Amministratori

Riforma autonomia, Confindustria chiede un approccio graduale

Il vice presidente Grassi: lo Stato mantenga le materie strategiche

di Nicoletta Picchio

Una riforma che costituisce un principio costituzionale «meritevole di attuazione», che può contribuire a migliorare la qualità dei servizi pubblici a livello locale, all’insegna della responsabilizzazione. Purché «mantenga un costante coordinamento con quelle politiche nazionali orientate alla crescita e alla competitività del sistema produttivo». Una riforma «non priva di elementi di delicatezza» che è bene discutere «in modo aperto e con la dovuta cautela». Può rappresentare l’occasione per incrementare la competitività e valorizzare la specificità dei territori «se ben calibrata».

Nell’audizione di ieri al Senato, in Commissione Affari costituzionali, Vito Grassi, vice presidente di Confindustria e presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale di Confindustria, ha sottolineato gli aspetti delicati della riforma che attua l’autonomia differenziata, da affrontare con grande attenzione, sollecitando un confronto: «il cambiamento dell’assetto ordinamentale – ha detto Grassi - coinvolgerà tutti gli attori della nostra governance, cittadini e imprese: ne deriva l’esigenza di un ampio coinvolgimento degli attori sociali, una sfida molto impegnativa, Confindustria è pronta a dare il suo contributo».

Tra i punti sollevati, la determinazione dei LEP, livelli essenziali di prestazioni, e le risorse necessarie per farvi fronte, argomento che si incrocia con la necessità di rendere concreto il principio di perequazione, per compensare gli squilibri di cui soffrono i territori con minore capacità fiscale. «Rileviamo un tema di sostenibilità finanziaria», ha detto Grassi, che ha parlato anche di «sostenibilità amministrativa, collegata a quella finanziaria: dovrebbe considerarsi una precondizione dell’autonomia, non un obiettivo da conseguire in una seconda fase».

La definizione dei LEP, ha spiegato, è il presupposto per quantificare le risorse necessarie e assicurarle ai territori. Ciò presuppone un necessario bilanciamento tra le risorse disponibili e l’insieme dei LEP da garantire. Per Grassi questa è una scelta corretta. Al contempo «condividiamo – ha detto - i timori di chi ritiene che il raggiungimento di questi obiettivi, in assenza di risorse aggiuntive, possa non risultare scontato». Per evitare rischi e sperequazioni secondo Grassi «in una prima fase l’attuazione dell’autonomia deve concentrarsi su un novero circoscritto di materie o ambiti di materie, con un approccio graduale e sperimentale».

Altro aspetto cruciale lasciare al livello nazionale alcune competenze strategiche per la tutela del mercato, materie essenziali per assicurare le condizioni di base per la competitività e lo sviluppo. Ad esempio le infrastrutture energetiche e di trasporto, e più in generale i servizi a rete, nonché il commercio con l’estero, materie che hanno bisogno di una gestione unitaria.

Bisogna inoltre garantire omogeneità normativa e amministrativa per gli operatori economici: occorre evitare un’eccessiva frammentazione su temi strategici per lo sviluppo, come l’ambiente.

Anche per questi motivi serve un approccio graduale nella selezione delle materie da trasferire. Un passaggio di consegne ordinato, anche per rispettare gli impegni presi con la Ue sull’attuazione del Pnrr. Lo spostamento di competenze pone quindi anche un tema di sostenibilità amministrativa, ha sottolineato Grassi: «si tratta di assicurare la tenuta degli assetti amministrativi esistenti».

Questa considerazione, e quelle sulle materie trasferibili, comportano la necessità di inserire l’attuazione dell’autonomia differenziata in una riflessione più ampia sul del Titolo V della Costituzione, riequilibrando un riparto di competenze che si è rivelato, alla prova dei fatti, disfunzionale rispetto alle esigenze dell’economia e fonte di infiniti contenziosi. «È un tema che consideriamo prioritario anche nel contesto delle riforme istituzionali».

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