Appalti

Gare, il principio di equivalenza vale anche per le certificazioni di qualità

Lo ha precisato il Tar Sicilia bocciando il provvedimento di esclusione di un'impresa che aveva un attestato diverso, ma superiore, a quello richiesto dal bando

di Pietro Verna

Il principio di equivalenza è applicabile anche alle certificazioni di qualità «trattandosi di un principio immanente alla stessa regola dell'evidenza pubblica e del suo immediato e fondamentale corollario del favor partecipationis». Diversamente opinando, si violerebbe l'articolo 68, comma 4, del codice dei contratti pubblici («Le specifiche tecniche consentono pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza»). Lo ha stabilito il Tar Sicilia- Palermo con la sentenza 24 gennaio 2022, n. 136, che ha ritenuto illegittima l'esclusione di un'impresa «in possesso di una certificazione di qualità che per le sue caratteristiche può ritenersi sostitutiva di quella prescritta dalla legge di gara».

La sentenza del Tar
La vicenda trae origine dal provvedimento con cui l'Azienda ospedaliera Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo aveva escluso un operatore economico da una gara di forniture di apparecchiature mediche sul presupposto che «la certificazione Iso 13485-2016 posseduta dall' operatore economico non sarebbe stata idonea a dimostrare lo standard di qualità aziendale». L'operatore economico aveva impugnato il provvedimento sostenendo che la certificazione di cui era in possesso sarebbe stata equivalente e « financo migliorativa o superiore rispetto alla certificazione richiesta dal disciplinare di gara» e che in tal senso si era espressa l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (parere n. 43 del 25 febbraio 2010: «[le] caratteristiche della certificazione Uni En Iso 13485 conferiscono all'operatore economico un quid pluris rispetto ai requisiti della più generale certificazione Uni En Iso 9001:2000»), motivo per il quale il provvedimento di esclusione avrebbe dovuto essere annullato congiuntamente alla clausola della lex specialis.

Tesi che ha colto nel segno. Il Tar Palermo ha confermato l'orientamento secondo cui:

- il principio di equivalenza è diretto ad assicurare che «la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell'offerta alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis» ( Consiglio di Stato, Sez. III: sentenza 28 settembre 2018, n. 5568; sentenza 2 marzo 2018 n. 1316). Il che implica che ildi equivalen principio «non può subire una lettura limitativa […] ma deve, al contrario, godere di un particolare favore perché è finalizzato a soddisfare l'esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici» (cfr. Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sentenza 20 luglio 2020, n. 234);
- il prodotto può ritenersi equivalente laddove – pur essendo carente di taluno e/o taluni requisiti indicati nella lex specialis- garantisca lo stesso risultato preventivato con l'introduzione della specifica tecnica (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 17 agosto 2020 n. 5063), tant'è che la produzione di un certificato di qualità non rilasciata da soggetto accreditato «non può comportare ex se l'esclusione da una procedura di gara, ma impone all'Amministrazione una valutazione in ordine al concreto possesso dei requisiti in capo al concorrente» (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13 ottobre 2016 n. 4238);
- deve riconoscersi alle imprese partecipanti a gare d'appalto la possibilità di provare con ogni mezzo ciò che costituisce oggetto della certificazione richiesta dalla stazione appaltante, «pena l'introduzione di una causa amministrativa di esclusione in contrasto con una chiara disposizione di legge» (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 12 novembre 2013, n. 5375).

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