Fisco e contabilità

Tari, entro oggi la scelta sugli standard di qualità

Il termine del 31 marzo, fissato nella delibera di Arera, avrebbe dovuto essere oggetto di proroga

di Pasquale Mirto

Scade oggi il termine per scegliere gli obblighi di qualità contrattuale e tecnica che devono essere rispettati dai singoli servizi che compongono la gestione dei rifiuti urbani per tutta la durata del Piano Economico Finanziario, ovvero per il periodo 2023-2025. La scelta deve essere fatta individuando un quadrante della matrice disciplinata dall'articolo 3 del testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani (Tqrif), allegato alla delibera Arera n. 15/2022.

Il termine del 31 marzo è fissato nella delibera, e quindi sarebbe da rispettare, anche se dovrebbe essere oggetto di proroga, per le stesse ragioni esternalizzate dall'Autorità nella delibera n. 15/2022, laddove si legge che tale termine era stato fissato considerando il termine di approvazione del bilancio (poi prorogato al 31 maggio), e la necessità di valorizzare i costi indotti dal Tqrif nel Pef 2022-2025. Pertanto, il differimento dei termini di approvazione del Pef - peraltro incerti, visto che l'articolo 3, comma 5-quinquies, del Dl 228/2021, prevede la data fissa del 30 aprile, svincolata dal termine di approvazione del bilancio (ma con emendamenti Anci presentati al Dl Energia per uniformare le due date) – dovrebbe automaticamente comportare il differimento dei termini del Tqrif, ma Arera tace.

Certo, potrebbe anche essere che Arera sia permissiva, e non applichi alcuna sanzione nei confronti di chi non approverà nei termini, ma sarebbe comportamento censurabile, perché le sanzioni o sono da comminare o non lo sono, e non possono dipendere dalla "buona volontà" del sanzionatore.

La proroga è anche necessaria per meglio metabolizzare gli adempimenti posti a carico dei Comuni, considerando che l'intervento dell'Autorità è lesivo della loro potestà regolamentare.

Nulla da obiettare se si parla di tariffa corrispettiva, per la quale oggi esiste il «fai da te», visto che le norme di riferimento sono il comma 668 della legge 147/2013 e il decreto ministeriale 20 aprile 2017, e quindi effettivamente l'intervento di Arera mira a uniformare le modalità applicative scelte liberamente dai vari gestori.

Ma quando si passa nell'ambito tributario, occorre rispettare quanto meno i pilastri portanti della (già traballante) fiscalità locale, a iniziare della potestà regolamentare, sancita dagli articoli 52 del Dlgs 446/1997 e 149 del Dlgs 267/2000.

Arera cerca di aggirare l'ostacolo con il gioco delle tre carte, affermando che i Comuni devono esercitare la propria potestà regolamentare nel rispetto delle disposizioni regolatorie, ma così ragionando, di fatti, si annulla la potestà regolamentare (che presuppone una scelta discrezionale e non un copia e incolla). Ma c'è di più. La normativa prevede che per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge, quindi si tratta di potestà regolamentare rafforzata. Con l'impostazione di Arera, le proprie delibere sarebbero gerarchicamente superiori alla legge.

Tutte queste osservazioni derivano dal fatto che Arera, con la delibera n. 15/2022, invade la sfera di competenza comunale, fissando i termini di presentazione della dichiarazione, dei rimborsi, delle risposte, degli interessi, e cosi via. Già è preoccupante l'uso dei termini (evidentemente necessari per distinguersi) non tecnici, come la «richiesta di attivazione del servizio» che in Tari non è altro che la dichiarazione inziale, la cui omissione (o infedeltà) è specificamente sanzionata, ma imporre il contenuto dei regolamenti vuol dire annullare la potestà regolamentare.

Inoltre, anche a voler posizionare il Comune nel primo quadrante della matrice, si introducono pesanti obblighi, che richiedono una riorganizzazione dell'ufficio tributi, laddove questa è possibile, ovviamente, perché se consideriamo che nella stragrande maggioranza dei Comuni italiani nell'ufficio tributi lavora al massimo mezzo dipendente, che gestisce anche l'Imu, c'è poco da riorganizzare.

In conclusione, la delibera Arera va bene per chi applica la tariffa corrispettiva, ma per chi applica la Tari dovrebbe rappresentare un obiettivo di qualità cui tendere, e non un obbligo cogente, quasi impossibile da rispettare.

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