Urbanistica

Permessi, impossibile invocare le norme del Piano casa per sanare gli abusi

Lo ribadisce il Tar Lazio respingendo il ricorso di un proprietario che aveva chiuso un terrazzo senza titolo edilizio

di Davide Madeddu

Il piano casa non può essere usato come strumento di sanatoria postuma. Perché non è uno strumento per regolarizzare abusi già realizzati. Con questa motivazione il Tar del Lazio (sentenza numero 1464/2023 ) ha respinto il ricorso di un residente a Roma che con la chiusura del terrazzo di pertinenza dell'appartamento «mediante tamponature in muratura e copertura a tetto spiovente con tavolo in legno e finte tegole» aveva ricavato una stanza di circa 16 metri quadri (4,80 x 3,90) munita di finestra con annesso piccolo bagno (2,45 x 1,50) e un'altezza variabile da 2,30 a 2,90 metri.

Da Roma Capitale l'ordinanza di demolizione delle opere realizzate senza titolo. Quindi il ricorso al Tar in cui il ricorrente ha premesso di «aver realizzato gli abusi, oggetto del gravato ordine di demolizione, per esigenze abitative connesse alla necessità di ricavare, mediante la chiusura del terrazzo, spazi utili per i propri figli, nel convincimento della legittimità di tali opere alla luce delle disposizioni dettate dal Piano Casa, sussistendone i presupposti». Nella difesa poi il ricorrente sostiene che «la disciplina dettata dal Piano Casa renderebbe legittime le opere abusive realizzate, stante la sussistenza dei relativi presupposti e la conformità delle opere a tutte le prescrizioni dettate in materia anche dalla Regione Lazio e da Roma Capitale». Non solo, evidenzia che «stante la sufficienza, ai sensi del Piano Casa, di una Dia, sarebbe inoltre applicabile, in caso di abusi o di difformità, unicamente la sanzione pecuniaria, in luogo della demolizione».

Per i giudici il ricorso è infondato perché il ricorrente non ha «mai presentato alcuna istanza ai sensi del Piano Casa al fine di chiederne l'applicazione, risolvendosi la fattispecie nella realizzazione di opere senza alcun titolo». Non solo: «Non essendosi parte ricorrente avvalsa dello strumento del Piano Casa al fine di realizzare i contestati ampliamenti, presentando in via preventiva o una DIiao un permesso di costruire, deve rilevarsi come le previsioni della legge regionale n. 21 del 2009 non possano operare in via di sanatoria postuma – anch'essa, peraltro, non richiesta – trattandosi di disciplina speciale che consente, in deroga a determinati parametri, opere comportanti incremento volumetrico di edifici ancora da realizzare, con esclusione dal suo campo di applicazione degli interventi realizzati in assenza o in difformità dal titolo abilitativo».

I giudici amministrativi quindi, sottolineano che «non essendo il Piano Casa uno strumento di sanatoria per abusi già realizzati – essendo la disciplina sanante anch'essa di carattere speciale – e non essendo quella della sanatoria la ratio ispiratrice della relativa disciplina, le relative previsioni non possono essere invocate al fine di conferire legittimità ad interventi effettuati senza titolo, neanche laddove tali interventi sarebbero stati in ipotesi assentibili ai sensi del Paiano Casa». E inoltre, « ai sensi del Piano Casa, non sono assentibili interventi su edifici realizzati abusivamente». Ricorso respinto. Ricorrente condannato a pagare le spese quantificate in tremila euro.

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