Appalti

Anac all'attacco sul nuovo codice: troppe scorciatoie. Ponte: rapporto squilibrato a favore dei privati

La Relazione annuale del presidente Busia: rischi da soglie alte per affidamenti diretti e qualificazione Pa. Nel mirino anche i subappalti a cascata. Pnrr: spostare investimenti meno urgenti

di Mauro Salerno

«La deroga non può diventare regola». Per il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Giuseppe Busia, ci sono troppe scorciatoie nel nuovo codice degli appalti che entrerà pienamente in vigore il 1° luglio. E lo ha detto senza troppi giri di parole, presentando alla Camera la Relazione annuale dell'attività dell'Anac al Parlamento. Diverse le misure messe sotto osservazione, ritenute «scorciatoie meno efficienti e foriere di rischi». Come le soglie troppo alte per affidamenti diretti e procedure negoziate che evitano le gare e anche quelle che permettono di aggirare la necessità di qualificazione da parte dei Comuni (500mila euro per i lavori pubblici). Ma Busia sottolinea anche i pericoli del subappalto a cascata, lo svuotamento di fatto dell'ingresso di donne e giovani negli appalti Pnrr, lo squilibrio del trasferimento del rischio al privato per il Ponte sullo Stretto «a danno del pubblico», e la non introduzione nel nuovo codice dell'obbligo di dichiarare il titolare effettivo dell'impresa, come richiesto dall'Autorità.

Tutti punti già sottolineati in passato, nel corso di uscite pubbliche e audizioni in Parlamento, che avevano causato anche un'accesa polemica con esponenti della Lega di Matteo Salvini e con lo stesso ministro delle Infrastrutture. Il contrasto è formalmente poi rientrato. Ma i temi e le frizioni da cui è nato sono rimasti sul tappeto. E forse rischiano di essere acuiti dalla nuova, dura, presa di posizione di Busia sui contenuti del decreto legge per il Ponte sullo Stretto. Progetto cui, come è noto, Salvini tiene moltissimo.

Il punto per Busia è che il decreto finisce per disegnare un «rapporto «squilibrato tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi». Non solo. Presentando la Relazione annuale alla Camera Busia non ha mancato di notare che l'operazione Ponte è stata rimessa in pista «sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa». E che «sono stati, da parte di Anac, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal Governo in sede di conversione del decreto».

Per il Mit, che sul punto diffonde una nota ad hoc, si tratta di «preoccupazioni totalmente infondate». Da Porta Pia si sottolinea che «verrà nominato un responsabile della prevenzione della corruzione e per la trasparenza» e che «le garanzie a tutela della legalità e del corretto utilizzo dei fondi pubblici sono salvaguardate dalle norme generali del nostro ordinamento nonché dal codice degli appalti». Sulla scelta di ripristinare il contratto con Eurlink il ministero ricorda che si tratta di «un contratto frutto di una gara» e che «gli oneri nei confronti del contraente generale sono già previsti dai vincoli derivanti dalla normativa euro-unitaria sui contratti pubblici»

Ma è sul nuovo codice appalti che arrivano le prese di distanza più rilevanti, a pochi giorni dall'entrata in vigore della riforma. «Nel tempo in cui, grazie all'impiego delle piattaforme di approvvigionamento digitale ed all'uso di procedure automatizzate, è possibile ottenere rilevantissime semplificazioni e notevoli risparmi di tempo, accrescendo anche trasparenza e concorrenza, sorprende che per velocizzare le procedure si ricorra a scorciatoie certamente meno efficienti, e foriere di rischi. Tra queste, l'innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l'eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino cinque milioni di euro», attacca Busia. Un punto che non lascia indifferente il Mit guidato da Salvini da dove viene fatto notare che «che gli innalzamenti delle soglie per gli affidamenti diretti sono già in vigore da alcuni anni». Cioè dall'entrata in vigore delle semplificazioni varate in tempo di pandemia, ma in qualità di deroghe al codice, dunque, non di regole ordinarie come invece avverrà dal primo luglio in avanti.

Stazioni appaltanti: qualificazione depotenziata
Forte il richiamo sulla qualificazione delle stazioni appaltanti. Per Busia la concreta applicazione del Codice «e l'effettiva capacità del Paese di rispondere alle importanti sfide del Pnrr» passano da qui. Il problema, agli occhi del presidente Anac, è che «le potenzialità insite nella riforma sono state limitate innalzando a 500.000 euro la soglia oltre la quale è obbligatoria la qualificazione per l'affidamento di lavori pubblici, col risultato di escludere dal sistema di qualificazione quasi il 90% delle gare espletate». Per Busia, «non possiamo più sostenere un'architettura istituzionale in cui tutte le 26.500 stazioni appaltanti registrate possano svolgere qualunque tipo di acquisto, a prescindere dalle loro capacità. Occorre una drastica riduzione del loro numero, non solo per rispondere all'obiettivo posto dal Pnrr, ma anche per assicurare procedure rapide, selezionare i migliori operatori e garantire maggiori risparmi nell'interesse generale».

Scarsa concorrenza: grandi opere dominate da un unico operatore
La sfida è rivolta non solo alle stazioni appaltanti, per le quali è cruciale il processo di qualificazione, ma anche al sistema delle imprese. Sul punto nella Relazione viene fatto notare come il numero dei partecipanti alle gare resta molto basso: poco più di 3 operatori in media per servizi e forniture ed è calato a meno di 8 partecipanti nel settore dei lavori, a fronte degli oltre 19, che si registravano mediamente prima della pandemia.

Anche se diminuisce il numero delle gare deserte, l'Anac sottolinea la necessità di aiutare le Pmi a crescere e il rischi che possono derivare dalla carenza di big del settore, decimati prima dalla crisi delle costruzioni partita nel 2008 e poi dagli effetti della pandemia. «Nell'ambito dei lavori - rimarca Busia -, si registra una carenza di operatori di maggiori dimensioni, essendo gli affidamenti più rilevanti dominati da un unico, grande gruppo imprenditoriale, con conseguente esistenza di un elemento di fragilità per le principali stazioni appaltanti italiane». Facilmente riconoscibile il riferimento a Webuild, capofila del consorzio vincitore dell'appalto del Ponte sullo Stretto oltre che titolare di 12 grandi cantieri finanziati dal Pnrr per 16 miliardi.

No al subappalto a cascata
Busia ha poi messo in guardia sui rischi del subappalto a cascata, ovvero la possibilità per il subappaltatore di subaffidare a sua volta i lavori. Facoltà inserita nel nuovo codice e prima vietata. «Per poter conservare una ragione economica, questo istituto quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa necessariamente si scarica o sulla minore qualità delle opere, o sulle deteriori condizioni di lavoro del personale impiegato», ha detto Busia. Quanto all'obbligo di dichiarare il titolare effettivo nelle gare pubbliche, Busia ha rimarcato «l'occasione persa nonostante i ripetuti solleciti: gli enti pubblici devono conoscere i soggetti con cui intrattengono rapporti contrattuali, al di là degli schermi societari. Speriamo che il legislatore voglia presto colmare tale mancanza, in linea con quanto richiesto dalla normativa internazionale, anche in materia di antiriciclaggio». Non è mancato un appunto sul lavoro di donne e giovani negli appalti Pnrr: «I dati - ha spiegato il presidente Anac - confermano che quasi nel 60% degli appalti sopra i 40.000 euro e nel 44% di quelli sopra i 150.000 euro, le stazioni appaltanti non hanno inserito, nei bandi, le relative clausole».

Appalti boom nel 2022 a quota 290 miliardi (+39%)
La relazione Anac sottolinea anche che per il settore dei contratti pubblici il 2022 è stato un anno record. Il valore complessivo degli appalti di importo superiore a 40.000 euro è stato di circa 290 miliardi di euro, a fronte dei quasi 208 dell'anno precedente, con un incremento di circa il 39% rispetto al 2021 e del 56% rispetto al 2020, quando il valore degli appalti si era attestato sui 185 miliardi di euro. «La crescita - ha spiegato Busia - è dovuta soprattutto al notevole aumento del settore dei lavori, per un valore di 108 miliardi di euro complessivi, rispetto ai circa 45 miliardi di euro del 2021. I servizi e le forniture guadagnano progressivamente centralità e rappresentano l'ambito complessivamente più dinamico e aperto all'innovazione, sul quale andrebbe concentrata maggiore attenzione da parte dello stesso legislatore, per riconoscerne le specificità».

Il dato complessivo di crescita rappresenta il massimo della serie storica degli ultimi cinque anni, con un sostanziale raddoppio rispetto al 2018. «Tale aumento risente, senza dubbio, degli investimenti legati al Pnrr - ha aggiunto il presidente dell'Anac -. Dobbiamo, però, essere consapevoli che si tratta solo dell'inizio del percorso: l'Italia dovrà presto dimostrare all'Europa, e soprattutto a sé stessa, di saper gestire adeguatamente la fase dell'esecuzione contrattuale».

Pnrr: spostare investimenti meno urgenti ad altri finanziamenti
Di impatto anche il passaggio dedicato al Pnrr. «Decisiva»: così il presidente dell'Anac Giuseppe Busia definisce la rinegoziazione in corso sul piano. «Occorre riconoscere - avverte Busia - che, mentre le diverse riforme previste dal Piano sono indispensabili ed esigono un rapido completamento, non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei, per i quali pure il nostro Paese registra da sempre ritardi e sprechi inaccettabili, guardando così ad un orizzonte più ampio rispetto al 2026». Per il presidente dell'Anac «il Pnrr deve essere terreno condiviso, sottratto alla dialettica politica di corto respiro, di fronte al quale essere capaci di andare oltre le, pur legittime, rivendicazioni di meriti, o le accuse per le innegabili mancanze e, invece, incentrato su condivisione e collaborazione». Precondizione di tutto ciò «è la massima trasparenza e controllabilità dei progetti e dello stato degli investimenti».

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