Appalti

Project financing, ok a modifiche del progetto a base di gara da parte dei concorrenti

Consiglio di Stato: in caso di inziativa pubblica legittimo discostarsi dagli studi di fattibilità

di Roberto Mangani

In una procedura di project financing a iniziativa pubblica i concorrenti che partecipano alla gara possono presentare in sede di offerta un progetto definitivo che si discosta anche per aspetti significativi dai contenuti del progetto di fattibilità posto a base di gara dall'ente pubblico procedente. È questo il principio affermato nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 12 aprile 2021, n. 2924, che introduce un importante elemento di flessibilità nella procedura di project financing, peraltro coerente con la natura e le caratteristiche della stessa.

La pronuncia contiene inoltre interessanti affermazioni anche con riferimento ai criteri di applicazione del principio dell'anonimato riferito ai documenti di gara.

Il fatto
Un ente locale aveva indetto una procedura di project financing ad iniziativa pubblica per la concessione del servizio di ristorazione scolastica e realizzazione di un nuovo centro cottura.
Nella lettera di invito erano contenute due clausole che regolamentavano specifici aspetti. Con la prima veniva precisato che il progetto definitivo che i concorrenti dovevano presentare in sede di offerta doveva rispettare le caratteristiche minime contenute nel progetto di fattibilità posto a base di gara. La seconda previsione stabiliva che la valutazione dei progetti definitivi sarebbe avvenuta in forma anonima, per far sì che l'esame del progetto tecnico gestionale relativo al servizio non fosse influenzato dalla valutazione del progetto definitivo dei lavori di realizzazione del centro cottura, e viceversa.

Intervenuta l'aggiudicazione, il concorrente secondo classificato proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo. L'aggiudicatario, a sua volta, proponeva ricorso incidentale.
Con i due ricorsi venivano sollevate una serie di censure in merito all'operato dell'ente locale procedente: le principali riguardavano l'applicazione del principio dell'anonimato e le modifiche apportate dall'aggiudicatario al progetto di fattibilità posto a base di gara.
Il giudice amministrativo di primo grado accoglieva entrambi i ricorsi, quello principale e quello incidentale. Contro questa decisione l'originario aggiudicatario proponeva appello al Consiglio di Stato.

Il principio dell'anonimato dei documenti di gara
Come ricordato la clausola della lettera di invito imponeva ai concorrenti, a pena di esclusione, il rispetto dell'anonimato in relazione al progetto definitivo. Ciò al fine di evitare che la valutazione del progetto tecnico relativo alla realizzazione del centro cottura fosse influenzata dall'esame del progetto tecnico – gestionale relativo al servizio, e viceversa. In sostanza, l'intento era quello di permettere alla commissione di scegliere il miglior progetto definitivo per la realizzazione dei lavori del centro cottura, a prescindere dalla valutazione in merito al miglior gestore del servizio.

Al riguardo il Consiglio di Stato ricorda che in termini generali la regola dell'anonimato dei progetti è funzionale a garantire l'effettiva imparzialità della valutazione della commissione giudicatrice. Tale regola risponde al più generale principio che vuole sottrarre a ogni tipo di interferenza connessa alla conoscenza dell'identità dei concorrenti l'esame delle offerte pervenute.

Sulla base di questa regola di carattere generale, le modalità attuative della stessa possono essere variamente articolate dalla stazione appaltante. Nel caso di specie tali modalità prevedevano che i concorrenti dovevano omettere di inserire in tutti documenti, sia in formato cartaceo che digitale, una serie di informazioni identificative della loro identità (carta intestata, loghi, marchi, timbri, sottoscrizioni e firme, nominativi).

Al riguardo il giudice amministrativo rileva come l'eliminazione degli elementi indicati dai documenti cartacei sia più agevole rispetto ai documenti informatici. Questi ultimi infatti conservano tracce delle operazioni svolte, che possono portare in maniera più o meno semplice a rintracciare l'autore del documento.

La clausola della lettera di invito che equiparava, ai fini del rispetto dell'anonimato, i documenti cartacei e quelli informatici comporta quindi la necessità che la stessa sia interpretata in senso finalistico, cioè come intesa a imporre la cancellazione di quelle informazioni che consentano di riconoscere l'identità del concorrente dalla sola lettura del documento.

Secondo il Consiglio di Stato questa finalità, nel caso di specie, è stata nella sostanza rispettata dai concorrenti. Se infatti è vero che non tutti i documenti erano completamente privi di elementi identificativi – che residuavano in misura marginale su alcuni file e su una tavola progettuale – gli stessi non erano comunque tali da compromettere il principio dell'anonimato.

In questa logica, accogliere le censure mosse dai ricorrenti volte a far valere le presunte violazioni della regola dell'anonimato significherebbe sanzionare con l'esclusione dalla gara comportamenti che al più possono essere considerati non pienamente diligenti, ma che certamente non hanno leso l'obiettivo di consentire alla commissione giudicatrice di esaminare il progetto di realizzazione del centro cottura senza conoscerne l'autore.
È interessante considerare l'approccio adottato dal giudice amministrativo. Lo stesso sottolinea infatti come una diversa impostazione significherebbe dare rilievo decisivo a un vizio formale di limitata incidenza, alimentando quindi quella visione del processo amministrativo inteso come "caccia all'errore", che non deve invece assumere rilievo fino a che non si traduce in un effettivo ostacolo all'libero dispiegarsi della logica concorrenziale nelle procedure di gara.

La modificabilità del progetto di fattibilità
La censura mossa dalla ricorrente seconda classificata era che il progetto definitivo relativo alla realizzazione del centro cottura presentato in sede di offerta dall'aggiudicataria divergeva sotto diversi profili dalle prescrizioni contenute nel progetto di fattibilità posto a base di gara dall'ente procedente.

La questione che quindi si è posta è quale sia il valore e il grado di vincolatività del progetto di fattibilità in rapporto alla successiva progettazione che devono sviluppare i concorrenti alla gara; detto altrimenti, occorre stabilire se e in che misura questi ultimi siano vincolati in sede di redazione del progetto definitivo alle indicazioni contenute nel progetto di fattibilità.
Per dare risposta a tale questione, il giudice amministrativo si sofferma su due profili: le caratteristiche essenziali della procedura di project financing e la definizione dei livelli di progettazione previsti dal D.lgs. 50/2016.

Sotto il primo profilo, il Consiglio di Stato ricorda che la procedura di project financing presenta due caratteristiche fondamentali: risponde all'interesse pubblico finalizzato alla realizzazione di un'infrastruttura di interesse generale e presuppone che possano essere generati flussi di cassa sufficienti a ripagare i costi di realizzazione e operativi.
Queste caratteristiche ne fanno una tipica forma di collaborazione pubblico – privato. In questo senso, non è una procedura finalizzata esclusivamente alla scelta del miglior contraente per la realizzazione di un'opera pubblica, quanto piuttosto alla ricerca di un partner che collabori ai fini della progettazione, realizzazione e successiva gestione di un'infrastruttura suscettibile di generare flussi di cassa.

Quanto ai livelli di progettazione, il D.lgs. 50 ne contempla tre: progetto di fattibilità, progetto definitivo e progetto esecutivo, ognuno con un grado di dettaglio via via più marcato. Dai contenuti propri di ogni livello si può desumere che il progetto di fattibilità, all'esito di una serie di indagini e approfondimenti relativi all'impatto territoriale dell'opera, conclude la prima fase di progettazione fissando le specifiche esigenze dell'ente appaltante che devono essere soddisfatte. Lo sviluppo delle caratteristiche strutturali e funzionali dell'opera è invece lasciato ai successivi livelli di progettazione, in primis il progetto definitivo.
Tenendo conto da un lato dell'elemento della collaborazione tra ente pubblico e operatore privato che caratterizza il project financing e dall'altro dei contenuti dei diversi livelli di progettazione, il giudice amministrativo giunge alla seguente conclusione rispetto alla questione sollevata.

Nell'ambito della procedura di project financing il progetto di fattibilità posto a base di gara dall'ente pubblico deve definire le caratteristiche essenziali dell'opera, in base alle esigenze proprie dell'ente stesso. Ma i privati, nella successiva fase di progettazione – tenuto conto dei contenuti tipici del progetto definitivo e dell'apporto collaborativo che devono fornire – possono autonomamente sviluppare le caratteristiche tecniche di dettaglio, senza essere vincolati dal progetto di fattibilità, ben potendo proporre soluzioni ritenute più efficienti e convenienti.

Questa conclusione è giustificata anche alla luce del fatto che nella procedura di project financing l'ente pubblico necessita per definizione delle competenze del privato, che con maggiore cognizione di causa può individuare già in sede progettuale le soluzioni più adatte per la migliore gestione del servizio inerente l'opera da realizzare.
In definitiva, è la natura stessa del project financing a consentire che l'apporto collaborativo del privato si sviluppi già in fase progettuale e anche in sede di gara, attraverso eventualmente la presentazione di un progetto definitivo che modifichi le prescrizioni tecniche contenute nel progetto di fattibilità.

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