Il CommentoFisco e contabilità

Giudizio di parificazione, la Cassazione ribadisce la «giustiziabilità» delle decisioni delle sezioni regionali di controllo della Corte conti

di Ettore Jorio

Le Sezioni Riunite, in sede giurisdizionale, della Corte dei conti, non sbagliano un colpo. È quanto si ricava dalle Sezioni unite della Cassazione civile con una ordinanza, nel post Epifania, altrettanto idonea a colpire il bersaglio della tutela dell'interesse pubblico. Il provvedimento è rubricato al n. 304 (presidente D'Ascola e relatore Perrino) pubblicato il 9 gennaio scorso. Materia del contendere era la decisione n. 6/2021/SS.RR./PARI (presidente Pilato, relatori Abbonato e La Porta) emessa dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti siciliana, relativamente alla parificazione del rendiconto generale della Regione Sicilia, pubblicata il 18 giugno e la correlata decisione di parziale riforma emessa con la sentenza delle Sezioni Riunite, in speciale composizione, n. 20/2021/DELC del 17 dicembre 2021.

Risolve il tema del conflitto di interesse
L'ordinanza decide il conflitto per eccesso di potere giurisdizionale sollevato dalla stessa Regione Siciliana oltre, che, in modo assai eccentrico, dalla stessa Procura generale "contro" la Procura generale d'appello della corte dei conti per la regione siciliana.
Le Sezioni unite, aderendo alla tesi delle Sezioni riunite della Corte dei conti, aprono riconoscendo che l'oggetto del giudizio «il ciclo d'informazioni in cui consiste il bilancio, di modo che ad essere impugnato non è l'atto sottoposto a controllo, ma l'effetto giuridico conseguente al riscontro dello stato del bilancio;». Solo questo incipit, come si è sottolineato in passato su queste pagine, è una chiara sconfessione della delibera delle Sezioni riunite in sede di controllo n. 5/SSRRCO/ QMIG/22 del 7-14/04/2022. Perché in questo modo: a) l'oggetto del giudizio non può essere né la legge regionale, né l'atto amministrativo, men che meno la decisione di controllo delle Sezioni riunite siciliane (che ha essa stessa forma di sentenza). Il giudizio delle Sezioni Riunite, in speciale composizione, riguarda pertanto lo stesso oggetto (il bilancio) ed è quindi della stessa natura della decisione impugnata.
In questa prospettiva, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito la giustiziabilità delle pronunce delle sezioni regionali di controllo in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti generali delle Regioni a statuto ordinario. Solo che a differenza che in passato, non si pronunciano con una inammissibilità, ma entrano nel "merito" (in un confitto per eccesso di potere giurisdizionale, in un ricorso per motivi di "giurisdizione").

Conferma che la parifica assume valenza giurisdizionale
Si tratta di una conferma che il giudizio di parificazione, con un unitario oggetto dinanzi alla sezione di controllo e alle Sezioni riunite in speciale composizione, è una unitaria manifestazione di funzione giurisdizionale, come dimostra che la cassazione ha dovuto decidere. Ciò anche in difetto di una espressa previsione del legislatore, ove le stesse dovessero comunque risultare causa di una qualsivoglia lesività, immediata e concreta, per l'istituzione regionale interessata. Sul tema, è indubbia la competenza della Corte dei conti a esercitare il sindacato giurisdizionale in materia di controllo di legittimità e regolarità dei risultati di amministrazione delle Regioni. Ciò alla luce dei principi costituzionali di finanza pubblica, più esattamente di stabilità economica, cui si sono richiamate le Sezioni Unite della Cassazione per deliberare in tal senso.
La ricerca della posizione di equilibrio economico-finanziario è, infatti, una delle missioni prioritarie e ineludibili della Pa, tenuta pertanto a non determinarne peggioramenti colpevoli sul piano economico-patrimoniale. Un esame di merito, questo, cui è tenuto il Magistrato contabile nell'esercitare il controllo delle «risultanze contabili della gestione finanziaria e patrimoniale dell'ente» (Consulta n. 247/2021 dixit) quale strumento dimostrativo del rispetto e dell'applicazione concreta dei principi costituzionali posti a protezione della stabilità finanziaria.

La ratio decidendi
Al riguardo, le Sezioni Riunite, in speciale composizione, assumono infatti come ratio decidendi, intendendo per tale la regola giuridica connessa ai fatti rilevanti del caso sottoposto al loro esame, non già la legge regionale di approvazione del rendiconto bensì il risultato di amministrazione determinato dai saldi che rappresentano il suo esito di esercizio finanziario. In quanto tale, la sua decisione è finalizzata a salvaguardare la corretta esistenza autonoma della Regione interessata - in relazione alla sua espressione contabile rendicontativa di potersi rendere garante dell'efficienza nella erogazione di servizi e di prestazioni essenziali – e a valutare la sua attitudine ad assicurare costantemente l'auspicata positiva complementarietà nella formazione del bilancio della Repubblica.
Del resto, la particolare tipologia della decisione di parificazione a esito dicotomico è funzionale a esercitare una importante funzione di controllo-garanzia, tant'è che una «eventuale impugnativa, esclude che l'adozione della legge regionale di approvazione del rendiconto da parte dell'assemblea regionale possa costituire ostacolo all'emanazione della decisione con cui si accerta, a seguito dell'impugnativa, la legittimità/regolarità di quei fatti». Proprio per questo, per come cristallizzato in un importante dicta della Corte costituzionale (sentenza n.72 del 4 aprile 2012, presidente Gallo e redattore Cassese), «le sfere di competenza della Regione e della Corte dei conti si presentano distinte e non confliggenti». Né può dirsi che l'esercizio dell'attività di un organo di rilevanza costituzionale dotato di indipendenza possa essere suscettibile di invadere la sfera di attività della Regione, se - come nel caso - si accompagna a osservazioni intorno al modo con cui l'amministrazione interessata si è conformata alle leggi e suggerisce le variazioni o le riforme che ritenga opportuno» (articolo 10, comma 2, del Dpr 305/1988. Ciò in quanto l'una assume consistenza nel controllo politico esercitato dell'assemblea legislativa delle scelte finanziarie dell'esecutivo, illustrate nel rendiconto; l'altra esprime il controllo delle «risultanze contabili della gestione finanziaria e patrimoniale dell'ente» (Corte costituzionale, sentenze nn. 247/2021 e 235/2015), su cui si basa il rendiconto, alla luce dei principi costituzionali di stabilità finanziaria. Un controllo, quest'ultimo, che rappresenta la prerogativa del magistrato giudice contabile, quale organo di garanzia della legalità nell'utilizzo delle risorse pubbliche, che non si può arrestare, dunque, per il sopravvenire della legge regionale di approvazione del rendiconto generale, proprio in quanto strumentale ad assicurare il rispetto dei precetti costituzionali sull'equilibrio di bilancio.