Urbanistica

Oneri urbanistici, l'intervento edilizio va considerato sempre nella sua totalità

Lo ricorda il Tar Marche: la valutazione non può limitarsi ai singoli atti diluiti nel tempo (potenzialmente con finalità elusiva)

di Massimo Frontera

Come nel caso dell'abuso edilizio, anche nel calcolo degli oneri urbanistici e di costruzione la valutazione dell'intervento edilizio deve sempre essere riferita alla sua totalità e non invece ai singoli atti o fasi, in diversi momenti nel tempo. Il principio viene affermato da ultimo dal Tar Marche, chiamato a giudicare il ricorso di un privato proprietario di un fabbricato nel comune di Macerata, il quale ha contestato la notifica del costo di costruzione a seguito di una riqualificazione, operata dal Comune, di un intervento edilizio segnalato con Scia.

Il caso riguarda un fabbricato agricolo dal quale il proprietario ha ottenuto una residenza, dopo avere in precedenza operato un frazionamento senza opere con Cila in sanatoria. Secondo il ricorrente i lavori eseguiti costituiscono «ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione con sagoma diversa e cambio di destinazione d'uso dalla categoria agricola a quella residenziale, oltre al cambio d'uso parziale del piano terra dell'edificio principale da superficie accessoria ad abitazione residenziale» (A2). L'ufficio tecnico del Comune ha invece calcolato gli oneri di costruzione considerando il cambio di destinazione d'uso a partire dal permesso di costruire ottenuto in sanatoria dopo la Cila. Il proprietario ha contestato la valutazione sostenendo che «il Comune non avrebbe neppure considerato che, una volta rilasciato il permesso di costruire, sarebbe ormai avvenuto il cambio di destinazione d'uso dell'immobile in residenziale, sicché i successivi interventi di demolizione e ricostruzione su un edificio residenziale sarebbero assentibili con Scia; peraltro l'intervento di demolizione e ricostruzione non avrebbe comportato aumento di superficie utile, sicché gli oneri di urbanizzazione non sarebbero dovuti per le opere realizzate mediante Scia».

Nella sentenza della Prima Sezione del Tar Marche pubblicata il 10 febbraio scorso (n.90/2023) si ricorda che, nel caso specifico, «dal semplice esame dei titoli edilizi ottenuti e dell'iter delle pratiche e delle relative tempistiche, volte all'assenso e alla realizzazione degli interventi sull'immobile in questione, emerge che i singoli atti (frazionamento dell'immobile senza titolo nel dicembre 2020, successivamente sanato nel marzo 2021; permesso di costruire per cambio di destinazione d'uso richiesto nel gennaio 2021 e ottenuto nel giugno 2021; S.C.I.A del giugno 2021, appena successiva la rilascio del permesso di costruire, per ristrutturazione con demolizione e ricostruzione), posti in essere nell'arco di soli sei mesi, sono evidentemente finalizzati alla realizzazione di un unico complessivo intervento». Più esattamente, i giudici, affermano che il Comune ha agito correttamente, sia all'inizio, quando ha calcolato gli oneri riferiti a un cambio di destinazione d'uso senza opere (Cila in sanatoria), sia ora, quando ha rivalutato l'intervento (segnalato con Scia) prendendo atto «dell'effettiva natura dell'intervento complessivamente proposto dalla ricorrente in esito alla Scia» e rivalutando il «contributo di costruzione rispetto a quello determinato per il permesso di costruire, allorché era stato considerato il solo intervento di cambio di destinazione d'uso senza opere».

In altre parole il comune «ha correttamente qualificato, nella sua unitarietà, come di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione con diversa sagoma e cambio di destinazione d'uso da agricolo a residenziale». In conclusione, la prima Sezione del Tar richiama «il costante indirizzo giurisprudenziale - che viene in considerazione, ad esempio, in caso di abusi edilizi ma si può estendere senza dubbio alla fattispecie in esame - secondo cui la qualificazione degli interventi edilizi, anche ai fini del calcolo dei contributi urbanistici o dell'applicazione di una norma agevolativa nella fissazione del contributo di costruzione o della monetizzazione, non può che avvenire avendo riguardo alla totalità di un intervento, impedendo così suddivisioni meramente artificiose e mosse da una finalità sostanzialmente elusiva».

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