Appalti

Gare, la revisione prezzi non può azzerare il rischio d'impresa

Consiglio di Stato: lo scopo è compensare solo i rincari eccezionali e imprevedibili di cui l'appaltatore è tenuto a dare prova rigorosa

di Roberto Mangani

Gli istituti volti al riequilibrio del sinallagma contrattuale – e in particolare la revisione prezzi – non hanno come obiettivo l'azzeramento del rischio di impresa, consistente nella sopportazione da parte dell'appaltatore della normale alea contrattuale riconducibile a eventi che non possono essere definiti eccezionali e imprevedibili. Di conseguenza, l'istanza di revisione prezzi avanzata dall'appaltatore deve essere accompagnata dalla prova rigorosa che il maggior costo sostenuto rispetto a quanto ipotizzato in sede di offerta è dovuto a circostanze imprevedibili che vanno ben oltre la fisiologica oscillazione dei costi stessi, che rientra nell'ordinaria alea del contratto di appalto.

Sono questi i principi affermati dal Consiglio di Stato, Sez. V, 29 dicembre 2022, n. 11635 che, seppure per molti aspetti ribadiscono concetti consolidati, appaiono comunque importanti in un momento come quello attuale, caratterizzato da un andamento anomalo del costo delle materie prime, che non può tuttavia rappresentare un elemento idoneo a far sconfinare l'istituto revisionale oltre quella che deve essere la sua ordinaria funzione.

Il fatto
Un ente appaltante aveva indetto una procedura aperta per la fornitura di gasolio da autotrazione avente durata di dodici mesi. Nel disporre l'aggiudicazione lo stesso ente appaltante precisava che la fornitura sarebbe stata disciplinata dalle condizioni già indicate nella documentazione di gara, che stabilivano espressamente l'esclusione di qualunque revisione del corrispettivo della fornitura. Circa due mesi prima del temine di scadenza della fornitura, l'appaltatore notificava all'ente appaltante un atto di citazione presso il giudice ordinario chiedendo l'accertamento del proprio diritto alla revisione del corrispettivo stabilito contrattualmente a decorrere dal termine iniziale di durata della fornitura. In subordine, richiedeva l'accertamento dell'eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto di appalto, con conseguente risoluzione dello stesso e contestuale condanna dell'ente appaltante alla restituzione in suo favore di una somma di denaro idonea a ristorarlo delle perdite subite a seguito dell'esecuzione delle prestazioni.

Il giudice ordinario si dichiarava incompetente a decidere, essendo la materia rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo, presso cui l'appaltatore provvedeva quindi a riassumere il giudizio. Nel rivolgersi al giudice amministrativo, il ricorrente evidenziava che l'eccezionale aumento del prezzo del gasolio sul mercato internazionale, a fronte di un incremento di gran lunga inferiore sul mercato nazionale al cui andamento era correlato il corrispettivo di appalto, aveva comportato per l'appaltatore consistenti perdite nell'esecuzione delle prestazioni. Chiedeva quindi al giudice amministrativo di dichiarare l'illegittimità della determinazione dell'ente appaltante, che aveva respinto la sua istanza di revisione prezzi per mancanza del presupposti normativamente previsti.

La decisione del Tar Campania
Il giudice amministrativo di primo grado respingeva il ricorso. In via preliminare, veniva tuttavia ritenuta infondata l'eccezione sollevata dall'ente appaltante secondo cui lo stesso non sarebbe soggetto all'obbligo della revisione prezzi in quanto espressamente esclusa dalla documentazione di gara. Ricorda infatti il giudice amministrativo che l'articolo 6 della legge 537/1993 ha introdotto il meccanismo revisionale per gli appalti di forniture e servizi con una disposizione di natura imperativa, che come tale va a integrare in via automatica le previsioni del disciplinare di gara, sostituendole se incompatibili.

Tuttavia, nel merito della vicenda, lo stesso Tar Campania ha evidenziato che il meccanismo revisionale disciplinato dalla norma indicata riguarderebbe i rinnovi dei contratti già in essere, ma non potrebbe mai essere applicato al periodo originario di vigenza del contratto. Secondo la prevalente interpretazione giurisprudenziale, la norma richiamata, nel consentire la rinnovazione dei contratti in essere nel ricorso di determinate condizioni e in deroga al generale divieto di rinnovo tacito, ha inteso introdurre un meccanismo di riequilibrio del rapporto sinallagmatico a tutela sia dell'appaltatore che dell'ente appaltante. Ma tale meccanismo, proprio perché collegato al rinnovo dei contratti, non può che riguardare esclusivamente il periodo di proroga degli stessi.

Nel caso di specie, quindi, il tema sarebbe circoscritto al breve periodo successivo alla scadenza originaria del contratto, cioè circa due mesi. Ma in questo periodo non si sarebbero riscontrate quelle oscillazioni così significative del prezzo di acquisto del gasolio tali da giustificare l'applicazione della revisione prezzi.Peraltro, l'offerta era stata formulata dall'aggiudicatario nella consapevolezza che il prezzo di riferimento del gasolio ai fini della definizione del corrispettivo di appalto era quello determinato sul mercato interno e non su quello internazionale. Di conseguenza, un operatore economico esperto del settore, avrebbe dovuto tenere conto delle oscillazioni tipiche e fisiologiche del mercato internazionale e se non ha ritenuto di farlo sulla base di proprie valutazioni strategiche non potrebbe poi invocare tali oscillazioni configurandole come eventi sopravvenuti e imprevedibili, costituendo piuttosto espressione della normale alea contrattuale.

La decisione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione di primo grado. In via preliminare il giudice di appello ricorda che la finalità dell'istituto della revisione prezzi è duplice: da un lato salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni contrattuali non subiscano un decremento qualitativo a seguito dell'aumento anomalo dei costi cui è soggetto l'appaltatore, che rendano tali prestazioni eccessivamente onerose. Dall'altro, evitare comunque che il corrispettivo di appalto subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, stravolgendo il quadro finanziario sulla base del quale è avvenuta la stipula. Il meccanismo revisionale ha quindi la funzione di verificare nel tempo la congruità del corrispettivo originariamente stabilito, al fine di non stravolgere l'equilibrio contrattuale definito in sede di offerta.

In questo senso la giurisprudenza è concorde nel ritenere che l'istituto revisionale – e in generale tutti gli strumenti volti al riequilibrio delle condizioni contrattuali – non può avere come effetto l'azzeramento del rischio d'impresa, inteso come normale alea contrattuale riconducibile alle ordinarie oscillazioni di mercato. Ciò che il meccanismo revisionale deve assicurare è la compensazione dei maggiori costi sostenuti rispetto a quelli ipotizzati in sede di offerta che abbiano carattere eccezionale e non fisiologico e che siano dovuti a eventi sopravvenuti e imprevedibili. Di tutte queste circostanze l'appaltatore è tenuto a fornire la prova rigorosa.

Proseguendo nel suo ragionamento, il Consiglio di Stato ricorda che per gli appalti privati il codice civile, nel prevedere all'articolo 1664 un meccanismo di adeguamento del corrispettivo, lo collega a circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti (o diminuzioni) del costo dei materiali o della mano d'opera superiori al dieci per cento, riconoscendo la revisione del corrispettivo esclusivamente per la quota eccedente tale percentuale. Cosicché sarebbe incongruente e per alcuni aspetti paradossale che per gli appalti pubblici – la cui copertura finanziaria è operata con risorse pubbliche - fosse invece accolta un'interpretazione del meccanismo revisionale tale da azzerare completamente il rischio imprenditoriale. Applicando questi criteri alla fattispecie oggetto di esame, emerge come non sussistano i presupposti per configurare quell'incremento eccezionalmente anomalo dei costi a carico dell'appaltatore idoneo a far scattare la revisione del corrispettivo di appalto.

Infatti da un lato il differenziale tra il prezzo del gasolio sui mercati internazionali – cui è legato l'approvvigionamento dell'appaltatore – e quello sui mercati nazionali – cui è rapportato il corrispettivo dell'appalto – non risulta così significativo da configurare quel carattere eccezionale sopra richiamato. Dall'altro, tale circostanza non presenta neanche l'elemento dell'imprevedibilità, posto che un operatore professionale del settore – peraltro di comprovata esperienza - nel formulare la propria offerta avrebbe dovuto tener conto delle oscillazioni di prezzo collegate alla particolare tipologia di fornitura e alle diverse modalità di andamento dei due mercati, quello internazionale e quello nazionale. Ne consegue che le circostanze evidenziate dall'appaltatore a supporto della richiesta di revisione prezzi non possono essere ritenute né eccezionali né imprevedibili, ma rientrano piuttosto nella normale alea contrattuale, cioè nel rischio ordinario presente in tutti i contratti di durata a prestazioni corrispettive, in cui i margini di guadagno dell'appaltatore sono fisiologicamente legati all'andamento strutturale del mercato e agli effetti che possono determinarsi durante il periodo di durata del rapporto.

Revisione prezzi e riequilibrio contrattuale
La pronuncia del Consiglio di Stato delimita con molta chiarezza e in maniera appropriata i corretti confini di operatività della revisione prezzi e, più in generale, di qualunque meccanismo compensativo del corrispettivo di appalto. Si tratta di principi che in prima battuta possono apparire pacifici, ma la cui riaffermazione appare particolarmente importante in un momento storico in cui se è vero che l'andamento dei costi e in particolare delle materie prime appare per molti aspetti caratterizzato da quell'elemento di eccezionalità che può giustificare l'intervento di istituti a carattere compensativo, non si può ignorare la necessità che siano ben chiari i limiti entro cui gli stessi possono legittimamente operare.

nfatti la configurazione normativa di tali istituti nonché l'applicazione che ne deve essere fatta anche a livello operativo prima e giurisprudenziale poi deve sempre partire dal presupposto che gli stessi non possono essere utilizzati per supplire a carenze o errori originari dell'offerta. L'appaltatore, nel formulare l'offerta, opera le sue valutazioni e deve tenere conto – specie in relazione ai contratti di durata – del fisiologico andamento del mercato. Solo qualora le valutazioni originarie siano impattate in maniera significativa da eventi sopravvenuti ed eccezionali, può operare un meccanismo compensativo in funzione di riequilibrio contrattuale. Ma se queste condizioni non sussistono, l'appaltatore non può invocare alcuna revisione del corrispettivo e deve sopportare il rischio di impresa, tipico dei contratti aleatori quale è il contratto di appalto.

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