Amministratori

Sicurezza, la partecipazione alla gestione da parte di Regioni ed enti locali va disciplinata con specifiche convenzioni

Nell'ambito di specifici programmi straordinari di incremento dei servizi specialistici di polizia

di Corrado Mancini

Le norme in materia di sicurezza cosiddetta "partecipata" (articolo 39 della legge 3/2003 e articolo 1, comma 439, della legge 296/2006), prevedono la possibilità di partecipazione alla gestione della pubblica sicurezza da parte delle Regioni e degli enti locali in un quadro di riferimento specifico, ovverosia nell'ambito di specifici programmi straordinari di incremento dei servizi specialistici di polizia, alla cui realizzazione i soggetti pubblici in questione possono partecipare con una forma di contribuzione, che può essere anche variamente articolata (logistica, finanziaria, strumentale), come nello specifico la costruzione e la concessione all'Arma dei Carabinieri di un edificio da adibire a caserma, ma con l'avvertenza che la stessa, in ogni caso, deve essere disciplinata attraverso specifiche convenzioni appositamente stipulate tra gli enti locali interessati e il ministro dell'Interno (e/o, per sua delega, i Prefetti). Lo evidenzia la Sezione Regionale di Controllo della corte de conti per L'Emilia Romagna con la delibera n. 127/2022.

La Sezione emiliana precisa che per quanto la materia relativa all'ordine pubblico e alla sicurezza rientri nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione, non può escludersi, in via generale, che l'ente locale sia legittimato a concorrere alla tutela di tale interesse, in quanto la sicurezza dei cittadini rappresenta un interesse pubblico generale «meritevole di intensa e specifica tutela» da parte di tutti gli enti che si occupano degli interessi della collettività amministrata.

La Corte pone, quindi, in evidenza le norme di riferimento, ed in particolare l'articolo 1, comma 439, della legge 30 dicembre 2004 n. 311, come modificato dall'articolo 3, comma 2-bis, del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, che prevede espressamente che le regioni e gli enti locali possono concedere l'uso gratuito degli immobili di loro proprietà alle amministrazioni statali per le proprie finalità istituzionali. Anche l'articolo 3, comma 2, del decreto legge 95/2012 prevede la possibilità che allo Stato possa essere concesso, per fini istituzionali, l'uso gratuito di beni immobili di proprietà delle regioni e degli enti locali e, reciprocamente, alle regioni e agli enti locali possa essere concesso, per fini istituzionali, l'uso gratuito di beni immobili di proprietà dello Stato. Inoltre, rammenta che il comma 4-bis dell'articolo 3 del citato Dl 95/2012, detta una disciplina peculiare per le caserme delle Forze dell'ordine e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ospitate presso proprietà private, attribuendo ai Comuni, appartenenti al territorio di competenza delle stesse la facoltà di contribuire al pagamento del relativo canone di locazione, come determinato dall'agenzia delle Entrate.

Però la Corte avverte che secondo un orientamento della giurisprudenza contabile (Corte dei conti, Sezione regionale per la Liguria, delibera n. 91/2017), la ratio della norma è quella di ridurre il peso finanziario che grava sullo Stato consentendo ai Comuni di contribuire alla relativa spesa per finalità di «sicurezza pubblica» e che alcune Sezioni regionali di controllo (Corte conti Campania, delibera n. 8/2017; Piemonte, delibera n. 37/2020), pur richiamando la finalità di contenimento degli oneri per la finanza pubblica (e, in particolare, di quella statale), hanno valorizzato la natura eccezionale delle norme dal momento che, collocandosi comunque nell'ambito delle possibili forme di collaborazione interistituzionali, non possono essere oggetto di una interpretazione estensiva o analogica.

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