Appalti

Parità di genere, punteggi premiali possibili anche nei bandi non finanziati dal Pnrr

Per il Tar Lazio la normativa consente già un'applicazione generalizzata. Analisi delle misure inserite nella bozza del nuovo codice appalti

di Roberto Mangani

L'inserimento da parte dell'ente appaltante di clausole premiali dirette a favorire la così detta parità di genere deve ritenersi legittimo in relazione a tutti gli affidamenti, e non solo a quelli oggetto di disciplina speciale in quanto finanziati con i fondi del Pnrr o del Pnc.
La normativa di carattere generale infatti già contiene una serie di previsioni che consentono tale inserimento, a prescindere dalle specifiche disposizioni contenute nel decreto legge 77/2021 (decreto Semplificazioni), relative appunto agli appalti finanziati con fondi comunitari.

Sono queste le affermazioni contenute nella sentenza del Tar Lazio, Sez. V, 8 marzo 2023, n. 3873 che – ancorchè in maniera non del tutto convincente in relazione ad alcuni profili – riporta all'attenzione il tema della clausole dirette a favorire la parità di genere, oggetto di discussione anche in relazione alla disciplina contenuta nello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici.

Il fatto
La Regione Lazio in qualità di stazioni appaltante - soggetto aggregatore aveva indetto una gara a procedura aperta suddivisa in lotti per l'affidamento dei servizi di vigilanza armata. A seguito dell'intervenuta aggiudicazione uno dei concorrenti a uno dei lotti proponeva ricorso davanti al giudice amministrativo. L'elemento centrale posto a fondamento del ricorso riguardava la specifica clausola del disciplinare di gara che nell'ambito dei criteri di valutazione dell'offerta tecnica attribuiva un punteggio premiale ad aspetti attinenti alla così detta parità di genere. Nello specifico il ricorrente ha sostenuto che il criterio utilizzato dalla stazione appaltante per l'attribuzione del relativo punteggio finalizzato ad assicurare la così detta parità di genere non avrebbe potuto trovare applicazione nel caso di specie. Ciò in quanto si trattava di un appalto non finanziato con i fondi europei, per il quale quindi non vale la normativa speciale introdotta dall'articolo 47 del decreto legge 77/2021, che esplicitamente consente l'introduzione di clausole premiali del tipo indicato per gli appalti del Pnrr e del Pnc.

Il Tar Lazio ha respinto questa tesi. Secondo il giudice amministrativo vi sono infatti nell'ordinamento dei contratti pubblici alcune disposizioni valide in generale che consentono quindi l'utilizzo delle clausole di parità di genere per tutti gli appalti.

La prima disposizione che viene invocata dal giudice amministrativo è quella dell'articolo 30 del D.lgs. 50/2016 che definisce i principi generali dei contratti pubblici. In particolare viene richiamata la previsione del comma 1, secondo cui il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui sia consentito dalle norme vigenti, ai criteri previsti nel bando ispirati a esigenze sociali. Evidentemente il giudice amministrativo ritiene che le clausole di parità di genere rientrino a pieno titolo nelle esigenze sociali.

Il secondo riferimento è quello dell'articolo 95, comma 6, lettera a), sempre del Dlgs 50. Questa previsione consente che tra i criteri di valutazione delle offerte rientri la qualità, intesa come pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori. Questa previsione legittimerebbe, secondo il giudice amministrativo, l'inserimento nel bando di gara di clausole volte a premiare i concorrenti che abbiano investito sulle misure idonee a scongiurare discriminazione fondare sulla disparità di genere. Anche se in realtà il collegamento operato tra tali clausole e la richiamata previsione non è di immediata evidenza, in quanto quest'ultima è finalizzata a premiare la qualità dell'offerta nelle sue diverse declinazioni, che tuttavia non ricomprendono la specifica tematica della parità di genere.

Infine viene richiamata la previsione contenuta nell'articolo 95, comma 13 del D.lgs. 50 che tra i vari criteri premiali delle offerte indica l'adozione da parte dei concorrenti di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della relativa certificazione. Secondo il giudice amministrativo, proprio alla luce dell'insieme delle disposizioni indicate, la clausola inserita dalla stazione appaltante volta a premiare le offerte che evidenziano l'adozione da parte del concorrente di specifiche misure volte a favorire la parità di genere deve ritenersi legittima.

La parità di genere negli appalti del Pnrr e nel nuovo Codice dei contratti
Nella pronuncia in commento il Tar Lazio ricava in via interpretativa – e non senza qualche forzatura – la legittimità dell'inserimento nei bandi di gara di clausole volte a favorire la parità di genere.Tale inserimento ha tuttavia trovato la sua compiuta definizione e la relativa disciplina organica – come detto - nell'articolo 47 del Decreto legge 77/2021 con riferimento agli appalti del Pnrr e del Pnc, che peraltro si riferisce non solo alla parità di genere ma anche alle pari opportunità generazionali e all'inclusione lavorativa delle persone disabili.

Questa disciplina si trova sostanzialmente recepita nello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici, che viene quindi a generalizzare quanto ad oggi previsto solo per gli appalti finanziati con i fondi comunitari. È quindi utile esaminare le disposizioni che dovrebbero trovare applicazione in via generalizzata con l'entrata in vigore del nuovo Codice, considerando anche le criticità già poste dalla disciplina contenuta nell'articolo 47.

La disciplina del nuovo Codice è contenuta nell'articolo 61 e nell'Allegato II. 3 cui tale articolo fa rinvio, almeno in sede di prima applicazione e in attesa di un successivo Dpcm. Essa si articola lungo due direttrici fondamentali: gli adempimenti imposti ai concorrenti e le misure e i requisiti più propriamente premiali.

Adempimenti a carico degli operatori economici
Le imprese che intendono partecipare alle gare per l'affidamento dei contratti pubblici sono sostanzialmente suddivise, in relazione agli adempimenti che devono assolvere, in due categorie. Una prima categoria riguarda le imprese con più di cento dipendenti che già sono tenute a redigere, in base all'articolo 46 del Dlgs 198/2006 recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, un rapporto di durata biennale sulla situazione del personale distinto tra maschile e femminile, relativo allo stato delle assunzioni, alla formazione, agli incrementi di carriera, alla cassa integrazione, ai pensionamenti e prepensionamenti, etc. Questo rapporto deve essere presentato al momento della domanda di partecipazione alla gara o dell'offerta e, quel che più rileva, tale presentazione è prescritta a pena di esclusione. In sostanza, la mancata produzione del rapporto è di per sé causa di esclusione dalla gara. È inoltre previsto che il rapporto debba essere accompagnato da un'attestazione da cui risulti che lo stesso è conforme a quello trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e ai consiglieri regionali per le pari opportunità, come già previsto dal citato articolo 46.

La seconda categoria di imprese si identifica con quelle che occupano da 15 a 100 dipendenti, che come tali non sono tenute alla redazione del rapporto di cui al richiamato articolo 46. Tuttavia viene esteso anche a loro l'obbligo di redigere una relazione da consegnare alla stazione appaltante che ha sostanzialmente i medesimi contenuti del rapporto. Diversa è però la funzione di questa relazione. Infatti, mentre la produzione del rapporto sopra ricordato è condizione di ammissione alla gara, la relazione deve essere presentata entro sei mesi dalla conclusione del contratto. Si tratta quindi di un adempimento che non grava su tutti i concorrenti ai fini della loro ammissione alla gara, ma sul solo aggiudicatario successivamente alla conclusione del contratto. Restano invece totalmente fuori dagli adempimenti indicati le imprese con meno di quindici dipendenti, che non devono produrre né il rapporto né la relazione.

Requisiti necessari e requisiti premiali
Più complessa è la disciplina relativa alle modalità con cui il legislatore intende realizzare le finalità premiali.Le stazioni appaltanti debbono prevedere nei documenti di gara specifiche clausole contenenti criteri volti a promuovere l'imprenditorialità giovanile, l'inclusione lavorativa delle persone disabili, la parità di genere e l'assunzione di giovani con età inferiore ai trentasei anni, nonché di donne. Le clausole devono essere redatte tenendo conto dei principi di libera concorrenza, proporzionalità e non discriminazione, nonché dell'oggetto del contratto, della tipologia e della natura del singolo progetto, anche in relazione ai profili occupazionali richiesti, tenendo conto degli indicatori degli obiettivi attesi in termini di occupazione femminile e giovanile al 2026.

Queste indicazioni appaiono astratte e generiche. L'unico dato oggettivo riguarda l'età dei giovani, inferiore ai trentasei anni. Per il resto alle singole stazioni appaltanti viene lasciato un ampio margine di discrezionalità – e anche di inventiva – nel definire i contenuti concreti delle clausole. Ma le difficoltà in merito alla concreta applicazione di queste clausole aumentano in relazione all'individuazione della loro funzione. Le clausole vengono infatti definite in termini di requisiti necessari e ulteriori requisiti premiali dell'offerta: ma questa locuzione crea confusione, poiché pone sullo stesso piano condizioni molto diverse tra loro. Se infatti si tratta di requisiti necessari significa che il loro rispetto è obbligatorio ai fini della partecipazione alla gara. Se invece si tratta di requisiti premiali, quanto imposto dalle relative clausole vale ai soli fini di ottenere un punteggio maggiore in sede di valutazione dell'offerta, ma non ai fini dell'ammissione alla gara.

Occorre tuttavia evidenziare un'ulteriore previsione, che non contribuisce alla linearità dell'intera disciplina. Essa stabilisce che è comunque requisito necessario dell'offerta l'obbligo di assicurare che almeno il 30% delle assunzioni necessarie per l'esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività connesse o strumentali sia riservato all'occupazione giovanile e femminile. In questo caso la previsione sembra quindi inserire un obbligo che grava necessariamente su tutti i concorrenti, a prescindere da qualunque clausola inserita dalle stazioni appaltanti, poiché lo stesso connota necessariamente l'offerta, che in mancanza dello stesso non può essere presa in considerazione. Ulteriori misure premiali. È poi prevista la possibilità che le stazioni appaltanti indichino nei documenti di gara ulteriori misure premiali per le imprese che abbiano adottato comportamenti intesi a favorire la parità generazionale o di genere o si impegnino comunque a porli in essere. Ancorchè la norma parli di ulteriori misure, sembra che le stesse coincidano con la nozione di requisiti premiali sopra esaminata.

In sostanza, tali misure si concretizzano nell'attribuzione di un punteggio aggiuntivo – nella misura determinata dall'ente appaltante - alle offerte presentate dalle imprese che si trovino in una delle seguenti condizioni:

a) nei tre anni antecedenti il termine di presentazione dell'offerta non siano state destinatarie di accertamenti per atti o comportamenti discriminatori per genere;
b) utilizzino o si impegnino a utilizzare strumenti di conciliazione per favorire misure di welfare per i propri dipendenti;
c) si impegnino ad assumere giovani di età inferire ai trentasei anni oltre la quota minima obbligatoria;
d) nell'ultimo triennio abbiano rispettato i principi di parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali e di genere;
e) abbiano presentato o si impegnino a presentare per ciascuno degli esercizi finanziari di durata del contratto una dichiarazione volontaria di carattere non finanziario relativa in particolari a temi sociali, ambientali e del personale.

Esenzione
Va infine evidenziala la previsione che consente alle stazioni appaltanti di escludere l'inserimento delle clausole dirette ad assicurare le pari opportunità – o di stabilire una quota inferiore, si deve ritenere al 30% sopra indicato per le assunzioni di giovani e donne – qualora l'oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l'inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche. Unico vincolo è che delle ragioni dell'esenzione l'ente appaltante deve dare adeguata e specifica motivazione. Le esenzioni indicate fanno riferimento a nozioni ampie e generiche, tali da consentire, almeno in linea astratta, una larga disapplicazione dell'obbligo di inserimento.

Le sanzioni
È infine stabilita l'applicazione di penali, da prevedere nel contratto di appalto in una misura correlata alla gravità della violazione e proporzionale all'importo del contratto, in caso di inadempimento di alcuni degli obblighi indicati. Di conseguenza le penali scattano:

a) se l'operatore economico con 15 o più dipendenti (ma meno di 100) non presenta entro sei mesi dalla stipula del contratto la relazione sul personale con i contenuti sopra ricordati;
b) se l'aggiudicatario non assume giovani e donne in una misura non inferiore al 30% delle assunzioni necessarie per l'esecuzione del contratto.

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