieto di recedere unilateralmente, stante l'inesauribilità del potere pubblico, per cui resta attivabile il potere di recedere unilateralmente purché adeguatamente motivato. Fedele all'orientamento pubblicistico, la terza sezione applica al caso di specie le tipiche prerogative che connotano il regime dell'azione amministrativa, di cui costituisce un predicato necessitato la riconoscibilità della facoltà dell'amministrazione di recedere unilateralmente dall'accordo ove sussistano sopravvenuti motivi di pubblico interesse di cui si dia adeguata contezza. Motivi che vengono puntualmente rilevati nella decisione che la Regione Piemonte ha posto come cause determinanti il recesso dall'accordo: il dissesto finanziario del proprio servizio sanitario e i risultati inefficienti raggiunti. Ricorda infine il Consiglio di Stato «che i motivi di interesse pubblico a fondamento dello ius poenitendi costituiscono espressione di discrezionalità amministrativa che, come noto, possono essere valutati dal giudice amministrativo nei noti limiti della palese irragionevolezza, manifesta illogicità o da travisamento fattuale».

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