Dalla manovra la prima prova per gli obiettivi della legge sui borghi
Natura e cultura offrono più di un privilegio a molti degli abitanti dei piccoli comuni italiani. Ma se connettersi a Internet, ricevere un pacco postale o anche comprare un giornale diventa un problema, i vantaggi del vivere in un borgo svaniscono. Diventano materia per nicchie: anziani, ma in buona salute, perché anche la sanità fatica a percorrere le aree interne del nostro paese, o amanti del genere, a patto però di poterselo permettere.
Questo succede quando i diritti elementari, i servizi di base e le strade fisiche e tecnologiche dimenticano un territorio. Gli abitanti, cioè il sangue che lo rende vivo, lo abbandonano, e l’Italia dei borghi si sclerotizza in un museo a cielo aperto, quando va bene, o in un’area spopolata, quando va male.
La legge sul rilancio dei piccoli comuni appena approvata dal Parlamento ha un pregio e un difetto. Il pregio è quello di aver individuato puntualmente il problema, nelle tante sue sfaccettature che vanno dalla banda larga che manca all’esigenza di favorire fenomeni come il turismo lento, le filiere corte dell’enogastronomia o gli alberghi diffusi. Fenomeni dalla fortuna crescente e spontanea, che però spesso devono farsi largo con fatica e fantasia fra regole pensate per città, industrie o grande distribuzione. Il difetto nasce invece dalla disattenzione politica che l’ha tenuta per 16 anni in cottura parlamentare, e che solo l’ostinazione di gente cocciuta come Ermete Realacci o Enrico Borghi (accompagnati nell’ultimo tratto di questa lunga storia anche dai Cinque Stelle con Patrizia Terzoni) ha saputo vincere. La freddezza della politica, però, ha lasciato tracce evidenti: nei pochi fondi (100 milioni in sette anni) che dovrebbero dare gambe ai tanti obiettivi della legge, e nel solito rimpallo di decreti attuativi (c’è da mettere d’accordo sei ministeri in sei mesi) che rischia di interrompere il viaggio già alla stazione di partenza.
Negli ultimi giorni però è successo qualcosa. Il presidente Mattarella, parlando a Vicenza ai sindaci nell’Assemblea nazionale dell’Anci, è stato chiaro nello spiegare che l’eguaglianza dei diritti scritta in Costituzione passa anche dal rilancio dei piccoli Comuni, e il premier Gentiloni ha definito la legge un primo passo di un processo da portare avanti. Fu vera gloria? Per una prima risposta basterà dare uno sguardo alla legge di bilancio.