Amministratori

Attuazione a passo lento: 463 decreti da smaltire

Palazzo Chigi con la «Rete unitaria» prova ad accelerare: le amministrazioni sollecitate a intervenire. Si valuta lo strumento degli incontri bilaterali per le urgenze

di Marco Rogari

A Palazzo Chigi in queste ore lo sguardo è indirizzato anzitutto ai temi più caldi e urgenti: dal conflitto russo-ucraino e dal delicato dossier sul superbonus, alla complessa partita con la Ue sul Pnrr, alle tensioni nella maggioranza su nomine e giustizia e alla riforma fiscale in arrivo. Ma nell’agenda Presidenza del consiglio anche un’altra voce è cerchiata in rosso: quella che riconduce allo smaltimento del pesante arretrato di decreti e altri provvedimenti attuativi in sospeso. Una mole imponente che non tende assolutamente a ridursi e che anzi, dopo l’approvazione della prima legge di bilancio targata Meloni e la nuova ondata di decreti legge, è addirittura aumentata rispetto al monitoraggio di dicembre arrivando a quota 463 atti in lista d’attesa. E ben 139 di questi testi sono collegati alle iniziative legislative adottate proprio dall’attuale governo nei suoi primi quattro mesi di attività.

Il grosso dell’arretrato rimane quello ereditato dall’esecutivo Draghi con 236 provvedimenti ancora in cerca d’attuazione. Ma nell’elenco dei decreti fermi al palo continuano a comparire 68 testi previsti dalle misure introdotte dal “Conte 2” in versione “giallorossa” e altre 20 da quelle approvate dal primo gabinetto Conte a tinte “gialloverdi”.

Dati che a palazzo Chigi conoscono bene, anche perché sono monitorati quotidianamente dalla struttura per l’attuazione del programma di governo coordinata dal sottosegretario alla Presidenza, Giovanbattista Fazzolari. Che già alla fine dello scorso anno aveva dato il sostanziale via libera all’attivazione di una “Rete permanente” dell'attuazione del programma di governo. Una prima iniziativa, seguita da alcune sollecitazioni a tutte le amministrazioni interessate a recuperare il tempo perduto, che ha il chiaro intento di evitare che gli interventi varati dai precedenti governi e, soprattutto, quelli voluti dal governo Meloni rimanessero a metà del guado. Con la conseguenza di mettere a repentaglio una fetta consistente delle risorse stanziate (a partire da quelle legate alla manovra) e il processo di riforme. Che, nelle intenzioni della premier, dovrebbe subire una decisa accelerazione nelle prossime settimane con la presentazione della delega fiscale, ma che guarda anche alla revisione (già avviata) del Reddito di cittadinanza e alla giustizia, in attesa che con il Def di aprile vengano individuati i binari su cui si dovrà muovere la prossima legge di bilancio autunnale.

La decisione presa nelle scorse settimane è di fatto in linea con la strategia messa a punto lo scorso anno dall’esecutivo Draghi e, in particolare, dall’allora sottosegretario alla Presidenza, Roberto Garofoli. Una strategia che poggiava su un piano straordinario con tanto di tabella di marcia, grazie al quale nel periodo compreso tra la nascita del governo Draghi e la fine dell’agosto 2022, erano stati smaltiti 1.260 provvedimenti attuativi (approvati o abrogati) e ne venivano lasciati ancora in sospeso 406. A distanza di dieci mesi l’asticella dell’arretrato invece di abbassarsi è però addirittura salita. Anche per questo motivo Palazzo Chigi nelle prossime settimane potrebbe studiare alcuni accorgimenti per invertire la rotta.

Tra le idee già valutate c’è quella di non procedere più strettamente all’insegna dei target, come previsto dal piano Draghi-Garofoli, ma di assegnare una sorta di corsia preferenziale all’attuazione dei provvedimenti considerati più urgenti anche tenendo conto delle priorità di volta in volta decise dalla Presidenza del consiglio per l’azione di governo. E in quest’ottica potrebbero rivelarsi funzionali specifici incontri “bilaterali” sulle tematiche più delicate, che sarebbero già stati ipotizzati a inizio anno, tra la struttura per l’attuazione del programma di governo e i singoli ministeri, a cominciare da quelli maggiormente in ritardo.

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