Amministratori

Inconferibile al sindaco l'incarico di Presidente del Cda, a titolo gratuito, di una società pubblica

Secondo l'Anac i rischi si annidano anche nel «cumulo di cariche»

di Stefano Pozzoli

Anac, con la deliberazione n. 346/2022, contesta al sindaco di un Comune di oltre 15mila abitanti il ruolo di Presidente del Cda, a titolo gratuito, di una società pubblica. Una delibera molto interessante, perché dimostra come la stratificazione di successive interpretazioni, via via più restrittive, abbia di fatto radicalmente modificato quello che apparivano le finalità stesse del Dlgs 39/2013, ovvero regolare e limitare il pantouflage, degenerato in un malcostume politico, di consolare i politici non rieletti con incarichi di sottogoverno.

Nel caso di specie, dunque, «iI conferimento deII‘incarico di Presidente del CdA (…) appare avvenuto in violazione deII‘art. 7, co. 2, lett. d), del d.Igs. n. 39/20133, che dispone: "A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conf[erisce l'incarico, ovvero a coloro che nell'anno precedente abbiano fatto parte della giunta (…) non possono essere conferiti (…) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti…"».

Chiunque legga questa disposizione la interpreterebbe letteralmente, nel senso che il divieto riguarda i soli soggetti che assumano un incarico successivamente alla cessazione del precedente. Ma per Anac i rischi annidano anche nel «cumulo di cariche», e sarebbe illogico ritenere che quello che è vietato per chi ha cessato una carica non valga per chi è in carica. Punto di vista legittimo, ma non supportato dal testo del decreto. Però Anac ha deliberato in questo senso, per la prima volta, in un parere dell'8 aprile 2015, per l'amministratore unico di una società campana, ed ha poi cristallizzato nell'orientamento 11/2015.

Eppure, già nel 2015 la Commissione di studio di Anac sottolineava che «queste inconferibilità non trovano una copertura nei principi della delega, ed andrebbero rimosse, correggendo il d.lgs. n. 39 per ricondurlo alla delega attribuito dalla legge n. 190" (Relazione finale sulla revisione della disciplina vigente…, luglio 2015) e soprattutto chiedeva di "eliminare, tra le cause di inconferibilità per provenienza da cariche politiche, la provenienza da … enti di diritto privato in controllo pubblico».

Ma Anac, nonostante ciò, decide di andare in altra direzione e si lamenta anzi del fatto che il regime non si applichi agli amministratori di società senza deleghe di gestione diretta. L'uovo di colombo il Consiglio di Stato (sentenza n. 126/2018), che pone I‘accento, ai fini applicativi del Dlgs 39/2013, sulla rilevanza dei poteri deII‘organo esecutivo, che in assenza di un amministratore delegato sostiene la tesi che se non vi sono amministratori delegati, tutti gli amministratori, di fatto, hanno poteri di gestione diretta (!). Ecco quindi che l'inciso di presidente «con deleghe gestionali dirette» prevista dal decreto 39 (articolo 1, comma 2, lettera l) viene di fatto superato dalla interpretazione Anac, perché con la a questo punto strana eccezione della presenza di un amministratore delegato, diventano tutti i presidenti con deleghe di gestione diretta, vista la lettura di poteri gestori a cui ricorre Anac – nel caso di specie ha un potere di firma assai esteso, al punto che ha inviato una lettera, a nome della società, alla Regione e dei solleciti di pagamento ad altri soggetti esterni - e che prescinde, nel caso di specie, perfino dal fatto che vi sia non un amministratore delegato ma un direttore generale, nominato e revocabile dalla assemblea, con deleghe previste dalla statuto e quindi perfino più forti di quelle affidate dal Cda ad un suo membro, e quindi sempre revocabili.

Si noti, per altro, che in certi casi Anac ha pure ritenuto di poter ignorare le deroghe previste dall'articolo 11 del Tusp (Dlgs 175/2016), aggiungendo incertezza a incertezza.

Uno dei compiti del futuro Parlamento, a nostro giudizio, sarà proprio quello rivedere queste disposizioni, circoscrivendole con esattezza nel proprio ambito di applicazione, magari inserendole, per quel che riguarda la società, nel Tusp.

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