Urbanistica

Carcere per le false attestazioni, i professionisti: norma a rischio di costituzionalità

La rete delle professioni tecniche ha scritto al premier per prospettare le criticità applicative della sanzione penale

di Giuseppe Latour

Un reato di portata ampia, ripreso dalla disciplina del concordato preventivo, che comprende anche le semplici omissioni e che riguarderà tutte le tipologie di asseverazione e tutti i bonus casa, non solo il 110 per cento. Nel decreto correttivo del Dl Sostegni ter, approvato la scorsa settimana in Consiglio dei ministri, compare una norma che cambia i connotati di questo mercato: si tratta di una nuova sanzione penale (con la reclusione da due a cinque anni), dal perimetro molto largo, a carico dei professionisti che attestino il falso nelle procedure relative alle detrazioni. L'intervento è stato pensato per prevenire gli abusi registrati nei mesi scorsi e parte da un presupposto: gli autori delle truffe relative ai bonus sono, molto spesso, difficili da individuare, perché nascosti da teste di legno. Da qui nasce l'idea di concentrare le contestazioni su un elemento sicuramente individuabile: le false attestazioni dei professionisti abilitati.

Concretamente, stando alle bozze del testo, la norma inserita nel decreto correttivo del Sostegni ter riprende in maniera quasi letterale un meccanismo già rodato, quello dell'articolo 236-bis della legge fallimentare, dedicato alle false attestazioni od omissioni dei professionisti che asseverano la veridicità dei dati aziendali, contenuti nei piani relativi ai concordati preventivi. Il nuovo reato, allora, riguarda tutte le asseverazioni citate al comma 13 dell'articolo 119 del Dl Rilancio: quindi, l'asseverazione dei requisiti tecnici per gli interventi di efficientamento, l'asseverazione di congruità delle spese e l'asseverazione dell'efficacia della messa in sicurezza antisismica. Queste asseverazioni, peraltro, riguardano sia il superbonus che gli altri bonus casa, in caso di cessione e sconto in fattura. Il reato ha una portata ampia. Consiste, innanzitutto, nell'esporre informazioni false: quindi, nell'indicare dati che non corrispondano alla realtà, a partire dall'attestazione falsa di congruità delle spese.

Non solo, però, perché vengono punite anche le omissioni di informazioni rilevanti «su requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione del progetto». L'omissione di questi elementi dovrà essere sempre dolosa, quindi volontaria. Queste condotte vengono punite con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50mila a 100mila euro. Se il fatto viene commesso per «conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri» (una circostanza che potrebbe essere molto frequente), scatterà anche un possibile aumento di pena. La soluzione individuata è stata da subito oggetto di critiche durissime da parte dei professionisti: la Rete delle professioni tecniche ha già scritto al premier, Mario Draghi per sottolineargli «il grave rischio di creare nuovamente difficoltà insormontabili nel processo di miglioramento energetico e di messa in sicurezza degli edifici». I professionisti «non comprendono la necessità di un inasprimento delle sanzioni», dal momento che «non si hanno notizie, ad oggi, di responsabilità dei professionisti tecnici in proposito, né di dichiarazioni false o infedeli accertate come tali». Inoltre, nel nostro sistema sono già previste sanzioni per le truffe e l'indebita percezione di contributi pubblici e il Dl Rilancio prevede una sanzione (amministrativa) specifica, fino a 15mila euro, per le asseverazioni infedeli. Secondo la Rpt, poi, «la formulazione del testo si presta a gravi difetti di costituzionalità», perché «viola il principio di legalità e di determinatezza della fattispecie penale». Quindi, la norma andrebbe cancellata o corretta.
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