Amministratori

Danno ad amministratori e funzionari che hanno agito in modo immotivato e incoerente

La sentenza si riferisce al diniego di una variante urbanistica per la quale la Conferenza di servizi aveva espresso parere favorevole

di Corrado Mancini

Agire in modo immotivato e incoerente, da parte di amministratori e funzionari può essere fonte di responsabilità erariale. Lo si desume dalla lettura della sentenza n. 155/2022 della Corte dei conti sezione giurisdizionale per la Lombardia (NT+ Enti locali & edilizia dell'8 giugno).

Nello specifico la sentenza si riferisce al diniego di una variante urbanistica, inizialmente accolta con atteggiamento positivo e per la quale la Conferenza di servizi aveva espresso parere favorevole. Il giudice amministrativo aveva annullato i provvedimenti di diniego del consiglio comunale per carenza e contraddittorietà della motivazione, ed aveva disposto che il Comune adottasse una nuova decisione dopo aver rivalutato la fattispecie alla luce e tenendo conto delle ragioni e dei motivi di ricorso espressamente accolti dalla sentenza; successivamente, di nuovo adìto dalla società ricorrente e preso atto che l'amministrazione non aveva fornito alcuna giustificazione del suo precedente operato già ritenuto illegittimo, condannava l'ente a risarcire la società del danno da lesione dell'affidamento.

A seguito del riconoscimento da parte dell'amministrazione comunale del debito fuori bilancio scaturito dalla sentenza di condanna, emergono gli estremi per la responsabilità erariale di alcuni amministratori e funzionari. Per i magistrati contabili coloro che hanno agito per conto del Comune hanno posto in essere atti e comportamenti contraddittori, non motivati e poco coerenti, che hanno avuto l'effetto dapprima di "alimentare" e poi di "deludere" le aspettative del soggetto privato ad ottenere un provvedimento favorevole: dalla condotta "ondivaga" è derivata la lesione del legittimo affidamento della società e, come conseguenza per l'amministrazione locale, la condanna al risarcimento e la relativa spesa a carico della casse comunali. In particolare non appare, ai giudici, comprensibile il motivo per cui il sindaco, consapevole delle istanze della comunità, abbia continuato a "perorare" la soluzione favorevole alla variante e solo all'ultimo abbia cambiato idea votando per il respingimento della stessa.

Inoltre le motivazioni addotte per respingere la variante urbanistica rivelano nitidamente carenze, contraddittorietà e illogicità che, se da un lato configurano il vizio di eccesso di potere e hanno indotto il giudice amministrativo ad annullare i provvedimenti e, poi, a condannare il Comune di per lesione del legittimo affidamento, viste dalla prospettiva "comportamentale" del giudizio di responsabilità innanzi alla Corte dei conti rappresentano la conseguenza di errori e mancanze commessi nel corso dell'intera procedura Suap, la quale risulta essere stata gestita in modo ondivago a causa di una approssimativa conoscenza degli atti di pianificazione territoriale e di una incoerente (o comunque poco attenta inizialmente) lettura ed interpretazione dei bisogni della collettività amministrata.

La palese contraddittorietà degli atti e delle condotte rivela un atteggiamento che, sotto il profilo dell'elemento psicologico, rasenta addirittura il dolo eventuale, dato che gli attori hanno agito sempre consapevolmente e volontariamente, finanche accettando il rischio della soccombenza dinanzi al giudice amministrativo: indiziante, al riguardo, appare l'invito formale che il sindaco, ormai a ridosso dell'adozione della deliberazione di consiglio, ha rivolto al funzionario del comune affinché richiedesse al consulente legale appositamente incaricato quante probabilità di successo avrebbe avuto la controparte in caso di impugnazione al Tar della deliberazione consiliare di diniego della variante e quali rischi avrebbero corso i consiglieri e gli assessori.

Nella fattispecie il collegio giudicante ritiene che tale richiesta di parere legale debba essere considerata non come il tentativo di acquisire in extremis un ulteriore elemento di valutazione in grado di orientare la decisione del Consiglio, bensì come «bisogno di rassicurazione» davanti a una ormai prossima deliberazione collegiale negativa. Anziché il dolo eventuale, pertanto, è più aderente ai fatti individuare nella notevole superficialità e nella rilevante violazione delle regole di buona amministrazione dimostrate nella gestione del procedimento di Suap l'elemento soggettivo della colpa grave: è questo, dunque, il titolo di responsabilità per cui hanno risposto i convenuti subendo la condanna al risarcimento del danno a favore del Comune.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©