Urbanistica

Barriere architettoniche, per l'ascensore interno non basta la Scia

Consiglio di Stato: in zona sismica è sempre necessaria l'autorizzazione del Genio civile

di Ivana Consolo

Talvolta siamo portati a ritenere che, determinati lavori edilizi, siano del tutto ininfluenti sulla struttura e sul prospetto di un edificio. Ad esempio: decidiamo di trasformare una finestra in una porta finestra; oppure decidiamo di rendere più agevole il passaggio da un piano ad un altro di un immobile attraverso la creazione di un ascensore interno. Pensiamo: come possono tali semplici interventi avere un rilievo edilizio significativo? Ebbene ci sbagliamo. E la sentenza del Consiglio di Stato numero 467 del 24 gennaio 2022, ne è la riprova. Andiamo ad esaminare da vicino la vicenda occorsa alla proprietaria di un immobile, e la decisione che i giudici di Palazzo Spada hanno emesso nei suoi confronti.

Il fatto
La proprietaria di un immobile sito nel Comune di Vibo Valentia, si determinava a realizzare alcuni interventi edilizi all'interno della propria abitazione. Più precisamente: due finestre venivano trasformate in porte finestre; si realizzava un piccolo ascensore interno per collegare due differenti piani dell'edificio; si procedeva alla creazione di strutture rivestite in cartongesso destinate ad ospitare il locale tecnico per l'ascensore. Per la realizzazione del tutto (con esclusione dell'intervento di trasformazione delle finestre in porte finestre), si era provveduto a presentare apposita Scia al Comune, e gli interventi da eseguire erano stati qualificati come opere minori. Il Comune di Vibo Valentia, a seguito di appositi rilievi ed accertamenti tecnici, decideva di sospendere i lavori, nonché di annullare la successiva Scia in variante presentata dalla proprietaria. Le ragioni sottese alla decisione del Comune erano essenzialmente riconducibili ad una differente qualificazione degli interventi edilizi; difatti, secondo l'ente, non trattavasi di opere minori bensì di veri e propri ampliamenti, realizzati per giunta in zona sottoposta a duplice vincolo: paesaggistico ed idrogeologico. La proprietaria dell'edificio si rivolgeva quindi al Tar Calabria che, esaminati gli atti, si determinava nel dare pieno accoglimento alle ragioni del Comune. Secondo il Tar, difatti, per la realizzazione del vano ascensore era necessaria l'autorizzazione del Genio Civile, trattandosi di intervento in grado di incidere sulla staticità dell'edificio; mentre le strutture in cartongesso e la trasformazione delle finestre, erano interventi non presenti in Scia. Essendo del tutto privi di titolo, questi ultimi lavori erano dunque da reprimere.

Il ricorso al Consiglio di Stato
Avverso la decisone del Tar, la proprietaria dell'immobile decide di ricorrere al Consiglio di Stato, adducendo a sua difesa le seguenti argomentazioni:

-la realizzazione dell'ascensore era intervento finalizzato all'abbattimento delle barriere architettoniche, perciò esentato da qualsivoglia autorizzazione;-le strutture rivestite in cartongesso non creavano alcun ampliamento, ma servivano per collocarvi il vano ascensore;

-la realizzazione di porte finestre al posto delle preesistenti finestre, non era un intervento menzionato in Scia poiché considerato "invisibile", ovvero tale da non comportare alcuna alterazione delle strutture portanti, della sagoma, e del prospetto del fabbricato, e dunque opera di edilizia libera e leggera.

La decisione di Palazzo Spada
Investiti della vicenda, i giudici di Palazzo Spada esaminano la decisione del Tar Calabria e, per farlo adeguatamente, ricostruiscono i fatti di causa, nonché l'iter logico giuridico seguito nel precedente grado di giudizio.Ebbene, anche secondo il Consiglio di Sato, la posizione della ricorrente non merita accoglimento; ciò in quanto gli interventi posti in essere dalla stessa appaiono totalmente abusivi per due ordini di ragioni: perché fuori Scia (alcuni), e perché non assentibili con una semplice Scia (uno in particolare).

L'intervento abusivo in quanto totalmente fuori Scia (perché non dichiarato per stessa ammissione della ricorrente), è rappresentato dalla trasformazione delle finestre in porte finestre. Ebbene, per la realizzazione di una tale opera edilizia, si va inevitabilmente ad incidere sul prospetto originario del fabbricato; ogniqualvolta ciò avviene, si pone in essere un intervento edilizio di natura straordinaria ai sensi dell'articolo 3 comma 1 lettera b del Dpr 380/2001. Tali tipologie di opere, ai sensi dell'articolo 22 lettera b del medesimo Dpr, devono obbligatoriamente essere segnalati mediante regolare SciaA.

L'ulteriore intervento fuori SciaA (perché difforme da quanto dichiarato), è quello relativo alla creazione delle strutture rivestite in cartongesso al piano superiore dell'immobile. Ebbene, qui siamo in presenza di un intervento abusivo perché del tutto diverso da quello dichiarato in Scia dalla ricorrente; difatti, mentre nel titolo era stata dichiarata la realizzazione di strutture in legno per l'aggancio di tendaggi, si è in realtà realizzato un vero e proprio autonomo locale. Ma vi è di più: tale vano, che parte ricorrente individua quale struttura tecnica ove allocare l'ascensore, risulta essere un locale bagno, con tanto di impianto idrico. L'intervento appare quindi non validamente assistito da titolo edilizio, dunque abusivo.

Quanto all'intervento giammai assentibile con una semplice Scia, esso è rappresentato dalla realizzazione dell'ascensore interno. Secondo il Consiglio di Stato, in merito a tale situazione occorre fare un'attenta disamina. Difatti, un conto è se l'ascensore viene realizzato mediante l'apertura di un varco nel solaio, un conto è se viene realizzato senza aprire alcunché. Se, come in questo caso, per la realizzazione del vano ascensore appare inevitabile aprire un varco, la staticità del fabbricato viene inevitabilmente a risentirne. Ciò rende necessaria (ai fini della legittima realizzazione dell'opera) l'autorizzazione del Genio Civile, non una semplice Scia. Ma vi è anche un altro aspetto da considerare: quando l'immobile si trova in zona sismica, la circostanza che trattasi di intervento finalizzato all'abbattimento delle barriere architettoniche (come argomentato dalla ricorrente) non esclude la necessaria autorizzazione da parte del competente ufficio tecnico della Regione. Solo nel caso di montacarichi o montascale di limitata portata, e non realizzabili mediante apertura di varchi nel solaio, si può prescindere dall'autorizzazione suddetta. Ecco quindi che, la specifica tipologia di vano ascensore realizzato dalla ricorrente, non poteva in alcun modo esulare né dall'autorizzazione del Genio Civile, né da quella dell'ufficio tecnico regionale, essendo del tutto insufficiente una mera Scia. Alla luce di tutte le argomentazioni suesposte, il Consiglio di Stato respinge il ricorso e conferma la sentenza del Tar Calabria.

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