Amministratori

Responsabilità degli amministratori, negli enti locali il 12 per cento delle sentenze contabili

Impatto limitato sul totale ma pesa la lettura restrittiva dell’esimente politica

di Arturo Bianco

Non c’è, per il Procuratore nazionale della Corte dei conti Angelo Canale, un’emergenza derivante dalla «paura della firma» da parte di amministratori e dirigenti degli enti locali. Il giudizio nasce dall’esame dei dati dei processi per responsabilità amministrativa o contabile e dalla constatazione che sono pochi i casi di maturazione di responsabilità per contratti pubblici, essendo la gran parte di questi procedimenti avviati per censure alla gestione.

Questo giudizio non tiene però conto della preoccupazione che amministratori e i funzionari nutrono per il reato di abuso d’ufficio, né dei pesanti effetti che derivano in modo automatico dalle condanne, anche di primo grado, per reati commessi da pubblici ufficiali contro le pubbliche amministrazioni né della scelta della giurisprudenza contabile di ampliare negli ultimi anni gli ambiti di maturazione della responsabilità degli amministratori, sottovalutando la differenziazione dei compiti tra componenti gli organi di governo e dirigenti.

Partiamo dai dati contenuti nella relazione: nel 2019/2021, a fronte di 3.165 sentenze di responsabilità, quelle che hanno interessato gli enti locali sono state 371, cioè meno del 12%. Sempre nel triennio le sentenze di condanna di sindaci sono state 87 e quelle di condanna di amministratori e funzionari sono state 162, a fronte di 132 sentenze di assoluzione. La percentuale delle sentenze di responsabilità per amministratori e funzionari di enti locali nel 2021 è stata di poco inferiore al 30%, dato che comunque è rilevante.

La seconda considerazione è che in pochi casi le azioni hanno come oggetto i contratti pubblici; nel mirino dei giudici contabili sono soprattutto «la gestione e l'organizzazione degli enti». In particolare, l’utilizzo del patrimonio (mancata riscossione dei canoni di locazione, mancato adeguamento ai valori di mercato e mancato recupero dei beni al termine del rapporto), la non attivazione dei procedimenti per la riscossione delle entrate, la violazione delle regole sulla gestione delle società partecipate (in particolare indebita copertura di perdite, soccorsi finanziari, cattiva gestione delle stesse, mancata adozione del piano di razionalizzazione delle spese), gli affidamenti di incarichi esterni in assenza di procedure comparative e in violazione di legge, la illegittimità nella gestione del personale, l'irregolare gestione finanziaria. Viene sottolineato l'aumento dei procedimenti per il danno da immagine determinato agli enti a seguito di condanna per reati contro la Pa. E, in conclusione, viene sostenuta l'inidoneità della riduzione dell'area della responsabilità contabile come risposta alla lentezza e farraginosità dell'azione amministrativa, le cui ragioni affondano soprattutto nella complessità del dettato normativo.

Queste considerazioni colgono indubbiamente nel segno. Ma esse non tengono conto di ampliamenti assai discutibili degli ambiti entro cui matura la responsabilità degli amministratori. Il che si è realizzato in primo luogo interpretando in modo restrittivo la previsione di cui all'articolo, comma 1-ter, della legge 20/1994, che esclude la sua maturazione in capo agli amministratori per gli atti di competenza degli uffici, nel caso di buona fede, cosiddetta esimente politica. Sono tipici i casi di atti adottati dagli organi di governo sulla base di proposte degli uffici e/o di pareri positivi degli stessi, con maturazione di responsabilità in capo agli amministratori. E ancora, è stata contestata da numerose sentenze che, al di là dei danni effettivamente arrecati all'ente, la violazione delle norme limitative dettate dal legislatore determina la maturazione di questa forma di responsabilità. E infine, nei casi di enti con condizioni negative di bilancio, si è assunta la sua maturazione in modo sostanzialmente automatico in capo agli amministratori. Esse non tengono inoltre conto della frequenza delle contestazioni del reato di abuso d'ufficio, nonostante la riformulazione operata dal Dl 76/2020. E infine non tengono conto dei pesanti effetti che sono determinati dalla legge Severino, in particolare dal Dlgs 235/2012, sulla incandidabilità e la decadenza degli amministratori che hanno avuto condanne penale, e dal Dlgs 39/2013, che limita fortemente la possibilità degli ex amministratori di svolgere altri ruoli di governo e di essere destinatari di incarichi dirigenziali da parte delle Pa.

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