Appalti

Gare, illeciti professionali rilevanti anche per gli amministratori dell'azienda socia del concorrente

Consiglio di Stato: pesano anche i comportamenti posti in essere da persone fisiche riferibili all'impresa, in particolare le condotte penalmente rilevanti

di Pierluigi Costanzo

Con la sentenza n. 2629/2022, pubblicata lo scorso 8 aprile, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla portata applicativa dei cosiddetti gravi illeciti professionali (art.80, comma 5, lett. c, del Dlgs. n. 50/2016), fornendo tra l'altro una lettura sistematica e teleologica della nozione di "operatore economico" contenuta nella norma.

La pronuncia si collega alla contestazione in giudizio di un provvedimento di esclusione da una procedura di gara di un operatore economico, classificatosi primo nella graduatoria provvisoria, nei confronti del quale era stata rilevata la sussistenza di un grave illecito professionale.

In particolare, la stazione appaltante ha ritenuto grave la condanna (non definitiva) per il reato di bancarotta fraudolenta aggravata (artt. 223, comma 2, n. 2 e 219 della legge fallimentare) medio tempore intervenuta a carico dell'amministratore congiunto del socio unico persona giuridica del concorrente. L'operatore ha contestato il provvedimento di esclusione innanzi al Tar del Lazio, sostenendo - tra le altre cose - che l'art. 80, comma 5, del Codice, riferisce il grave illecito professionale soltanto all'operatore economico, persona giuridica, partecipante alla gara e non anche ai soggetti persone fisiche al medesimo riconducibili; secondo quanto sostenuto dal ricorrente, quando l'illecito professionale è rappresentato da una condanna penale, l'art. 80, comma 3, prevederebbe l'ampliamento del novero dei soggetti le cui condotte possono influire in modo ostativo alla partecipazione alle gare solo per le ipotesi contemplate dai commi 1 e 2 del citato art. 80 (ovvero per le ipotesi in cui l'esclusione sia conseguenza automatica di una condanna definitiva per uno dei reati elencati dal co. 1 o dell'esistenza di una delle misure interdittive previste al co. 2).

Il Tar (pur dando atto della complessità della vicenda) accoglie il ricorso con sentenza n. 9121/2021 poi impugnata innanzi al Consiglio di Stato. Di tutt'altro avviso la decisione del giudice d'appello che, accogliendo il gravame della stazione appaltante e del controinteressato ha precisato, in primo luogo che rientrano nell'ambito dei gravi illeciti professionali sia le condotte imputabili direttamente all'operatore economico persona giuridica (es. le risoluzioni contrattuali, le penali, le annotazioni nel casellario informatico, etc.), sia i comportamenti posti in essere da persone fisiche ma riferibili all'impresa, ed in particolare le condotte penalmente rilevanti, poiché altrimenti queste ultime non sarebbero mai utili per decidere dell'affidabilità dell'operatore ,ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), del Codice, dato che la responsabilità penale riguarda le sole persone fisiche e non anche le imprese (ciò che sarebbe evidentemente contrario alla logica ed alla ratio della disposizione, «trattandosi di condotte a rilevanza penale che, se realizzate dagli esponenti di cui l'impresa si avvale per operare sul mercato, incidono necessariamente sulla sua affidabilità, incrinando il rapporto fiduciario con l'amministrazione»).

A detta del Collegio, il giudizio di affidabilità/inaffidabilità relativo all'operatore economico rinviene il proprio fondamento nel principio di immedesimazione organica, l'adesione al quale consente di condividere le seguenti conclusioni:

- è del tutto irrilevante stabilire se la condotta sanzionata in sede penale sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per favorire la società di appartenenza, quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell'esercizio dell'attività professionale; accertata tale condictio, quale che fosse il beneficiario del reato, l'aver riportato una condanna penale è indice di carenza di integrità e di affidabilità morale che ciascuna stazione appaltante può apprezzare per decidere se tenere in gara l'operatore economico ovvero escluderlo;

- distinguere tra la condotta deplorevole del socio persona fisica e quella irreprensibile dell'impresa non coglie nel segno poiché, quando l'illecito professionale è portato da una condanna penale, la valutazione di inaffidabilità morale è effettuata a carico dell'ente in quanto la condotta stessa è posta da coloro che ne hanno la direzione o sono capaci di orientarne le scelte. Tali principi, precisa il Consiglio di Stato, «non postula[no] affatto l'attribuzione automatica dell'illecito penale dell'amministratore alla persona giuridica stessa ed alle altre persone giuridiche che da questa siano controllate, ma si limita[no] a rendere possibile l'apprezzamento della condotta penale del primo da parte della S.A. ai fini del giudizio di affidabilità della seconda e delle sue controllate, mediante (appunto) una lettura sistematica e teleologica della nozione di "operatore economico" ex art. 80, co. 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016«. Giudizio che per superare positivamente il sindacato di legittimità del giudice amministrativo non può prescindere dalla dimostrazione con "mezzi adeguati" del grave illecito professionale attraverso l'impiego di una motivazione "forte", adeguata alle circostanze del caso concreto.

Secondo quanto sostenuto dal Collegio, la circostanza che l'operatore economico si sia reso "colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità" costituisce un concetto giuridico indeterminato, in relazione al quale, per individuare il fatto produttivo di effetti giuridici, la norma non descrive la fattispecie astratta in maniera tassativa, ma rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nella norma di legge, all'integrazione dell'interprete, mediante l'utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extra-giuridici.

L'art. 80, co. 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 si pone quindi quale fattispecie aperta (volta ad attribuire alla stazione appaltante una posizione di potere/responsabilità, il cui esercizio – come appena detto - richiede adeguata motivazione, poiché suscettibile di controllo giurisdizionale del giudice): «così come non sono ivi tipizzati i gravi illeciti professionali che possono condurre all'esclusione dell'operatore economico concorrente, nemmeno vi sono indicati i soggetti le cui condotte sono rilevanti in caso di operatore economico avente forma societaria».

Tale disposizione normativa presuppone che debba trattarsi di soggetti che siano in grado di determinare o di condizionare le scelte dell'impresa, in linea con la normativa ed la giurisprudenza euro-unitarie, in specie al considerando n. 101 ed all'art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/Ue (come interpretato dalla sentenza della Corte di Giustizia UE 19 giugno 2019 in causa C-41/18): è quindi possibile ritenere che, «per le società di capitali, rilevino le condotte dei membri degli organi aventi poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, nonché dei soci in posizione equivalente, senza però escludere soggetti che, pur formalmente non rientranti nell'elencazione dell'art. 80, comma 3, o non aventi per statuto i poteri contemplati in tale disposizione, si trovino in una posizione che consente loro, anche in via di fatto, di orientare l'operato della società (cfr. Cons. Stato, V, 7 novembre 2020, n.7471)».

Secondo i giudici di Palazzo Spada «non sussiste alcun collegamento necessario tra il comma 5 ed il comma 3 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, pur dovendosi ammettere che la posizione dei soggetti elencati nel comma 3 renda più agevoli la verifica e l'onere motivazionale della stazione appaltante in ordine alla capacità della persona fisica di influenzare le scelte della persona giuridica concorrente, ma non esclude che si riconosca la stessa capacità in capo a soggetti letteralmente non considerati (come è per il socio unico persona giuridica e come accaduto nel caso di specie)».

Per effetto di tale decisione, viene quindi riaffermato il ruolo centrale riconosciuto alle stazioni appaltanti nella valutazione dei gravi illeciti professionali, potendo queste ultime esaminare qualsiasi circostanza che sia in grado di recidere il vincolo fiduciario nei confronti del potenziale appaltatore (nel rispetto dei limiti fissati dalle richiamate norme), sempre che l'esercizio di tale potere discrezionale sia legittimamente esercitato (attraverso il ricorso ad una istruttoria procedimentale completa e l'utilizzo di una motivazione rafforzata, come avvenuto nel caso in esame, in cui la stazione appaltante ha individuato quali elementi decisivi per il complessivo giudizio di inaffidabilità:

1) il tipo e la gravità del reato accertato in sentenza, strettamente connesso ai poteri di amministrazione della società;

2) il ruolo rivestito dall'imputato sia nella società amministrata che, per il tramite di questa, nella società partecipante alla procedura di gara, in qualità di amministratore del socio unico, avente diritto di voto in assemblea).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©