Personale

Obbligo vaccinale, cortocircuito fra prenotazione e sospensione dal servizio

Un vuoto normativo che richiede chiarimenti utili ai responsabili delle strutture

di Consuelo Ziggiotto

Dal 15 dicembre prossimo, l'adempimento dell'obbligo vaccinale per il personale della polizia locale comprende, insieme al ciclo vaccinale primario (1° e 2° dose), la somministrazione della successiva dose di richiamo (3° dose) da effettuarsi entro 9 mesi dalla seconda dose.

L'estensione dell'obbligo vaccinale comprende anche il personale scolastico, il personale del comparto difesa, quello alle dipendenze del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e il personale che svolge attività nelle strutture socio sanitarie subordinate ad autorizzazione.

La vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative con la conseguenza che l'eventuale inadempimento determina l'immediata sospensione dal servizio, senza conseguenze disciplinari, con diritto alla conservazione del posto di lavoro, senza retribuzione né altro compenso o emolumento comunque denominato. Così la circolare del ministero dell'Interno n. 15350 del 2 dicembre guida nell'applicazione delle novità contenute nel Dl 172/2021 lasciando alcuni spazi di incertezza applicativa nei casi in cui il lavoratore decida di vaccinarsi proprio a seguito dell'introduzione dell'obbligo vaccinale ai fini lavorativi.

Se è vero che l'obbligo vaccinale può dirsi assolto dopo la seconda e terza dose nei termini stabiliti, come si deve comportare il datore di lavoro che accerta la volontà del lavoratore di vaccinarsi, dimostrata da una prenotazione della prima dose ma successiva alla data del 15 dicembre?

L'esatta cronologia muove da un datore di lavoro che verifica il mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale (a partire dal 15 dicembre) e che invita poi il lavoratore a produrre entro 5 giorni la richiesta di vaccinazione (da effettuarsi entro 20 giorni). In questo frangente di tempo il lavoratore può svolgere la sua attività lavorativa?

E ancora, il lavoratore è tenuto, entro 3 giorni dalla prima inoculazione, a darne comunicazione al datore di lavoro.

Se il lavoratore non produce questa documentazione, il responsabile della struttura adotta l'atto di accertamento dell'inadempimento che determina l'immediata sospensione.

La disposizione contenuta all'articolo 4-ter del Dl 44/2021 prevede che la sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato al datore di lavoro dell'avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario.

Quindi l'avvio, vale a dire la prenotazione della prima dose, rende inefficace la sospensione che non può intervenire prima di quella data?

Un corto circuito apparente che richiede chiarimenti utili ai responsabili delle strutture dove prestano attività i soggetti coinvolti, anche perché la modalità con la quale si sviluppa il contraddittorio tra datore di lavoro e lavoratore, è replicata in ugual modo per i destinatari dell'obbligo vaccinale stabilito stabilito dall'articolo 4-bis del Dl 44/2021.

In assenza di ulteriori chiarimenti una soluzione potrebbe essere quella di consentire al personale di svolgere comunque la propria attività fino al completamento del ciclo vaccinale primario assolvendo all'obbligo di possesso e al dovere di esibizione del green pass (senza escludere la richiesta di tampone molecolare), questo nella consapevolezza che è certamente minato il rispetto della previsione normativa che pretende l'assolvimento dell'obbligo vaccinale dal 15 dicembre. Il rischio è quello di un caso positivo in struttura connesso alla presenza di personale non vaccinato che comporta responsabilità civili e penali.
La seconda soluzione potrebbe essere quella di una sospensione di tipo precario del lavoratore dal momento in cui è accertato il mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale fino al completamento del primo ciclo (1° e 2° dose), momento dal quale può dirsi assolto l'obbligo vaccinale. Sospensione non retribuita, giustificata dall'impossibilità da parte del datore di lavoro di ricevere la prestazione lavorativa del dipendente e dalla sua stessa impossibilità di offrirla, in quanto non rispettosa della previsione di legge.

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