Fisco e contabilità

Comuni in unione: nei calcoli del Dm spesa ed entrate totali

Le entrate correnti andranno considerate secondo una prospettiva di consolidamento dei conti

di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

I Comuni aderenti a una unione che abbiano trasferito, in tutto o in parte, il personale alla forma associativa, nell'effettuare i conteggi degli spazi assunzionali secondo l'articolo 33, comma 2, del Dl 34/2019, devono tenere conto di tutta la spesa per il personale che sostengono per svolgere le funzioni di competenza, sia direttamente sia tramite l'unione o altre forme associative. Allo stesso tempo, le entrate correnti andranno considerate secondo una prospettiva di consolidamento dei conti del Comune e dell'unione. Queste le utili conclusioni cui giunge la Corte dei conti per la Lombardia, con deliberazione n. 44/2022.

La delibera nasce dal quesito di un Comune, aderente a una unione non obbligatoria, che avendo trasferito interamente il proprio personale all'unione, ma avendo mantenuto in capo a sé la gestione di alcune funzioni, chiede se ai fini dei conteggi degli spazi assunzionali debbano considerarsi solo le spese relative a quei dipendenti che l'Unione "retro-comanda" al Comune, per svolgere le funzioni tuttora assolte da quest'ultimo.

L'ipotesi è evidentemente correlata all'intenzione del Comune di cedere i propri spazi assunzionali, derivanti dall'applicazione del "valore soglia" di riferimento, all'unione, che è la sola in condizioni di assumere, avendo l'intera dotazione organica a proprio carico.

Il caso è specifico, ma consente ai magistrati lombardi di allargare l'orizzonte di analisi e di mettere in luce alcuni punti fermi, estremamente interessanti ora che la Sezione regionale di controllo per il Veneto, con delibera n. 5/2022, ha chiarito contorni e modalità di cessione degli spazi assunzionali in favore delle Unioni di comuni (si veda NT+ Enti Locali & Edilizia del 28 gennaio).

La Sezione lombarda dapprima richiama la nozione di spesa ed entrate contenute nel Dm 17 marzo 2020, evidenziando l'ampiezza della loro definizione.

Poi sottolinea che l'ipotesi prospettata nel quesito, cioè tenere conto della sola spesa riconducibile al personale che lavora per le funzioni comunali, comporterebbe «una sottostima della dimensione della spesa, mettendone a rischio la sostenibilità finanziaria».

Richiamandosi ai principi contenuti dalla deliberazione della Sezione delle Autonomie n. 20/2018, i giudici ritengono invece che il dato che il comune deve prendere a riferimento sia l'aggregato costituito da tutta la spesa per il personale, sostenuta a qualsiasi titolo dal comune per svolgere le funzioni di competenza, sia direttamente, sia tramite l'unione. Tutta la spesa di personale, cioè, che l'Unione sostiene e che è riconducibile, secondo la ripartizione tra gli enti associati, al Comune stesso.

Un processo, a bene vedere, del tutto conforme al noto principio del "ribaltamento", che regola il computo della spesa di personale nell'altro concorrente ambito che i Comuni sono chiamati a vigilare, ovvero il comma 557 della legge 296/2006.

Simmetricamente, il Comune terrà conto anche di tutte le entrate correnti utili ai fini del computo del Dm assunzioni, «secondo una prospettiva di consolidamento dei conti del comune e dell'unione in relazione alle funzioni che il singolo comune esercita, sia direttamente, sia tramite l'unione».

Tutta la spesa di personale e tutte le entrate correnti (com'è noto, al netto del Fcde), pertanto. Questo computo onnicomprensivo, che vale anche per le ipotesi di cessione parziale del personale all'Unione, è il punto di riferimento per il conteggio degli spazi assunzionali dei Comuni associati, mediante il quale, definiti i propri margini di incremento della spesa, gli stessi Comuni possono valutare di cederli alla forma associata, secondo il principio dell'articolo 32, comma 5, del Dlgs 267/2000.

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