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Pnrr, sull'acqua programmare l'investimento di 4 miliardi strumentale a cambiare il Paese

di Ettore Jorio

Un Paese, il nostro, che non può vivere di una emergenza dietro l'altra, e perdere la partita in ognuna di esse. Qualcuna incolpevole, del tipo il Covid-19 subito oltremisura perché senza un adeguato piano anti-pandemico. Altre, subite per mancata previsione degli eventi e soprattutto per mancata adozione di misure preventive. Non solo. A causa dell'assenza di quella programmazione specifica, anche quando le risorse ci sono e sarebbero tali da obbligarla con l'Unione europea a pretenderla.

La dichiarazione di Draghi del 30 giugno, giorno della scadenza dei progetti del primo semestre 2022 e dell'istanza della pretesa verso l'Ue di poco più 24 miliardi, comprensivi delle anticipazioni incassate in agosto e dicembre 2021, corrispondenti al primo acconto di quelli del Pnrr, ha messo in rilievo una brutta abitudine tutta italiana. Un vizio che stupisce essere stato assunto dall'ex presidente BCE, del quali tutti ne vantiamo le doti e che il Pianeta gli riconosce.

Da una parte, l'emergenza siccità, vissuta prevalentemente al Nord, nei confronti della quale dovere approvare (finalmente) un piano acqua, per il contrasto e la prevenzione della siccità. Dall'altra, l'ammissione dello stesso Premier, lo stesso che ha guidato le fila del programma degli investimenti Pnrr, che afferma ciò che il Paese sa da tempo: una rete colabrodo, che fa disperdere quasi il 50% del più prezioso liquido della Terra. Sul punto, raccoglie doverosamente consenso l'idea di invitare le Regione a dichiarare, ciascuna, lo stato di emergenza sul quale costruire l'irrinunciabile da farsi.

Un ragionamento, questo, che si ripete con l'invasione di coliformi fecali che inonda lo splendido mare del Sud, sottraendogli l'attrattività che merita e, di conseguenza, la generazione dell'economia che in diverse condizioni genererebbe. Stessa cosa per i fanghi di depurazione e per le immissioni incontrollate dei corsi d'acqua nei mari, ove l'agricoltura e le "delinquenze" di ogni tipo versano di tutto. Generando spesso pericoli di avvelenamento. Per non parlare dei rifiuti nei confronti dei quali valgono più le guerre ideologiche che le soluzione rinvenibile nei termovalorizzatori, inceneritori e rigassificatori e chi ne ha di più ne metta. Una soluzione che, tra l'altro, offrirebbe soluzioni alternative al ricatto russo, divenuto di ragione pubblica solo a causa della guerra ucraina.

A parte la valutazione del prevedibile messo in relazione con il possibile, sono tutti temi che avrebbero dovuto attrarre l'attenzione dell'Autorità governativa in sede di redazione del Pnrr. Piuttosto che riprendere e riproporre progetti risalenti di qualche decennio, sarebbe stato meglio programmare opere, del tipo: la revisione della rete dell'acqua, ovunque resa ai minimi livelli di portata a causa delle ingenti perdite; una rete fognaria unitaria da Roma in giù che avrebbe fatto giustizia, in una accurata e più semplice rete di depurazione a valle, delle stupende acque del mare del Mediterraneo che bagna il Mezzogiorno; una trasformazione dei rifiuti in energia utile e funzionale a rendere le città meno aggredite dalle maledizioni di un turismo critico in tal senso.

Sarebbe stato così un Pnrr di grande portata, strumentale a cambiare il Paese, tanto da renderlo competitivo a 360°.

Tutto perduto? Non affatto. Sull'acqua c'è da programmare un investimento Pnrr di quattro miliardi che potrebbero costituire l'incipit di un grande progetto da fare rifinanziare ulteriormente a livello unionale. Stessa cosa per le desiderate fogne e del sistema della depurazione assicurate alle regioni del Mezzogiorno, poste a guardiane del più bel mare del mondo. Per i rifiuti e l'energia, occorre bandire le chiacchiere e procedere nell'esclusività dell'utilità pubblica. L'Ue non si tirerà indietro, in proposte che sono nella quasi totalità green e comunque a tutela del fabbisogno energetico, da soddisfare meglio di come si fa con il petrolio.

Interventi, questi, che possono risultare peraltro interessanti al punto da attrarre anche i privati e dunque generare occasioni di partenariato pubblico-privato.