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Autostrada A24-A25, il Cipess formalizza la bocciatura del quinto e ultimo Pef di Strada dei Parchi

Confermato l'esito non favorevole annunciato dal ministro Giovannini il 3 maggio scorso. In 9 anni cinque proposte di Pef, tutte respinte

di Massimo Frontera

Arriva la bocciatura ufficiale da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile all'ultima proposta di aggiornamento del piano economico finanziario relativo alla concessione a Strada dei Parchi Spa per le tratte A24-A25 e presentato dal commissario ad acta. «La proposta - ricorda il Cipess in una nota - prevedeva aumenti tariffari del 15,81% all'anno fino al 2030». L'atto di formale «parere non favorevole» chiude l'iter sul quale si era consumato un lungo braccio di ferro in cui è stato coinvolto anche il Consiglio di Stato il quale si era appunto pronunciato sulla necessità di una formale risposta esplicita da parte del Mims. Il Cipess ha esaminato la proposta di aggiornamento del Pef lo scorso 5 maggio, nella riunione presieduta dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini. Il giorno precedente lo stesso Giovannini aveva anticipato al riunione del Cipess nel corso di una informativa urgente al Parlamento nella quale ha ripercorso le principali tappe del lungo braccio di ferro tra concedente e concessionario. Nella stessa occasione ha comunicato l'intenzione del governo di prorogare di sei mesi (cioè al 31 dicembre 2022) il congelamento degli incrementi tariffari che sarebbe dovuto cessare a fine giugno.

Il confronto tra Strada dei Parchi e governo si era complicato da tempo. Alla scadenza del primo periodo regolatorio (31 dicembre 2013) il concessionario aveva presentato una proposta di Pef che prevedeva 6,9 miliardi di investimenti, con ammodernamenti in sede e nuovi tratti in variante. La necessità di intervenire per assicurare condizioni di sicurezza sulle tratte della A24-A25 è diventata ineludibile dopo il sisma dell'Aquila del 2009 e necessità che l'autostrada - classificata tra le infrastrutture di interesse strategico - assicurasse la sua funzionalità anche in situazioni di emergenza. Tale proposta, come ha ricordato il ministro Giovannini, «assumeva costantemente parametri divergenti rispetto a quelli definiti in sede di gara», proponendo appunto nuovi tratti da realizzare in variante, l'estensione di 10 anni del periodo concessorio, un consistente ricorso alla contribuzione pubblica e altre misure compensative. Respinta al mittente la proposta, nel 2016 la società ha avanzato una seconda proposta di Pef in cui prevedeva un volume di investimenti di circa la metà rispetto al primo Pef (2,971 miliardi, poi saliti 3,15 in occasione della riformulazione della proposta, formalizzata il 13 giugno 2018).

Anche questo secondo Pef però non ha avuto seguito, sia perché la prospettiva di robusti incrementi tariffari ha fatto scendere in trincea gli enti locali del territorio servito dall'infrastruttura, sia perché sulla determinazione della tariffa è diventata obbligatoria l'applicazione del metodo elaborato dall'Autorità di regolazione dei trasporti. «Sulla base della nuova cornice regolatoria - ha riferito il 4 maggio scorso il ministro dei Trasporti -, a giugno 2019 la società ha presentato una proposta aggiornata di revisione del rapporto concessorio dalla quale emergono le seguenti condizioni: un programma di investimenti pari a 3,14 miliardi di euro, contributi pubblici per 2 miliardi di euro, un autofinanziamento pari a 1,14 miliardi di euro, un indennizzo da subentro pari a 1,007 miliardi di euro al valore nominale, proroga della concessione di dieci anni dal 2030 al 2040, estinzione del credito verso il concedente, cioè Anas, per 650 milioni di euro e apporto di capitale proprio per 257 milioni di euro; infine, incremento tariffario annuo pari al 2,5 per cento per il periodo 2020-2022 e al 3,7 per cento a decorrere dal 2023 fino alla fine della concessione».

Per il governo, anche questa terza proposta era di fatto inaccettabile, se non altro per gli incrementi tariffari «non sostenibili sotto il profilo sociale, tenuto conto in particolare del livello tariffario iniziale già elevato e delle istanze avanzate dai rappresentanti degli enti territoriali». Ma fortemente critica si detta anche la Commissione Ue, che ha bocciato la proposta sia a causa dei 2 miliardi di euro pubblici previsti dal Pef - classificati da Bruxelles come aiuti di Stato - sia a causa dell'allungamento di 10 anni della concessione, che l'Europa ritiene una indebita restrizione della concorrenza. Anche questo secondo Pef è stato pertanto bocciato dal governo, ma questa volta il concessionario ha aperto un contenzioso contro il ministero delle Infrastrutture, sostenendo che fosse "inerte" rispetto alla procedura di adeguamento del Pef. Il Tar ha respinto il ricorso ma - a sorpresa - il Consiglio di Stato ha accolto l'appello del concessionario, nominando un commissario ad acta con «l'incarico di portare a compimento il processo di approvazione di un nuovo piano economico-finanziario».

E si arriva alla quarta proposta di Pef, comunicata dal commissario il 5 maggio 2021. «La nuova proposta - riassume Giovannini - prevede, in deroga ai vincoli introdotti dall'articolo 206 del decreto-legge n. 34 del 2020, l'esecuzione di interventi da parte della stessa società per complessivi 2,8 miliardi di euro, considerati quota parte del piano generale predisposto dal commissario straordinario, contemplato dallo stesso articolo 206 del citato decreto-legge come soggetto titolare per la messa in sicurezza dell'autostrada». Anche in questa proposta è stata considerata inammissibile dal governo. Il 16 dicembre 2021 ha pertanto inoltrato al commissario ad acta una quinta - e ultima - proposta di Pef «che non prevede a carico del concessionario investimenti per la messa in sicurezza antisismica, ma contempla la sola gestione ordinaria dell'autostrada sino all'attuale termine del contratto, cioè il 2030». Le risorse individuate dal piano arriverebbero di fatto principalmente dagli incrementi tariffari, cioè valorizzando ed esasperando ulteriormente l'unico elemento finanziario la cui rigidità era di chiara evidenza. «Vista la ridotta capacità di autofinanziamento del concessionario, le condizioni di equilibrio economico della sola gestione possono essere assicurate, in assenza di ulteriori misure compensative, solo attraverso un incremento tariffario del 15,81 per cento, da qui al 2030, rispetto alle tariffe attuali».

E si arriva all'ultima decisione del Mims, il 13 aprile scorso, in cui si segnala al commissario ad acta «l'esigenza di pervenire alla definizione della procedura in questione in tempi celeri, previa la pronuncia del Cipess». La formale pronuncia del Cipess sull'ultima proposta dei Pef presentata dalla società, avvenuta appunto nella riunione del 5 maggio scorso, ha consentito secondo il ministero, «l'espletamento del mandato da parte del commissario ad acta e l'ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato in ordine al perfezionamento del procedimento». Difficile che possa esserci un seguito costruttivo al rapporto ormai logorato tra concessionario e governo, anche perché nel frattempo il Mims «ha rilevato molteplici profili di criticità nella gestione del rapporto concessorio», ha segnalato «che la condotta della società con riferimento alla manutenzione delle infrastrutture è oggetto anche di indagini giudiziarie» e, infine, il 28 dicembre 2021, «ha formalizzato alla società una contestazione di grave inadempimento agli obblighi concessori». La replica di Strada dei Parchi (nella forma di controdeduzioni a fronte delle contestazioni del Mims) sono in fase di verifica da parte di Porta Pia. Ma è difficile prevedere che vengano ritenute convincenti. Il braccio di ferro - sterile sotto il profilo degli interventi di ammodernamento dell'infrastruttura - prosegue.

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