Appalti

Nuovo codice appalti, Salvini: sì al periodo transitorio. Busia (Anac): serve tempo, entri in vigore nel 2024

L'allarme della presidente dell'Ance Brancaccio: non ripetiamo gli errori del 2016, l'operatività immediata rischia di bloccare il mercato

di Mauro Salerno

Si rafforza l'ipotesi di un rinvio dell'entrata in vigore del codice appalti. L'approvazione del testo, da portare a termine entro il 31 marzo, non coinciderà con la sua piena attuazione. La conferma arriva direttamente dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, all'iniziativa «Cantiere Italia» organizzata questa mattina dai costruttori dell'Ance proprio per accendere i fari sui rischi di blocco del mercato in assenza di un adeguato periodo transitorio, utile a far digerire le novità normative a stazioni appaltanti e imprese, già ingolfate dalla corsa alla realizzazione degli investimenti del Pnrr.

Salvini parla di fronte a un'affollata platea di imprenditori, in parte preoccupati dalle tempistiche di entrata in vigore del nuovo codice, in parte delusi per il non aver ritrovato nel testo tutta la semplificazione annunciata. Su quest'ultimo punto Salvini ha assicurato che «la bozza del codice appalti è aperta e permeabile a qualsiasi suggerimento, l'importante è non smontare l'impalcatura, ma migliorie sì. Siamo arrivati a un buon punto di partenza ma non mi accontento, l'obiettivo è arrivare a un ottimo punto di arrivo».

Una decisa apertura arriva anche sulla richiesta di un periodo transitorio. Su questo aspetto il ministro ha spiegato di non poter dare date precise, rispetto all'ipotesi di uno slittamento quanto meno all'estate o a fine anno, ma ha garantito che «ci sono interlocuzioni in corso con le istituzioni della Ue». «La data di approvazione entro il 31 marzo - ha chiarito Salvini - non è in discussione. È però chiaro che se chiedi a 8mila Comuni di attuare subito 229 articoli del nuovo codice» scopri che «hanno bisogno di alcuni mesi per farlo». Altrimenti «il rischio è di bloccare il mercato», invece di aiutarlo. Salvini ha poi aggiunto che «con il ministro Fitto stiamo lavorando perché l'attuazione del codice appalti sia la più accompagnata possibile», anche «con la previsione di un vademecum» ad hoc, «una sorta di linea verde con imprese e amministrazioni».

Busia: se serve più tempo, slitti al 2024
D'accordo sulla necessità di prevedere un congruo periodo transitorio anche i il presidente dell'Autorità Anticorruzione Giuseppe Busia, che anzi ha rivolto un invito preciso a rinviare l'entrata in vigore al 2024. «Sul nuovo codice - ha argomentato - si gioca tantissimo del futuro dell'Italia. È una riforma pilastro ma non basta farla: va fatta bene. Pur dando un giudizio positivo sul testo approvato dal governo, riteniamo ci sia molto da migliorare. E se per farla bene e applicarla bene, serve più tempo rispetto alla scadenza del 31 marzo 2023, allora facciamo slittare l'entrata in vigore al 2024».

Ance, rischio blocco con entrata in vigore immediata
L'apertura del ministro Salvini e la presa di posizione del presidente dell'Anac Busia rispondono all'allarme lanciato dal presidente dell'Ance Federica Brancaccio, che chiede alla politica «di non ripetere gli errori fatti nel 2016 con il codice 50». Il riferimento è al codice appalti oggi in vigore (il Dlgs 50/2016) che, entrato in vigore da un giorno all'altro il 19 aprile 2016 «provocò il crollo dei bandi di gara per quasi tutte le classi di importo». «In particolare i Comuni finirono per bloccare i lavori pubblici», ricorda la presidente dell'Ance. Per Brancaccio «lo shock di innovazione normativa rischia di essere devastante» soprattutto per gli appalti del Pnrr. Per questo chiede che «anche rispettando le scadenze iniziali, si possa almeno rimandare la piena attuazione» del nuovo codice.

La semplificazione che rischia di rimanere sulla carta
Il rischio da «shock di innovazione normativa» non è l'unica criticità evidenziata dai costruttori rispetto al testo su cui si attende il parere delle Camere entro l'8 febbraio. L'Ance dà atto della "bontà" dei principi (di risultato, di fiducia, dell'equilibrio contrattuale e di concorrenza e trasparenza), cui si ispira il nuovo codice, ma segnala che rischiano di rimanere sulla carta. Il principio del risultato, ad esempio, è segnalato in conflitto con la «reintroduzione di fatto del massimo ribasso». Mentre il principio di fiducia sarebbe smentito dal fatto che alcune norme del nuovo codice (in particolare quelle riguardanti illecito professionale e danno erariale) non superano «la presunzione di colpevolezza a carico delle imprese» o non sono state previste. Anche il principio dell'equilibrio contrattuale verrebbe smentito dai meccanismi troppo complessi per il funzionamento delle nuove norme sulla revisione prezzi. Clausole troppo deboli e limitate, agli occhi dei costruttori. Inadatte a «scongiurare il rischio, in caso di aumento dei prezzi, di bloccare tutti i cantieri».

Il pericolo di comprimere la trasparenza
Infine la questione trasparenza. Qui c'è uno dei rischi più gravi tra quelli segnalati dall'Ance, perché, come segnala sempre la presidente Brancaccio, «per effetto combinato dell'estensione delle procedure negoziate sotto-soglia europea e di quella su settori speciali, ormai del tutto liberalizzati, oltre ai concessionari senza gara, la quasi totalità delle opere pubblica può essere sottratta al mercato».

Un rischio sottolineato anche da Busia, che chiede innanzitutto di non cancellare le verifiche dell'Autorità sui requisiti delle società in house. «Abbiamo verificato che almeno due terzi delle società chiedono l'accesso al registro delle società in house non possiedono i requisiti», segnala Busia. «Per questo mantenere un controllo è essenziale, visto che questo tipo di società può poi acquisire commesse senza gara». Critica anche la posizione sulla norma che permette alle Pa di evitare l'obbligo di qualificazione per gli appalti di lavori fino a 500mila euro. «È come dire che siccome in città si deve rimanere entro i 50 km/h non serve la patente», sottolinea Busia. «Mentre, - continua - abbiamo disperato bisogno di qualificare le stazioni appaltanti e i funzionari pubblici per far marciare più veloci gli appalti». Per Busia occorre riportare la soglia a 150.000 euro. «Sopra quella soglia per fare appalti bisogna essere qualificati. Oggi in Italia non possiamo permetterci uno numero spropositato di stazioni appaltanti, oltre 36.000, devono essere al massimo cento, le più qualificate. Altrimenti soccombono nella contrattazione con i grandi gruppi privati».

Sbagliato, infine, per Busia, sopprimere le verifiche sul conflitto di interessi e anche estendere i confini dell'appalto integrato, ovvero della norma che consente alle amministrazioni di affidare alle imprese con un solo contratto sia il progetto che il cantiere delle opere pubbliche. «Astrattamente l'appalto integrato è una bella cosa - ha concluso il presidente dell'Anac -. Di fatto l'esperienza ci dice che non funziona. La stazione appaltante affida l'appalto e si ritrova un progetto diverso da quello pensato, con aumenti spropositati dei costi e contenziosi. E quindi ritardi infiniti. E rifacimenti continui che allungano i tempi di consegna delle opere»

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