Personale

Italia nel mirino Ue su contratti a tempo determinato nella Pa e lavoro stagionale

La violazione della direttiva sulle condizioni di vita e di lavoro riguarda 10 Stati

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

L’Italia è finita nel mirino di Bruxelles sull’impiego del lavoro stagionale, per l’abuso dei contratti a tempo determinato nella Pa e per l’accesso delle persone con disabilità a prodotti e servizi chiave come telefoni e computer.

Iniziamo dalla procedura d’infrazione avviata dalla Commissione Ue nei confronti dell’Italia e di altri nove Paesi (Belgio, Bulgaria, Germania, Estonia, Grecia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo) con l’invio di lettere di costituzione in mora per non aver pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali, volta ad assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose, pari diritti e una tutela sufficiente dallo sfruttamento. La direttiva (2014/36/UE) mira a garantire norme eque e trasparenti per l’ammissione nella Ue dei lavoratori stagionali di paesi terzi e condizioni di vita e di lavoro dignitose, pari diritti e una protezione sufficiente dallo sfruttamento. «Garantire il pieno rispetto della direttiva è un presupposto importante per attrarre nell’Ue la manodopera necessaria per il lavoro stagionale ed eventualmente anche per contribuire a ridurre la migrazione irregolare», ha evidenziato Bruxelles. Gli Stati membri interessati hanno due mesi di tempo per rispondere alle argomentazioni formulate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà inviare un parere motivato.

Sempre ieri il nostro Paese è tornato nel mirino di Bruxelles anche per le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico e l’abuso dei contratti a tempo determinato. La Commissione europea ha intimato infatti all’Italia di prevenire l’abuso di contratti a tempo determinato ed evitare condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico. Per questo ha deciso di inviare un parere motivato per il recepimento non corretto nell’ordinamento nazionale della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, che impone di non discriminare a danno dei lavoratori a tempo determinato e obbliga gli Stati membri a disporre di misure atte a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.

Secondo Bruxelles, «la normativa italiana non previene né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico in Italia». Tra questi, insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola pubblica, operatori sanitari, lavoratori del settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e del settore operistico, personale degli istituti pubblici di ricerca, lavoratori forestali e volontari dei vigili del fuoco. Alcuni di questi lavoratori hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, situazione che costituisce una discriminazione e contravviene al diritto dell’Unione. La Commissione ha avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da una lettera complementare di costituzione in mora nel dicembre 2020. Sebbene l’Italia abbia fornito spiegazioni sulle proprie norme nazionali, la Commissione le ha ritenute non soddisfacenti e dà ora seguito all’esame con un parere motivato. Anche in questo caso l’Italia ha due mesi di tempo per rimediare alle carenze individuate dalla Commissione, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia.

Sempre ieri la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti di Italia, Danimarca ed Estonia, invitandole a recepire integralmente la normativa Ue che prevede per le persone con disabilità il pieno accesso ai «prodotti e servizi chiave come telefoni, computer, e-book, servizi bancari e comunicazioni elettroniche». I tre Paesi «non hanno recepito integralmente l’Atto europeo sull’accessibilità nel loro diritto nazionale entro la scadenza del 28 giugno 2022», ha evidenziato Bruxelles, riferendo di aver per questo deciso di inviare alle capitali le lettere di messa in mora. Roma, Copenaghen e Tallinn dispongono ora di due mesi per adottare le misure necessarie, oppure la procedura Ue potrebbe proseguire con un parere motivato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©