Il Commento Appalti

Partenariato pubblico-privato, nel nuovo codice è una operazione economica

di Ettore Jorio

Il tema delle Ppp è diventato l'argomento sul quale oramai discute anche il vicino di casa. Ciò è accaduto con la consapevolezza che lo Stato e gli enti infra-statali non ce la fanno più ad assolvere al dovuto istituzionale. I quattrini mancano e la necessità di investimenti cresce spasmodicamente. Il tema è divenuto più attuale e, ovviamente, più complesso mettendo in relazione la sopravvenuta proposta di riscrittura del «Codice degli appalti» completata dal Consiglio di Stato e consegnata all'Esecutivo lo scorso 22 ottobre (testi normativi a confronto). Un compito svolto, quello assegnato ai magistrati di Palazzo Spada, per dare attuazione alla apposita legge 78/2022 (articolo 1), recante la «Delega al Governo in materia di contratti pubblici».

Il Ppp è una operazione economica
Al di là dei contenuti dello "Schema preliminare" del proposto codice dei contratti egregiamente declinato dalla più alta magistratura amministrativa, ciò che risalta subito agli occhi è il trattamento giuridico che in esso si offre al partenariato pubblico-privato. Esso viene ricondotto, quasi ex abrupto, alla definizione: «è un'operazione economica».
Una operazione economica cui devono ricorrere, congiuntamente:
1) la formazione di un rapporto contrattuale, volto a conseguire un obiettivo di interesse pubblico;
2) la copertura finanziaria dell'esecuzione contrattuale assicurata dalla parte privata;
3) il compito del privato di realizzare e gestire l'opera, a fronte degli indirizzi determinati dalla parte pubblica, che avrà l'onere di verificarne la regolarità attuativa;
4) l'assunzione in capo al privato del rischio operativo, sia della realizzazione che della gestione dei servizi connessi all'opera.

A ben vedere, un approccio all'istituto del più generico partenariato pubblico-privato più chiaro di quello riportato nel combinato disposto degli articoli 3, comma 1, lettera eee), e 180 della legge 50/2016.

É il contenuto del contratto a caratterizzarlo
Ciò che attrae, in una siffatta novellata definizione, è che essa si distacca dalla nozione tipicamente contrattuale del Ppp preoccupandosi invece del contenuto specifico del sinallagma. Una particolarità che riprende e sviluppa in tre punti: la natura contrattuale e il corrispettivo dell'operazione economica. Generando così all'evento contrattuale la sua caratteristica sulla base di elementi produttivi rispettivamente riconducibili all'interesse pubblico e alle due tipologie di soggetti componenti la partnership che dovessero convenire la loro interagente interessenza a regime, ancorché a tempo determinato. Una tale opzione è di per sé dimostrativa della volontà di assumere una diversa regolazione, meno tipizzata, aperta a rapporti atipici rispetto alla forma tipica tracciata dal vigente parametro sancito dalla combinazione degli anzidetti articoli dell'attuale «Codice degli appalti». Ciò perché, forse, ritenuti verosimilmente troppo restrittivi della casistica, cui dovere riferire il Ppp a mente della precisata lettera eee) dell'articolo 3, comma 1, dello stesso.

L'ineludibile accollo del rischio al privato
Una argomentazione che ci sta tutta solo che lo si voglia considerare un'operazione economica, ove il rischio dell'intervento produttivo e gestorio venga a ricadere integralmente sul privato partner, nella logica di un Ppp anche di tipo sperimentale e innovativo, purché rivolto al potenziamento del patrimonio pubblico, nell'ambito degli obiettivi programmati dalla Pa. Il tutto senza il bisogno di ricorrere a forme contrattuali rigide ma a contenuti obbligatori purché determinanti regole chiare riferirle al rischio esclusivamente ricadente sull'operatore economico privato.
Del resto, in tal senso si ebbe a pronunciare anche la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti. Con una pregevole deliberazione del 13 giugno 2017, la 15/SEZAUT/2017/QMIG (relatori Grasselli e Ferone), la massima espressione delle Sezioni di controllo della magistratura contabile ha rivalutato il contenuto rispetto alla forma del rapporto contrattuale regolativo del Ppp, ritenendo tuttavia necessario che la causa dello stesso risultasse chiaramente «sia negli atti preparatori del contratto, sia in modo chiaro e puntuale nel contratto redatto ai sensi dell'art. 180 del codice». In un siffatto concreto ragionamento, la Sezione delle Autonomie ha ritenuto, riguardo al conseguimento del risultato, l'insufficienza della sua declinazione nominalistica di contratto di partenariato pubblico privato. Conseguentemente, non ha ritenuto sufficientemente bastevoli «che vi siano clausole di mero stile ma prive di chiaro contenuto esplicativo dei rischi e della loro allocazione tra le parti per escluderne l'annoverazione tra le fonti di indebitamento, con quello che ne consegue in termini di modalità di contabilizzazione, di computo ai fini del calcolo del tetto del debito massimo ammissibile, di responsabilità per quanti contribuiscano a porre in essere atti negoziali elusivi del limite di indebitamento».
Ne consegue, che la verosimile riconduzione definitoria del partenariato pubblico privato a una «operazione economica», da formalizzare nel rispetto delle anzidette quattro condizioni/caratteristiche, lascia aperto il ricorso a qualsivoglia forma del relativo contratto, purché da esso derivi la incontestabile allocazione dei rischi di impresa in capo al partner operatore economico. Un'alea da sopportare da quest'ultimo attraverso i ricavi di esercizio condizionati dalla domanda dell'utenza del servizio negoziato. E dunque con una utilità direttamente dipendente dalla perfomance economica dell'attività svolta e dalla redditi redditività conseguita.