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Alfieri: «Pronti a discutere sul premierato ma non si tocchi la legge sui sindaci»

L’intervista ad Alessandro Alfieri, Responsabile Riforme e Pnrr del Pd

di Emilia Patta

«Siamo disposti a ragionare su una riforma costituzionale che rafforzi i poteri del presidente del Consiglio nel solco della forma di governo parlamentare. Ma la maggioranza deve togliere di mezzo la norma inserita nel Ddl Province che mira a cambiare la legge elettorale per i grandi comuni, abbassando dal 50% al 40% la soglia al di sotto della quale scatta il ballottaggio. Andare a toccare una delle leggi elettorali che ha meglio funzionato negli ultimi 30 anni solo per calcoli di parte non è il miglior modo per creare un clima di dialogo bipartisan sulla revisione della seconda parte della Costituzione». Il warning ai partiti del centrodestra e alla stessa premier Giorgia Meloni arriva dal senatore Alessandro Alfieri, da poco nominato da Elly Schlein come responsabile Riforme e Pnrr del Pd.

Cominciamo dal Ddl Province, senatore Alfieri. Qual è la posizione del Pd sulla reintroduzione dell’elezione di primo grado?

Noi non siamo pregiudizialmente contrari, ma per noi il punto fondamentale non è la modalità di elezione bensì quali funzioni e quali risorse correlate si prevedono. C’è assoluto bisogno di rafforzare il livello intermedio tra regioni e comuni per supportare i tanti comuni italiani sui progetti legati al Pnrr, sul dissesto idrogeologico, sulle politiche del lavoro e dell’ambiente. Nel tempo, poi, alcune professionalità si sono allontanate dal livello provinciale per spostarsi nelle regioni o in altri settori della Pa: vanno recuperate. Mentre la questione delle città metropolitane, vero motore di sviluppo del Paese, per noi va affrontata a parte e non nel Ddl Province.

Veniamo al presidenzialismo caro alla premier: elezione del Capo dello Stato o del presidente del Consiglio?

Siamo contrari all’elezione diretta in entrambi i casi. La figura del presidente della Repubblica, arbitro e garante della Costituzione e della coesione nazionale, non va toccata. Quanto al capo del governo, una sua elezione diretta svuoterebbe la funzione del presidente della Repubblica. Diverso, all’interno della nostra forma di Repubblica parlamentare, è il rafforzamento dei poteri del premier per garantire la governabilità: la nostra proposta è l’introduzione della sfiducia costruttiva e del potere di nomina e revoca dei ministri sul modello tedesco. In tema di governabilità ed efficienza del sistema sarebbe poi opportuno inserire il voto a data certa per i provvedimenti del governo, che metterebbe anche fine all’ormai annoso eccesso di decretazione d’urgenza. Così come si può introdurre l’esame in seduta congiunta per i provvedimenti più importanti o in occasione delle linee di indirizzo in vista dei consigli europei. Allo stesso tempo, lavoriamo per spingere il nostro disegno di legge per attuare l’articolo 49 della Costituzione: abbiamo bisogno di partiti solidi e trasparenti.

La Costituzione tedesca prevede anche il potere, per il capo del governo, di chiedere lo scioglimento delle Camere. E la fiducia del Parlamento non viene data al governo nel suo insieme ma alla persona del Cancelliere, così eletto in secondo grado.

Su un modello come quello tedesco siamo pronti a discutere, così come su una modifica della legge elettorale che ripristini il collegamento eletto-elettore.

Non crede che in ogni caso gli elettori debbano sapere chi farà il premier se votano un dato partito o una data coalizione?

Come avviene con modelli elettorali diversi nei principali Paesi europei, è il leader del primo partito o il leader del partito più grande della coalizione vincente il candidato alla guida del governo.

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