Urbanistica

Subappalto liberalizzato dalle sentenze Ue. Sul codice il Pd tentenna, la Lega spara

Nel Dl Semplificazioni<i>-bis</i>: appalto integrato fino al 2026; sulla Via poteri sostitutivi e taglio ai tempi

di Giorgio Santilli

I partiti ce la mettono tutta per sprecare l'ennesima occasione di definire un quadro di regole per gli appalti snello, stabile e condiviso. La maggioranza larga consentirebbe un lavoro di sintesi e le prime bozze circolate vanno in tal senso. Ma con la sceneggiata che si ripete a colpi di slogan una volta l'anno - quando arriva un decreto «sbloccacantieri» o «semplificazioni» - vincono le contrapposizioni «abolire il codice» e «il codice non si tocca», mentre il codice è morto da mesi. Ancora una volta spetta a Draghi il compito di imporre la sintesi superando slogan e bandierine. Ecco alcune questioni da risolvere.

Da cinque anni codice stravolto e inattuato
Il codice appalti è morto, ma i partiti tornano a piantare le loro bandiere sul codice. Se si volessero trovare soluzioni a problemi reali, basterebbe mettersi seduti a un tavolo evitando gli slogan estremi: il codice non si può azzerare - come chiede la Lega - perché si fermerebbe tutto, ma si può avvicinare alle regole europee; e non si può difendere così com'è - come vorrebbe il Pd - perché è già un colabrodo senza più anima: modificato con 28 leggi 547 volte in cinque anni senza un disegno organico, a strappi, largamente inattuato (dei 62 provvedimenti attuativi previsti solo la metà ha visto la luce e la gran parte sono congelati mentre il regolamento generale è rimasto fermo da due anni), sospeso in parti fondamentali, prima dal decreto sbloccacantieri del governo giallo-verde ad aprile 2019, poi dal decreto semplificazioni del governo giallo-rosso a luglio 2020.

Il Pd ha governato per 4 degli ultimi 5 anni ma non è stato in grado di attuarlo. O forse non l'ha voluto. Non solo: prima ha detto no ai commissari, poi li ha accettati come scorciatoia possibile in assenza di un disegno. La bozza del governo fa una cosa razionale: riparte dal Dl 76/2020 e proroga quel che ha funzionato, magari correggendolo. Motivo di scontro, oltre alla proroga degli affidamenti senza gara, l'appalto integrato pure prorogato al 2026. Pochi sanno che a chiederlo sottovoce sono proprio quelle stazioni appaltanti - a partire da Rfi - su cui poggia gran parte del Recovery Plan. Senza strutture efficienti di progettazione capace di sostenere l'enorme mole di lavoro derivante dalle centinaia di lotti in arrivo, o si affida all'esterno la progettazione (questo fa l'appalto integrato) o il rischio è di fermare tutto. Converrebbe allora discutere della durata dell'appalto integrato o di come farlo, magari limitandolo a stazioni appaltanti "forti" oppure imponendo all'appaltatore di lavorare con progettisti qualificati o ancora mettendo vincoli e controlli per evitare l'aumento dei costi dal progetto preliminare (messo in gara dalla stazione appaltante) al progetto definitivo (realizzato dall'appaltatore) ai lavori (di competenza dello stesso appaltatore).

La sentenza Ue impone: subappalto senza tetti
Dal 26 settembre 2019, giorno in cui la Corte di giustizia Ue ha condannato il tetto del 30% (poi 40%) al subappalto imposto dall'articolo 105 del codice appalti, nessun governo o ministro è riuscito a trovare una soluzione equilibrata, al riparo dalle posizioni dei tanti tifosi dello status quo (sindacati in primis) e della liberalizzazione integrale (scatole più o meno vuote che lavorano subappaltando tutto o molto). Capacità di sintesi politica zero, due anni persi, magari dai molti che ora pontificano sul tema. Inevitabile che, obbligati oggi a mettere mano alla norma, si riproduca la solita guerra di posizione. La bozza del governo non pone tetti (la cui legittimità sarebbe a questo punto molto dubbia) ma vieta di affidare a terzi l'integrale esecuzione dell'appalto e consente alle stazioni appaltanti di porre un freno al subappalto indicando i lavori che per ragioni di lotta alla criminalità mafiosa, di sicurezza del lavoro e di controllo delle attività di cantiere, non devono essere subappaltati. Non c'è una norma nazionale uguale per tutti - come chiede la Ue - ma si dà la possibilità alle stazioni appaltanti di escludere dai subappalti lavori "a rischio".

Valutazione ambientale con i poteri sostitutivi
Passi avanti per la Via: per i progetti Pnrr drastica limatura dei tempi e una commissione speciale di 40 componenti al lavoro a tempo pieno, da insediare entro due mesi. Rispetto alla norma del semplificazioni per il Pniec, che non aveva funzionato, la novità è che le opere sono individuate ope legis (non serve un Dpcm). Ma soprattutto subentrano i poteri sostitutivi affidati sulla base della legge 241/90 (trasparenza amministrativa) in caso di inerzia della commissione o del direttore generale del Mite che firma il parere.

Poteri dei sindaci e liti sulle stazioni appaltanti
Il leader della Lega Matteo Salvini ha rilanciato anche il tema dei poteri ai sindaci per attuare il Recovery Plan. Altro tema ostico per il governo (che finora ha negato questa possibilità). Ma quando si parla di codice appalti una battaglia decisiva che resta quasi sempre sotto traccia proprio per l'opposizione drastica dei sindaci (e indirettamente per le divisioni nel Pd) è la riduzione e la qualificazione delle stazioni appaltanti. il sistema italiano è frammentato, con oltre 30mila stazioni appaltanti. Il Pnrr è un'occasione per concentrare nelle mani di stazioni appaltanti professionalmente qualificate, ma le resistenze sono molte. Norma del codice appalti inattuata fin dalla prima ora per le difficoltà del Pd a portarla avanti.

Demolire e ricostruire: alt vincoli, si volta pagina
Fra le cose importanti della bozza di Dl semplificazioni del governo il superamento dell'articolo 10 del decreto semplificazioni 2020 che ingessava la rigenerazione urbana e la demolizione e ricostruzione in tutte le zone omogenee A (limitrofe in genere ai centri storici ma in alcune grandi città, per esempio Roma, molto estese) a prescindere dalla qualità dell'immobili e dal fatto che fosse vincolato (difendendo quindi anche mostri). Per i progetti di ricostruzione con ampliamento fuori sagoma o innalzamento, è consentito l'intervento «purché nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti, nell'ambito di appositi piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, ferma restando la disciplina di tutela cui siano eventualmente sottoposti gli immobili interessati dagli interventi». Nessuna liberalizzazione selvaggia, ma basta ingessature di tutte le zone semi-centrali.

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