Amministratori

Militari eletti consiglieri comunali, per esigenze di servizio niente avvicinamento di sede

Il diritto a espletare il mandato deve essere assicurato rispettando l'interesse pubblico

di Pietro Alessio Palumbo

La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali a espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari. Tuttavia - ha evidenziato il Consiglio di Stato (sentenza n. 3600/2022) - il militare eletto consigliere comunale non vanta alcun diritto perfetto a essere trasferito nella sede di servizio ubicata in un luogo vicino al Comune dove svolge il mandato rappresentativo.

Sebbene il Testo unico degli enti locali disponga che la richiesta dei dipendenti, pubblici e privati, di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato elettorale deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità; è anche vero che la normativa lascia intatta la facoltà dell'amministrazione datrice di valutare la richiesta di assegnazione del dipendente nell'ambito di una equilibrata ponderazione di tutti gli interessi in gioco. Il beneficio in questione non può mai risolversi in un mezzo per conseguire indebiti vantaggi negli avvicinamenti in danno delle aspirazioni, a diverso titolo, di altri colleghi più meritevoli.

Il diritto del singolo dipendente all'espletamento del mandato amministrativo ha precisa copertura costituzionale ma deve essere assicurato rispettando il contrapposto interesse pubblico connesso con le esigenze economiche, organizzative e funzionali legate alla prestazione del servizio. Esigenze che hanno anch'esse rilievo costituzionale. In tale direzione rileva anche l'oggettiva natura e l'entità effettiva dell'impegno anche temporale connesso con l'incarico elettivo in argomento. Di conseguenza l'amministrazione datrice può, e deve, bilanciare in concreto le contrapposte necessità, individuando le modalità che permettano di conciliare il buon andamento dell'attività amministrativa con la qualificata aspettativa del privato cittadino di espletare il proprio mandato amministrativo nell'ente locale dove è stato eletto.

Ha quindi precisato il Giudice che, se prevalenti, le esigenze funzionali della sede di servizio possono rendere persino recessiva la situazione soggettiva dell'interessato all'avvicinamento di sede. Infatti l'amministrazione è tenuta a una mediazione tra interessi pubblici e privati coinvolti. Evitando quelle situazioni che possano ledere il sano funzionamento degli uffici; il diritto-dovere del cittadino eletto di assolvere il proprio mandato con disciplina e onore; il pari diritto dei suoi colleghi di conseguire il trasferimento nella sede più gradita. Ciò che – secondo il Consiglio di Stato - nella vicenda sottoposta al suo esame era avvenuto. Considerato che nello stesso provvedimento impugnato era stata anche evidenziata la facoltà dell'ufficiale/consigliere non solo di fruire dei permessi e delle licenze previste dalla normativa di settore, ma anche di richiedere il collocamento in aspettativa per l'espletamento del mandato elettivo; facoltà questa che tuttavia l'interessato aveva - legittimamente - ritenuto di non esercitare.

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